......:::::::::Slam Dunk Yaoi Temple::::::::.............

Il volo dei falchi, Capitoli Extra de "Il pianto della cicala"

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view post Posted on 8/9/2016, 08:31     +1   -1
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Il volo dei falchi

Capitoli Extra
de "Il pianto della cicala"









Autore: Virgo08
Serie: Slam Dunk
Rating: PG - R
Pairing: Hanaru
Desclaimer: I personaggi di Slam Dunk appartengono a Takehiko Inoue.

Note:

Questo è il primo di una serie di capitoli extra legati alla storia “Il pianto della cicala”.



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Il nido è una coppa appena accennata su anfratti naturali di rocce a picco sull’orizzonte.

Il coraggio del falco cresce, nutrendosi del cielo e del vento …






Capitolo Extra - Four days after...






La fredda brezza del mattino striscia fra le distese erbose, si rincorre tra i boschi spazzando la foschia notturna, salta la stretta strada asfaltata per poi introdursi, attraverso il cancello principale, nei vialetti che percorrono l'intera fattoria. I raggi di un sole scintillante ballano sulle finestre scure dei dormitori, irradiando il cortile spazioso per poi insinuarsi, attraverso i vetri, nell'ampia stalla a scacciare le ombre della notte.

Gli uccelli sono contenti nella luce mattutina; i luoghi che si sono mostrati per loro predatori e inquieti durante la notte, ora indossano un sorriso...


"Avete visto? E' quello nuovo."


Rei rallenta sino a fermare il suo lento tanto quanto svogliato spazzolare, soffermandosi a osservare assieme agli altri, oltre la porta della stalla, la figura accucciata in mezzo al campetto da basket. Il nuovo arrivato ha colpito tutti, sin dal primo momento, sia per la sua inusuale altezza sia per la sua invidiabile bellezza.

Rei si gratta con distrazione la gamba sinistra, tornando a spazzolare senza convinzione il manto lucido di Daichi, sordo solo all'apparenza al basso nitrire del pony e al chiacchiericcio incuriosito alle sue spalle.


"Ho sentito che ha quindici anni e gioca a basket."


Sorride. Taki riesce sempre a ottenere qualsiasi tipo d'informazione nel giro di pochi giorni ma, di come ci riesca, non è chiaro a nessuno.


"Un atleta... perchè è qui? Diamine... è così bello..."


Naomi si mette una ciocca di capelli fra le labbra, succhiandola con distrazione. Un vecchio vizio cui non riesce a rinunciare.

Taki si chiude nelle spalle con un gesto rapido, quasi infastidito: "Il fratello si è suicidato impiccandosi nel giardino di casa e lui l'ha trovato...".

A quelle parole Rei interrompe il suo lento spazzolare, voltandosi leggermente. La gamba ha ripreso a dargli prurito, impossibile ignorarla.

"... e alla fine ha cercato di ammazzarsi pure lui..." Taki abbassa ulteriormente la voce, staccandosi dal suo comodo appiglio e riprendendo la scopa in mano "... si è gettato in mare, o qualcosa del genere".

Naomi succhia la ciocca con avidità maggiore sussurrando un sensuale: "Interessante..." prima di riprendere anche lei le sue mansioni. Rei la guarda, sa che vorrebbe tornarsene in camera, non bisogna essere un esperto per accorgersi quanto è eccitata e desideri masturbarsi o scoparsi il primo che le capiti.


"Ninfomane in fissa con le tragedie..."


Si avvicina alla porta appoggiandosi allo stipite: "Come hai detto che si chiama il nuovo arrivato?".

Taki si ferma il tempo di ricordare, osservandolo visibilmente sorpreso: "... Rukawa... Kaede Rukawa... parla poco, come te, ma a differenza tua, pare ci dia dentro con le faccende che gli vengono affidate...".

A quel rimprovero così poco velato, Rei solleva il braccio destro fermandosi a osservare il braccialetto azzurro. Lo soppesa imbronciato prima di ritornare ai suoi doveri, questa volta senza prestare più attenzione ai compagni, chiuso nei propri pensieri. Solo e silenzioso.


Kaede Rukawa.




°°°°°°°°°°°°°°°°°°




"Kaede è ora del colloquio."


Rukawa si volta in direzione dell'infermiere, facendogli un rapido gesto d'intesa con la nuca fresca di doccia. Si alza lentamente tenendo il pallone fra le mani, fissando il canestro illuminato dal sole nascente. Pare quasi incollato artificiosamente sulla volta turchese. Lontano e intoccabile. Stringe le labbra, inspira la fresca brezza mattutina, infine fa rimbalzare la palla un paio di volte sul cemento duro prima di voltarsi e raggiungere il giovane uomo fermo in sua attesa.


...


Entra nell'ufficio del signor Akishige, inchinandosi rispettoso: "Permesso".

"Kaede, vieni accomodati dove più desideri."

Si solleva titubante, deve ancora abituarsi all'usanza di quel luogo di chiamare tutti con il proprio nome senza suffissi o titoli onorifici, quasi si facesse parte di un'unica grande famiglia. Lascia vagare lo sguardo, ha sempre l'impressione di essere sotto esame o in osservazione, tanto che anche una scelta banale come il 'dove sedersi' lo mette in costante soggezione. Istintivamente porta una mano sul braccio destro solleticando il braccialetto azzurro. Opta per la comoda sedia posta di fronte al suo interlocutore, gli piace mantenere un certo contatto visivo quando parla con qualcuno.

Tsutomu sorride benevolo, grattandosi distrattamente la barba di due giorni: "Allora, ti stai ambientando?".

"Hn, abbastanza..." si ferma, pondera le parole "... devo ammettere che il Momiji è diverso da come me lo aspettavo...".

La risata fresca e divertita dell'uomo lo coglie impreparato. Anche lui è diverso da come se l'era immaginato. Credeva che chi dirigesse un Centro di quel genere se ne andasse vestito tutto il giorno con il camice bianco e una cartellina sotto il braccio, invece pare vestito come un comune uomo di campagna: camicia pesante a scacchi e pantaloni di fustagno. Capelli spettinati e barba irsuta.
Si guarda attorno. Anche la struttura è nettamente diversa da come aveva creduto all'inizio: si tratta di una vecchia fattoria ristrutturata e perfettamente funzionante, il cui corpo principale racchiude gli uffici, la mensa comune, la sala ricreazione, la palestra, la biblioteca e i vari laboratori. Attorno all'ampio cortile si sviluppano invece i dormitori: strutture di nuova costruzione, tutti uguali fra loro, semplici, squadrati ed essenziali. Dalla parte opposta, fa bella mostra di sé una stalla, nuova anch'essa, costruita sulle fondamenta di quella vecchia.
Sostanzialmente il Momiji si sostiene da sè: i ragazzi del Centro lavorano i campi o la serra secondo le stagioni, accudiscono gli animali e si dedicano ai vari laboratori quando non sono impegnati a studiare o a seguire le varie terapie. Il fatto poi di trovarsi totalmente immersi nella natura aiuta a creare una sorta di 'bolla spazio-temporale' in cui presto ci si dimentica del mondo esterno.


Per concentrarsi su ciò che si ha dentro.


"Bene... e dimmi, le allucinazioni?"

Kaede si rilassa contro lo schienale, sollevato: "Nessuna, da due giorni".

Il signor Akishige sorride benevolo: "Il sonno?".

Rukawa gioca con la palla tenuta in grembo, rispondere a quella domanda gli pare inutile poiché la sua stanza ha una telecamera che lo riprende costantemente. Socchiude le palpebre, sa bene di non poter recriminare su nulla. Allucinazioni o meno, ha cercato di uccidersi gettandosi in mare, è ovvio aspettarsi un minimo di sorveglianza e attenzioni particolari.

Dondola impercettibilmente la nuca: "Meglio. Hn, ho ancora gli incubi ma dopo riesco a riaddormentarmi. Merito delle medicine?".

A questo il dottore non risponde, si limita a osservarlo bonario: "Vedo che hai ripreso a mangiare, mi dicono che non hai più lasciato il cibo nel piatto come il primo giorno".

"Hn."

"Bene. Se vuoi il mio parere, è probabile che le allucinazioni finiranno con lo sparire del tutto. La mancanza prolungata di sonno unite allo stress per quello che ti è successo e una dieta forzata ne hanno favorito la comparsa. Ristabilendo due fattori su tre possiamo tenerle sotto controllo."

Kaede annuisce debolmente.

"Qual è stato il tuo primo pensiero questa mattina?"


Sospira.


Quel colloquio comincia a sembrargli un interrogatorio, di quelli che solo Hanamichi sa fare.

Senza rendersene conto sorride tiepidamente: "Hn, ho pensato che oggi è sabato e c'è il ritiro della Nazionale... dovrei essere a Tokyo in questo momento...".

Si chiude in un silenzio triste. Il suo secondo pensiero è stato il ricordo della voce roca e febbricitante di Sakuragi, il suo pianto incontrollato, la sua schiena dilaniata dal dolore. Per colpa sua.

Lascia scivolare la frangia sugli occhi, pensando che nonostante il rammarico per non essere dove vorrebbe, si trova dove deve.


Va bene così.



"E con il basket? Come va?"


Sposta lo sguardo verso la finestra: dallo studio si vede chiaramente il campetto. Inconsciamente mette il broncio.


Per quale dannato motivo deve sempre chiedergli cose di cui già conosce le risposte?


"Hn. Non sono riuscito a tirare neanche un canestro."

"Ricordi il motivo per cui indossi quel braccialetto?"

Inconsciamente solleva il braccio destro, asserendo in silenzio. Quel braccialetto, più pesante del previsto, serve a ricordargli il peso del dolore che si porta dentro. E' un braccialetto scomodo e fastidioso, difficile ignorarlo o dimenticarlo.

"Non puoi e non devi dimenticare la tua sofferenza. Devi imparare ad accettarla, a gestirla e a conviverci."

"Sì."

"Sai, è tantissimo tempo che non gioco più a basket. Mi piacerebbe fare una partita con te. Il signor Anzai mi ha confidato che hai un talento impressionante... superiore addirittura a quello di Yazawa!"

Sorride, intimamente grato al suo allenatore: "E' sempre troppo generoso".

Akishige si gratta una guancia osservandolo silente: "Più tardi passa in biblioteca, sono arrivati i tuoi libri e quaderni oltre alle dispense che hanno inviato i tuoi professori".

"Sì, signore."

"Via, chiamami Tsutomu. In accordo con il preside della tua scuola ogni settimana sosterrai un piccolo esame. Se il tuo rendimento sarà costante e se riuscirai a tenerti al passo con i tuoi compagni di classe, potrai vedere riconosciuto il tuo studio qui e non perderai l'anno scolastico."

"Sì, grazie."

"In biblioteca non ci sono solo libri ma anche cinque terminali collegati a internet. Potrai consultare la tua casella postale se lo desideri, e potrai navigare ma non più di un'ora al giorno."

Kaede s'inchina intimamente grato. Accoglie il congedo dell'uomo con gratitudine, uscendo subito dopo, rapido prima che l'ennesima domanda lo raggiunga...


...


Tsutomu osserva la porta chiusa, sorridendo serafico: "Sai Ryuji, ti somiglia. Pensavo sarebbe scappato dopo la prima domanda! Eh! Eh! Eh!".




°°°°°°°°°°°°°°°°°°




"Vi ho portato un po' di the!"


Yuko entra nella stanza del figlio sorridendo solare ai ragazzi seduti sui cuscini attorno al futon. S'inginocchia posando il piccolo vassoio laccato sui tatami; la luce del pomeriggio filtra stanca attraverso i vetri della finestra.


"Grazie signora, non doveva disturbarsi."


Rivolge uno sguardo allegro al senpai di Hanamichi, più piccolo di statura ma decisamente più composto di quello scapestrato che si ritrova per figlio!


Il capitano della squadra.


Rassetta il grembiule, alzandosi lentamente. Dà un'ultima occhiata a Hanamichi placidamente seduto nel suo futon, rabbuiandosi un attimo, preoccupata: "Tutto bene Hana-chan? Sei comodo?".

"Ma sì, tranquilla! Adesso vai, che dobbiamo parlare di cose importanti!"

S'incupisce all'istantante. Gli tirerebbe una ciabatta in testa se non fosse per la presenza dei suoi compagni di squadra... è questo il modo di rivolgersi a sua madre?!

Si volta piccata, fermandosi sulla soglia con un sorriso malizioso a incresparne il viso solitamente gioviale: "Esco, esco... prima che ti metti a piangere come un bambino!".


"CHE VAI BLATERANDO, DONNA?! QUANDO MAI AVREI PIANT..."


Chiude la porta con un unico sbuffo scendendo le scale, divertita. Gli altri improperi del figlio li lascia alle pareti di casa...


...


"Come va la schiena?" Mitsui si risistema, prendendo il bicchiere offertogli da Miyagi "... 'zie!".

Hanamichi torna ad appoggiarsi contro i cuscini ammonticchiati dietro di lui, rilassando le spalle e bevendo un sorso abbondante di the verde. Soppesa la tazza prima di rispondere.

"Bene. Lunedì tornerò a scuola ma non potrò riprendere gli allenamenti prima della prossima settimana."

"Hai dovuto fare le iniezioni?"

Hana ride di gusto, senza una motivazione particolare: "Eh! Eh! Ho il culo che è un colabrodo ormai! Sarà una mia impressione ma mia madre trovava abbastanza soddisfacente usarmi come puntaspilli!".

"Ha tutta la mia comprensione, poverina."

A quella frecciatina di Mitsui, Hanamichi risponde con un silenzioso dito medio alzato nella sua direzione.

Miyagi posa il bicchiere ormai vuoto sul vassoio prima di portare l'attenzione sui compagni pronti a saltarsi alla gola: "Piantatela di fare gli idioti e parliamo di cose serie!".

All'unisono, ala e guardia si mettono malvolentieri sull'attenti in ascolto.

"..."

"..."

"..."

"..."

"... beh?"

"... uff... che dite, non partecipiamo al Campionato Invernale?"


Quella richiesta giunge come una pugnalata alle orecchie di Sakuragi. Istintivamente cerca sotto le coperte la fotografia dello Shohoku al Campionato Estivo, carezzando la figura accucciata di Kaede. Sa perfettamente dove si trova, tante sono le volte che l'ha guardata negli ultimi giorni, per farsi coraggio...

"Ma perché?!" a stento riconosce la sua voce, resa roca e di una nota più alta dall'ansia crescente.

"... beh..."

Hisashi al suo fianco sospira frustrato e Hanamichi non può fare a meno di pensare che, quella, rappresenti l'ultima occasione per giocare assieme a lui.

"Ryo-chan... guarda che se è per la mia schiena, il basket non c'entra. Voglio dire, si è trattato di un colpo d'aria. L'amichevole col Ryonan non c'entra niente!"

"... però... del quintetto base siamo rimasti solamente noi tre, e senza Rukawa..."

"A proposito, tieni Hanamichi", Mitsui recupera la sacca lontana estraendone una maglietta nera con le scritte verdi 'Dir en grey… Family Values Tour…' la stringe sovrappensiero prima di sporgerla all'amico, "è la maglia di Rukawa che ci hai chiesto di recuperare dal suo armadietto".

"Grazie."

Hanamichi la posa delicatamente sul pesante copriletto, sfiorando la scritta con lo sguardo.

La maglietta di Kenji...


Sospira.


"Ha detto che tornerà per la finale."

Sente lo sguardo dei compagni su di sè ma non riesce a distogliere il proprio dalla maglia che ha di fronte. Un attimo ancora, poi solleva gli occhi fissandoli in quelli di Miyagi: "Lui ci sarà, noi non dobbiamo fare altro che raggiungerlo".

A questo, il capitano sospira: "... e sia, allora. Quindi partecipiamo. Tutti... bene, allora direi di cominciare con la riunione del quintetto base, anche se siamo in tre...".


"Ah... aspetta..."


Senza aspettarsi risposta Mitsui torna a rovistare nella sua sacca, estraendone subito dopo una fotografia perfettamente inquadrata di Rukawa. E' una foto un po' vecchia, Hanamichi non può fare a meno di notare che Kaede appare più giovane di un paio d'anni.


"Così siamo a posto. Possiamo cominciare."

"Ma che cavolo stai facendo?! Idiota?!!!! Toglila subito che porta male!!!!!" Ryota salta sul posto piccato lanciandosi immediatamente sul cecchino mitomane "Piantala subito! Tu e il tuo vizio! Come hai fatto ad avere una foto di Rukawa?".

Hisashi lancia a Sakuragi la cornice con un abile colpo del polso, frenando l'avanzata del capitano: "E' un ingrandimento di una foto delle medie che mi ha dato Ayako! Che c'è di male?! Lo portiamo con noi ovunque andiamo, mi sembra il minimo!".

Hana sfiora il vetro lucido perdendosi negli occhi neri di Kaede, nel suo sguardo sicuro, sincero, privo di incrinature. Puro.
Stringe le labbra. Al momento di quello scatto la volpe non poteva certo immaginare cosa sarebbe accaduto da lì a pochi anni... carezza con il pollice i lineamenti delicati del suo viso, così morbidi e gentili. Di una bellezza efebica.

Riporta l'attenzione sui compagni trovandoli muti, intenti a fissarlo con curiosità.

"Da quando sei diventato così amico di Rukawa?"

Si stringe nell'haori, restando in silenzio. Posa la fotografia accanto a sé sfiorandola con lo sguardo: "Da quando mi ha aiutato a migliorarmi con il basket".

"Eh?!"

Lo stupore di Mitsui è appena contenibile ma Hanamichi non gli presta attenzione: "Ogni mattina, nelle ultime settimane, ci siamo incontrati al campetto del chome quattro per allenarci", solleva lo sguardo, deciso, "adesso, ho bisogno del vostro aiuto per continuare a potenziarmi".

All'unisono guardia e capitano lo guardano senza parlare, la bocca lievemente dischiusa, sorpresa.

"..."

"..."

"..."

"Allora?"

"Allora, cosa?"

"Allora mi aiutate?"

"Si capisce che ti aiutiamo!"

Hisashi si volta in direzione di Miyagi, un lampo felice illumina le iridi scure: "Allora è deciso, capitano?".


"E' deciso."


Hana sorride, cerca e trova i fogli con i consigli di Kaede e Masashi ordinatamente disposti sul basso tavolino sotto la finestra. Un raggio di sole scalda la carta sgualcita. Inspira l'odore dei tatami tanto amati dalla sua volpe, scoprendosi immerso in una triste malinconia.

Non é passata neanche una settimana e già gli manca terribilmente.

Posa lo sguardo sulla fotografia al suo fianco, abbracciandola con gli occhi.


"Ce la faremo. Dobbiamo farlo. Lui ci sta già aspettando in mezzo al campo."


Un segno d'intesa e i tre amici si chiudono in una fitta discussione fatta di progetti, idee, promesse.


Una sola consapevolezza.



Il sogno di vincere il Campionato Invernale.




Noi siamo forti!





...


Quando un'ora e mezza più tardi i due senpai si congedano, l'aria del tardo pomeriggio si è fatta più fredda e umida. All'unisono guardia e playmaker lasciano correre lo sguardo sulla volta celeste, alta e lontana. Carica di promesse. Portatrice di speranze.

Mitsui scioglie i muscoli della schiena indolenzita, stirandosi sonoramente: "Hnnnnnn...".

"Vieni in palestra?"

"Ah? Naaah... devo andare a casa a studiare. Lunedì abbiamo un altro test... tu?"

"Mmmm... passo prima in palestra. Aya-chan mi aspetta per sapere cos'abbiamo deciso. Dobbiamo cominciare a radunare i documenti necessari per l'iscrizione alle qualificazioni di Kanagawa..."

Hisashi rallenta sino a fermarsi, si gira in direzione della casa di Sakuragi ormai scomparsa dietro l'ultimo angolo: "Dici che va davvero tutto bene? Ce la farà?".

Ryota si scopre a sorridere impercettibilmente: "Sì, l'ha promesso a Rukawa".

Senza dire più nulla, come se quella consapevolezza bastasse a spazzare ogni dubbio o indecisione, i due ragazzi battono all'unisono i pugni dividendosi subito dopo. Ognuno diretto verso la propria meta. Uniti da un'unica certezza.



"Lui ci sta già aspettando in mezzo al campo. Raggiungiamolo!"






°°°°°°°°°°°°°°°°°°




Akira richiude la sacca facendo attenzione a non dimenticare nulla. Sorride serafico, per lo più soddisfatto della giornata appena trascorsa. Respira l'aria calda e umida dello spogliatoio ormai deserto, beandosi del silenzio che lo avvolge. Issa il borsone sulla spalla e richiude l'armadietto sfiorandolo distratto.


"E' stato divertente."


Senza accorgersene si adombra.


"Anche se..."


"Di partenza?"

Si volta in direzione dell'alta figura comodamente poggiata allo stipite della porta. Maki lo guarda soddisfatto, le braccia incrociate sul petto quasi a sottolineare la scritta della maglia.


"Japan."




Sorride in rimando: "Ah! Sì... grazie per la partita, è stata un'esperienza unica!".

Stringe la mano del senpai, con una presa sicura solo per metà.

"Allora sei dei nostri?"

"Sì, il signor Izumi mi ha appena comunicato che ho superato il provino. Ci rivedremo il prossimo ritiro, a gennaio."

Maki si apre in un sorriso rapido e pungente: "Beh, conto di vederti prima alle selezioni del Campionato Invernale. Il Ryonan dovrà assolutamente superare le qualificazioni questa volta".

Akira annuisce incerto, avviandosi lentamente verso la porta: "Ci conto! A novembre allora!".

"Sendoh..."

Ferma la mano sul pomello, girandosi appena.

"... ti sarai accorto che alcune riserve non hanno apprezzato la tua presenza qui."

Akira annuisce ancora, soppesando la sacca, nervoso.

"... in realtà Goto e i suoi hanno cominciato a essere più... feroci con i nuovi arrivati dopo agosto. Per essere precisi, dopo la convocazione di Rukawa...", Maki si avvicina guardingo, abbassando ulteriormente il tono della voce, "... il suo talento è una minaccia per loro e adesso ci sei anche tu. Fai molta attenzione al Campionato... sai come di dice, quando trovi un avversario capace, annientalo prima che diventi pericoloso...".
Maki incatena lo sguardo a quello di Akira con una gravità tale da indurlo involontariamente a ingoiare la poca saliva rimasta, scoprendo la gola inaspettatamente riarsa: "Dillo anche a Rukawa. Inoltre, la voce sul suo ricovero è giunta fino a qui. Goto ne approfitterà la prossima volta che lo incontrerà, meglio se si tiene pronto".

Sendoh abbassa le palpebre pensieroso, lasciandosi guidare subito dopo da Maki lungo i silenziosi corridoi del liceo Hayabusa. Quando escono nel cortile della scuola, la fresca brezza di ottobre carezza, lieve, i loro visi accaldati. Akira solleva il viso in direzione del cielo beandosi dei caldi colori del tramonto. Respira a pieni polmoni rinfrancandosi e recuperando in un attimo il buon umore.


Ha voglia di tornare a casa.


"Allora ci vediamo a Kanagawa, se senti Rukawa, salutamelo. E' terribile quello che gli è capitato."

Akira soppesa una volta ancora la sacca, in un tic che, ha compreso essere figlio dell'ansia accumulata: "Lo farò. Grazie Maki".

Saluta il compagno allontanandosi velocemente, desideroso di raggiungere l'uscita nel più breve tempo possibile...


"Ehi, Sendoh! Lascia che ti saluti!"


Frena l'andatura, chiudendo gli occhi e inspirando quanto più ossigeno possibile. Avverte Maki osservarlo in lontananza, pronto a intervenire se necessario. Non si volta nella sua direzione, non vuole chiedere il suo appoggio, si limita a risistemare per l'ennesima volta la sacca sorridendo con una serenità che sente perduta: "Senpai Goto, chiedo scusa, pensavo foste tutti alla mensa".

Stringe la tracolla ignorando la risata bassa degli altri. Ne conta quattro.


Tutti aspiranti titolari.


Mantiene il sorriso, sperando che basti a far desistere quei cinque dal proseguire quello spiacevole confronto.

"Ho un messaggio per Rukawa, glielo daresti?"

"..."

"Dì alla tua puttanella che lo aspetto al Campionato Invernale... se prima non si fotte il cervello con l'elettroshock, s'intende!"

Akira stringe le labbra sino a ridurle a un'unica fessura, avanzando di un passo. Fremente di offesa e rabbia.


"Adesso basta. Tornate a mangiare."


All'unisono tutti i presenti si voltano in direzione della voce pacata e decisa che giunge alle loro spalle. Dai Moroboshi rimane ritto sulla schiena, braccia sui fianchi e sguardo severo, colmo di rimprovero.
Un ultimo sguardo e Goto e la sua banda se ne vanno imprecando. Solo in quel momento Akira si accorge di aver trattenuto il respiro per tutto il tempo.

"Mi dispiace per quello che hanno detto, sono ottimi elementi ma non mancano di cacciarsi nei guai. Spero non ti sia offeso."

"Ah, no... ho capito. E' tutto a posto...", risponde alla stretta del capitano, sorridendo tranquillo. Questa volta con maggiore sincerità, "... è stato un piacere poter giocare con tutti voi".

Moroboshi rilassa lo sguardo, infilando le mani nelle tasche della tuta: "Benvenuto a bordo Sendoh. Ci si vede al Campionato, sono curioso di affrontare il tuo Ryonan."

"..."

"Buon ritorno a Yokohama".

"Sì, grazie."

Akira non può fare a meno di notare un'ombra passare negli occhi del capitano: "Sendoh...".

"Uhm?"

"Salutami Rukawa, gli auguro una pronta guarigione. Non vedo l'ora di poter giocare ancora con lui."

Adesso, ne è certo, quell'ombra ha oscurato anche il suo sguardo.


Malinconia.


Si chiude nelle spalle, conquistandosi l'uscita. Solo quando il cancello dell'Hayabusa è ormai chiuso alle sue spalle, riesce a soffiare la sua risposta: "Sì, anch'io".


...



Entra in stazione in uno stato di trance e apatia che non gli sono propri.

Si sente svuotato.

Privato della determinazione necessaria a sostenere il peso del nuovo ruolo che si è ritrovato a ricoprire.


Capitano.


Abbassa il capo.



Da quando il basket ha smesso di essere divertente?



Guarda la macchinetta innanzi a sé. Lascia scivolare le dita sullo schermo, scegliendo la destinazione. Inserisce i soldi e recupera la tessera. La rigira fra le mani, incerto. Poi, si volta e, senza più indecisioni, si avvia verso la banchina.

Non può tornare a Kanagawa in questo stato. Deve tornare quello di un tempo, e c'è una sola persona in grado di aiutarlo.

Ingoia a vuoto, colpevole. Infine, si dirige verso il treno che lo porterà a Sapporo.


"Voglio tornare a divertirmi con il basket..."




°°°°°°°°°°°°°°°°°°




"E' più alto di come lo ricordavi, vero?"

Kaede volta la testa, sorpreso, non ha sentito arrivare il ragazzo ora fermo al suo fianco. Si solleva lentamente da terra, rassettandosi con distrazione la tuta pesante. Mette il pallone sotto il braccio osservandolo senza curiosità. A giudicare da altezza e corporatura si tratta di un suo coetaneo, nonostante il viso sia ancora quello di un bambino.

"Posso?"

Lancia la palla con un passaggio perfetto. Beh, almeno non ha perso il suo tocco. E' già qualcosa... sorprendentemente il ragazzo inizia a palleggiare con un'abilità che tradisce una lunga esperienza.

"Giochi a basket?"

"Giocavo... guardia. Ero piuttosto bravo con i tiri da tre. Tu?"

"Ala piccola."

"Già..." flette il corpo lanciando subito dopo il pallone con un movimento fluido e regolare. Qualcosa nella gamba sinistra attira l'attenzione di Kaede, non si è piegata come avrebbe dovuto.


Ferro.


"Ah... merda...", il ragazzo si sposta un ricciolo dalla fronte, sbuffando sconfortato "... c'era da aspettarselo...".

Si muove per recuperare la palla, zoppicando lievemente. Quando torna da Kaede, un tenue sorriso ne incornicia il viso delicato: "... niente da fare, è sempre troppo alto".

"Hn."

Afferra la sfera che gli viene sporta, rigirandola fra le mani. Non ha potuto fare a meno di notare che anche quel ragazzo porta un braccialetto uguale al suo: azzurro, proprio dei nuovi arrivati, classificati come sicurezza di tipo 3.

"Mi chiamo Rei, piacere di fare la tua conoscenza Kaede", allo sguardo incuriosito dell'altro s'illumina divertito, "qui le notizie corrono veloci. Avrai modo di scoprirlo. In quale squadra giochi?".

"Shohoku di Kanagawa."

"Allora è vero... lo Shohoku che ha sconfitto il Sannoh Kougyou... aspetta... ma allora tu sei quel Rukawa?!"

"Hn. Ci siamo conosciuti al Campionato?"

"Oh, no! Ho sentito parlare di te leggendo i giornali... giocavo nella squadra del liceo Sugiyamajo Gakuen di Aichi. Purtroppo non siamo riusciti a qualificarci per il Campionato, siamo stati sconfitti durante le qualificazioni dal Meihou. Ma io non giocavo già più... sono qui dalla fine di maggio..." Rei si piega in avanti, sollevando l'orlo dei pantaloni. Una protesi, al posto della gamba sinistra, fa capolino da sotto la stoffa pesante: "incidente ferroviario, se così vogliamo chiamarlo...".

Kaede trasale impreparato, stringendo la palla con forza.

Rei risistema i vestiti, incatenando i grandi occhi castani in quelli nerissimi di Rukawa: "... anche tu sei qui per un incidente, vero? Nel tuo caso un incidente in mare...".

"Hn."

Kaede si chiude in un silenzio offeso, osservando l'altro risistemare per l'ennesima volta un boccolo invadente nell'aria fredda della sera. Le luci dei lampioni giocano con il castano dei suoi capelli, sprigionando una luce calda e dorata.

"Quanto vorrei giocare ancora a basket..."

Stringe le labbra, dispiaciuto per lui, abbassando le palpebre. Comprende bene il suo stato d'animo. Nel luogo in cui si trovano, ognuno di loro deve fare i conti con menomazioni fisiche o mentali... e sono tutti così giovani...

"Senti, Kaede, quali saranno le tue mansioni domani?"

"Hn, devo aiutare nella stalla."

Rei s'illumina accentuando i lineamenti infantili, allargando maggiormente i grandi occhi castani, quasi ambrati: "Allora lavoreremo insieme. Sono bravissimo con gli animali, t'insegnerò tutto quello che so!".

"Hn, grazie."

"Mpf... torniamo in camera? Ormai è così buio che il canestro non si vede più..."


Solleva lo sguardo sull'anello lontano, avvolto dalla notte. L'aria pungente e fredda della sera s'insinua fra le sue ciocche scomposte, accarezzandogli la nuca. In silenzio s'incammina verso il dormitorio, più lentamente del solito per dare modo a quello strano ragazzo di raggiungerlo... si ferma solo quando la musica del suo telefonino s'irradia nella quiete notturna. Lo sfila dalla tasca della giacca avvertendo immediatamente gli occhi farsi umidi e un ormai conosciuto formicolio sfarfallare nello stomaco contratto: "Ehilà".

"Ehilà, volpe!"

Sorride. Aspettava quella chiamata da tutto il giorno... si sente come la rosa del libro di Kenji, sola e braccata, in attesa del ritorno del suo principe... inspira a fondo. Saluta con la mano il ragazzo fermo accanto a lui, allontanandosi nel cortile del Momiji. Lo sguardo perso nella volta stellata...

"Come stai?"

"Stai parlando con il genio della ripresa! Bene, ovviamente!"

Chiude gli occhi, rincuorato da quella voce, tornata calda e decisa. Non più incrinata dalla febbre o dal rammarico: "Hn, idiota...".

"Eh! Eh! Tranquillo, lunedì tornerò a scuola!"

"Hai poi parlato con i senpai?"

"Ah? Sì, questo pomeriggio. Mi aiuteranno loro con gli allenamenti mattutini."

"Bene."


Rilassa le spalle, camminando nel cortile senza una meta precisa. Rinfrancato.


"Mi hanno portato la tua maglia."

Si ferma. Chiude gli occhi, intimamente felice:"Grazie".

"... Mitchi ha incorniciato una tua foto delle medie. La porteremo con noi ovunque andremo!"


Torna a sorridere. Ancora con quel vecchio vizio!


"... ma quanto siete cretini..."

"Eh! Eh! Sai che eri davvero carino? Non quanto l'immenso, ma ci andavi vicino..."

"... mpf... scemo..."

"Coma va la gola? Il raffreddore?"

"E' passato tutto. Tranquillo."

"Sei riuscito a fare qualche tiro oggi?"

Si volta in direzione del campetto lontano, un'ombra di amarezza ne offusca lo sguardo sino a quel momento rasserenato: "... no...".

"..."

"..."

"Domani ci riuscirai, ne sono sicuro. Andrà tutto bene, Kaede. Se c'è qualcuno che può farcela, quello sei tu."

Sorride triste: "Sì... oggi... oggi è sabato...".

"... ah! La Nazionale..."

"Hn..."

"... dai non ci pensare. Un passo alla volta, ok?"

"... sì..."

"Hai già sentito casa? Tutto bene?"

"Sì, Nao è sempre più nervoso e combina un sacco di guai. Hn, quell'idiota di un gatto li tiene più occupati di un bambino piccolo."

"Eh! Eh! Magari passo a vedere come sta!"

"Grazie. Mia madre ti ha riportato i vestiti che mi hai prestato?"

"Sì, tranquillo. Hai fatto amicizia con qualcuno?"


Si volta, trovando la guardia dai ricci scomposti lontana. Ferma ad aspettarlo.


"Hn. Ho conosciuto un ragazzo della prefettura di Aichi. Giocava a basket nel liceo Sugiyamajo Gakuen."

"Ah!", a Kaede non sfugge il cambiamento nella voce di Hanamichi, più tesa quasi seccata, "... ed è... bello?".

Spalanca gli occhi sconcertato: "Idiota".

"Mi manchi, Kaede."

"Sì..."

Anche tu. Ma quelle parole rimangono prigioniere delle sue labbra. Senza accorgersene abbassa le iridi nascondendole dietro la barriera protettiva dei suoi capelli, giocando distratto con una pietruzza. Le gote bruciano in una deliziosa contrapposizione con l'aria fredda della sera, nello stesso momento in cui la testa inizia a vorticare senza sosta e lo stomaco si contrae in una morsa piacevole... mentre le ginocchia... oh! Quelle, paiono non essere più in grado di sostenerlo. Si aspetta di cadere in terra da un momento all'altro.

Vorrebbe piangere.

Urlare.


Ridere.


Abbracciare.



Baciare...




Lui soltanto.





"Tornerò."

"Lo so. Ti aspetto."

Chiude gli occhi respirando l'aria fredda e umida. Rovescia la testa all'indietro in ascolto del suo respiro: "Buonanotte, Hanamichi".

"Buonanotte, Kaede."

Senza aggiungere altro interrompe la chiamata, osservando il display oscurarsi. Infila il cellulare in tasca prima d'incamminarsi tranquillo verso il ragazzo fermo innanzi alla porta del dormitorio.

"Hn, scusa, mi hai aspettato..."

"Tranquillo", Rei assapora la notte, quieto, privo delle ombre che l'hanno condotto in quel luogo di rimonta, "c'è una tale pace questa sera...".

Kaede segue il suo sguardo spingendosi fin dove le luci lo permettono, beandosi della calma notturna: "Sì ma inizia a fare freddo... rientriamo?".

"Certo! Buonanotte Kaede."

"Hn, grazie anche a te."


...


Tsutomu sorseggia il suo the osservando, dall'ampia vetrata dello studio, i due ragazzi rientrare nel dormitorio. Si volta impercettibilmente al basso bussare della porta, rispondendo al saluto sommesso dell'imponente uomo che la varca.
Torna a sedersi alla scrivania, accendendo la lampada da tavolo, rischiarando debolmente la stanza fino a quel momento avvolta dall'oscurità.

Arata incrocia le braccia sulla divisa da assistente sanitario, sorridendo bonario: "Non riesco ancora a credere a quello che ho visto!".

"Eh! Eh! Io sì, Arata."

"Rei ... ha davvero cercato un contatto con Kaede per primo?"

"Già."

"In cinque mesi è la prima volta che lo vedo reagire alla presenza di qualcuno... anzi, che dico! A cercare qualcuno... anche questa mattina, nella stalla, ha parlato a Taki senza essere prima interpellato, per chiedere informazioni su Kaede."

"Sì, l'ho saputo." Tsutomu risponde all'entusiasmo sincero di Arata con la prudenza tipica dell'esperienza maturata. Non distoglie lo sguardo dagli appunti che ha iniziato a compilare senza interruzione da quando si è seduto. "Nei prossimi giorni occorrerà osservare con molta attenzione lo sviluppo di questa relazione, organizzati con Kobo".

"Ah! Sì, certo."

Sorride dispiaciuto per l'esaltazione smorzata di Arata: "Se Rei continuerà a reagire positivamente alla presenza di Kaede, penso che sarà di grande beneficio per entrambi", abbandona le carte posando la penna e distendendo la schiena contro la comoda poltrona, "è rischioso perchè Kaede ha una personalità forte e travolgente, quasi esplosiva. La possibilità che Rei si lasci nuovamente trascinare in maniera incontrollabile dai suoi sentimenti è concreta".

Arata si siede a sua volta, poggiando le braccia sulle ginocchia, piegandosi in avanti soppesando le parole: "Prima o poi dovrà fare i conti con nuove delusioni o sofferenze".

"Già, è la vita."

"Meglio se inizia in un ambiente controllato."

Tsutomu non risponde, sorride con gli occhi prima di spostare lo sguardo sulla propria scrivania. Una vecchia foto dei tempi dell'università, in parte illuminata dalla luce fievole della lampada, gli rimanda un tempo ormai passato, mai dimenticato. Yazawa lo osserva fiero in mezzo ai compagni di squadra.

"Dobbiamo farcela, Arata. Salviamo questi ragazzi, diamogli una seconda possibilità."

"Sì, signore!"


...


Kaede si sdraia spossato nel letto, poggiando l'avambraccio sulla fronte. Fissa il dispositivo di rilevazione fumi e incendi posto in mezzo al soffitto. Accanto, una telecamera in funzione.

Mette il broncio, vorrebbe più intimità.

Si solleva su un gomito al tenue bussare alla porta: "Avanti".

L'enorme figura di Arata entra nella stanza portando un vassoio con sopra un piccolo bicchiere di plastica: "Kaede, la medicina".

"Hn"

Afferra il bicchiere sporto osservando pensieroso il liquido trasparente, poi lo ingoia in un unico sorso.

"Cerca di portare pazienza, serve per aiutarti a dormire. Vedrai che molto presto non ne avrai più bisogno."

"Sì, grazie."

Restituisce il bicchiere, rimane fisso a osservare l'assistente appuntare l'ora su una cartellina prima di congedarlo e infilarsi sotto le coperte calde e spesse.
Chiude le labbra con il sapore amaro del sonnifero ancora sulla lingua. Respira a fondo, lentamente, lasciando fluire i pensieri, senza frenarli.


"E' sabato... sabato sta passando... domani sarà domenica... oggi è il quarto giorno di ricovero... sono passati sette giorni dall'amichevole... sette giorni che non gioco a basket... domani sarà una settimana che non vedo Hanamichi... no, in verità sono sei... sei giorni da quando noi..."


Copre gli occhi con un braccio, frenando la mano poco prima dell'elastico del pigiama. Sospira frustrato.


"La telecamera..."


Arrossisce, pudico e imbarazzato, voltandosi su un fianco. Decisamente deve trovare il modo per avere una maggiore intimità. Si allunga e spegne l'abat jour sul basso comodino.

Rimane immobile, fermo al buio.


"Ti aspetterò."




Chiude gli occhi.

In quattro giorni è migliorato e, di questo, ne è intimamente fiero. Quando è arrivato, mercoledì, a stento riusciva a parlare, spossato dalle allucinazioni e dalla mancanza di cibo e sonno. Era l'ombra di se stesso. Già da giovedì non ha potuto fare a meno di notare un netto miglioramento. Ora, non resta che superare lo scoglio più grande.


"Non ci sei mai! Non arrivi mai! Pensi solo al basket!"




Quel rammarico, quella colpa che non riesce a scrollarsi di dosso per non essere arrivato in tempo.


"Ken..."


Stringe le palpebre con forza lasciando scorrere una lacrima e aggrappandosi al polso destro. Il braccialetto è sempre lì, pesante e fastidioso.


"Ce la farò! A qualsiasi costo! Kenji, perdonami ma lui mi sta aspettando..."


Prima che le maglie del sonno lo avvolgano, Kaede ripensa all'odore e al sapore di Hanamichi, al suo calore... prima di perdersi in un torpore caldo e buio, ricorda quella sua voce roca soffiata nell'orecchio, la fronte sudata premuta contro la sua e le gambe intrecciate. Ripensa all'erezione umida e dura di Hanamichi premuta contro il suo ventre, al suo continuo scusarsi, a quel suo essere al contempo impetuoso e impacciato. Sempre così imbarazzato... e, un attimo prima della perdita di coscienza, avverte la sua stessa voce sussurrare un flebile "... voglio tornare a casa...", poi tutto scompare e rimane solamente il nero del riposo. Non ci sono pozzi in cui sprofondare o ricordi da rivivere all'infinito, solo lui e l'odore dei tatami.




°°°°°°°°°°°°°°°°°°




Hanamichi rovescia la testa all'indietro affondando nel cuscino, liberandosi in un unico, lungo, soffio appagato. Allunga la mano pulita afferrando quante più salviette riesce, prima di pulirsi dallo sperma colato sul ventre.
Si riveste sotto il futon, fissando la luce dei lampioni filtrare attraverso le tende spesse della sua stanza.


Si detesta.


E' bastato ascoltare la voce calma e morbida della sua volpe per avvertire sin da subito la forte necessità di masturbarsi.


"Faccio schifo."


Inspira l'aria pesante della sua camera alla ricerca del profumo residuo di Kaede ma tutto quello che sente è l'odore pungente dei tatami. Il suo tepore, il suo sapore, la sua morbidezza... vibrano nei suoi ricordi e nulla più. A volte si chiede se sia successo davvero. Se l'abbiano fatto, qualunque cosa abbiano fatto, quella notte. Quell'ultima notte.

Petting?

Chissenefrega. E' stato bello, appagante e al contempo devastante. Perchè adesso la voglia che ha di lui è diventata dolorosa.

Si volta su un fianco, grato di riuscire finalmente a muoversi, mettendosi in posizione fetale. Chiudendosi su se stesso.

Non ne hanno mai parlato.

Si chiamano ogni giorno, alla stessa ora prima di addormentarsi, parlano di tutto ciò che gli viene in mente ma non hanno mai toccato l'argomento 'cos'è successo quella sera'.

Dei! Non sa nemmeno se stanno insieme o cosa...

Stringe le labbra. Certo che stanno assieme! Che domande! Non si fanno certe cose senza provare nulla, no?

E allora... stanno insieme.

Kaede Rukawa è il suo ragazzo.


Punto.


E che si fotta il mondo intero!



"Tranquillo, ti raggiungerò..."



Si lascia sprofondare nel sonno, sperando intimamente, di riaffiorare in una buia soffitta, polverosa e spoglia, arredata con un solo grande letto matrimoniale. Con lenzuola di seta nera e, sopra, il suo Kaede pazientemente accucciato ad aspettarlo...

Ha voglia di fare l'amore con lui. Fosse anche solo per finta... e affanculo tutto!


"Kaede... ti voglio..."







°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°




Sabato 14 ottobre.


Sei giorni senza basket.



Cinque giorni senza vedersi.



Quattro giorni dopo...

Edited by virgo08 - 25/9/2016, 19:22
 
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view post Posted on 25/9/2016, 18:25     +1   -1
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Il volo dei falchi

Capitoli Extra
de "Il pianto della cicala"







Autore: Virgo08
Serie: Slam Dunk
Rating: NC-17
Pairing: Hanaru
Desclaimer: I personaggi di Slam Dunk appartengono a Takehiko Inoue.


Note:


Natasa Kovacevic: giocatrice serba, sopravvissuta ad un incidente d’autobus nel 2013 nel quale ha perso la gamba sinistra. Stella del basket giovanile è diventata la prima giocatrice con una protesi al posto della gamba a scendere in campo accanto alle normodotate. Con grande forza d’animo e coraggio, a sorreggere un talento con cui aveva attirato l’attenzione di tanti club di Eurolega, l’ala di 1 metro e 88 centimetri si è ripresa la propria carriera.


TITOLARI IN CAMPO

Shohoku:
Ryota Miyagi n. 4 – capitano, playmaker
Hisashi Mitsui n. 12 – guardia
Yasuharu Yasuda n. 5 – vice capitano, ala piccola
Satoru Kakuta n. 7 – ala grande
Hanamichi Sakuragi n. 9 - pivot



Ryonan:
Tomoyuki Uekusa n. 6 - playmaker
Hiroaki Koshino n. 5 – vice capitano, guardia
Akira Sendo n. 4 - capitano ala piccola
Kicchou Fukuda n. 11 - ala grande
Takeo Aoyama n. 7 - pivot



Dorayaki: è un tipo di dolce giapponese composto da due pancake, formati a partire dalla kasutera (un impasto simile al pan di spagna), e riempito al centro con l'anko, una salsa dolce rossastra ricavata dai fagioli azuki.



°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°


Quando il morso dell’inverno cede al dolce respiro della primavera, ha inizio la parata nuziale.

Il falco freme, è giunto per lui il tempo di danzare ...








Capitolo Extra - Only a week late ...




L'aria fredda di novembre si condensa attorno alla sua bocca in piccole nuvole che si sciolgono subito dopo nella tiepida luce del mattino. Rei soffia l'alito caldo sulle dita intirizzite spostando il peso del corpo sulla gamba sana, in attesa. Si chiude nel piumino, liberando la fronte da un boccolo divenuto troppo lungo.

Sbuffa irritato. Deve decidersi a tagliarsi i capelli.

Porta lo sguardo sul canestro lontano, immobile, freddo e indifferente... abbassa la nuca sconfitto, imbronciando il viso da bambino e calciando con fastidio una pietra solitaria.

"... uff ..."

"Ehi."

Si risolleva illuminandosi all'improvviso: "Allora? Te l'ha dato?", si avvicina curioso all'alta e felina figura di Kaede, fissando felice il braccialetto smeraldo fare capolino dall'orlo della giacca, "Si! Evvai!". Alza gli occhi, umidi di gioia a stento trattenuta: "Ma è fantastico, Kaede! Posso?", senza aspettarsi risposta afferra il polso sottile del compagno, sfiorando con le dita l'ambito trofeo, "Wow ... guarda come brilla ...".

"Hn, è solo un pezzo di plastica."

Kaede ritira la mano, nascondendola nell'ampia tasca del pesante piumino. A Rei non sfugge un lampo di amarezza passare veloce in quelle iridi di notte. Abbassa lo sguardo osservando silenzioso la pesante sacca che Rukawa tiene a tracolla.

"Tsutomu ti ha dato il permesso per assistere alla partita?"

"Hn. Sì, sta parlando con mio padre. Partiamo fra quindici minuti al massimo."

"Beh, questo è un bene."

"... già ..."

Rei sorride triste, sa bene quanto tutto questo sia difficile e doloroso per Kaede: lo Shohoku si è presentato alle qualificazioni del Campionato Invernale come testa di serie del suo blocco, affrontando il Fukakusa e vincendo di soli quattro punti scarsi riuscendo, con non poca fatica, ad aggiudicarsi l'accesso alla finale.

Si chiude nelle spalle, indietreggiando di un passo.

La prima partita contro il "Kaynan King" – la squadra più forte della prefettura – si è rivelata una prevedibile disfatta: lo Shohoku ne è uscito sconfitto di ben ventotto punti.

La partita seguente è andata meglio ma il risultato, alla fine, non è cambiato: la squadra di Kaede ha perso per soli sei punti contro lo storico Shoyo, e fra due giorni si giocherà il tutto per tutto con il temibile Ryonan di Sendoh.

Rei stringe le labbra, quasi sicuramente ad aggiudicarsi l'accesso al Campionato Invernale saranno Kaynan e Ryonan, considerato che quest'ultimo ha sconfitto lo Shoyo di sei punti ...



"Ormai per lo Shohoku è finita ... che senso ha continuare a lottare così? La prossima partita sarà solo un pro forma ..."




"Non è finita", la voce di Kaede gli appare sicura e limpida, quasi gli avesse letto nella mente, "se sconfiggiamo il Ryonan possiamo ancora giocarcela ai punti".

Rei solleva gli occhi sul viso delicato di Rukawa allargando, se possibile, maggiormente gli occhi ambrati; la forza di volontà di quel ragazzo è incrollabile e non ha eguali, di questo è sicuro.



E' la prima volta che incontra una persona così.



Ingoia a vuoto.


"Hai fatto passi da gigante, non devi rimproverarti nulla. Dico sul serio. Sei l’orgoglio del Momiji, nessuno prima di te è riuscito a conquistarsi il livello 2 in poco più di un mese ..." sorride mostrando il braccialetto azzurro fare capolino dal polso alzato innanzi al suo viso triste, "... quando sei arrivato qui non parlavi, non mangiavi e a stento riuscivi a dormire. Adesso guardati! Hai ripreso peso, dormi otto ore per notte, studi e ..." solleva lo sguardo verso il canestro lontano, perdendosi un istante soltanto a inseguire il riflesso del sole nascente sul ferro arrugginito "... hai ripreso ad allenarti ...".


"Con una settimana di ritardo."


Quella constatazione, così amara e severa, zittisce Rei. Non sa cos'altro aggiungere o meglio, sa che non c'è nulla che possa dire o fare per sollevare Kaede dal suo senso di responsabilità.

"Tsutomu non ti ha dato il permesso per giocare, vero? Puoi solo assistere ... è un peccato, con te in squadra avreste una possibilità in più di sconfiggere il Ryonan, potreste davvero giocarvela ai punti ..."

Kaede si chiude in se stesso. Lo fa sempre quando deve soppesare le parole con calma e attenzione: "In questo momento sarei d'intralcio. Non gioco con loro da un mese. E' una partita troppo importante per rischiare così ... resterò sugli spalti".

Si sta punendo. Questo pensiero non abbandona Rei da quando la notizia della prima sconfitta dello Shohoku è giunta al Momiji. Si chiede come sia possibile che Tsutomu accetti di lasciare andare Kaede così, pur sapendo quanto l'intera situazione gravi sulle sue spalle.

"Quando torni?"

"Hn, il permesso è di quattro giorni. Tornerò lunedì sera."

Sorride, rinfrancato.

Soli quattro giorni.



"Tornerà."




Afferra al volo la palla lanciata dall'altro con un passaggio veloce e preciso.


"Tienimela tu."

"Ah ... sì ..."

"E poi ..." Kaede fruga nella sacca, tirando fuori un plico di fogli ordinatamente disposti in una cartellina trasparente. Gliela sporge con decisione, incapace di accettare un rifiuto come risposta, "... leggi questi".

Rei ubbidisce, osservando dubbioso i documenti stampati, cogliendo solamente alcuni titoli disparati: basket in carrozzina, paraolimpiadi, nazionale, protesi e ... tira fuori un foglio scritto in inglese. Sembra un articolo di giornale, non comprende fino in fondo quanto c'è scritto ma rimane fisso sulla foto di una giovane ragazza occidentale: lo sguardo fiero e un pallone da basket poggiato sulla spalla destra.


Solleva lo sguardo, questa volta disorientato.


"Si chiama Natasa Kovacevic, era l'astro nascente del basket del suo Paese. Ha perso la gamba sinistra all'altezza del ginocchio in un incidente stradale."

Istintivamente, Rei porta la mano sulla coscia sinistra cominciando a grattarla distratto.

"Nonostante questo si è ripresa la propria carriera, abituandosi nella lunga riabilitazione a giocare con una protesi al posto della gamba e della caviglia. E' tornata in campo, in un match ufficiale tra atlete normodotate: con la Stella Rossa ha segnato 5 punti in 15 minuti".

Kaede avanza di un passo, coprendo la distanza fra loro e portando le mani sulle spalle più piccole dell'altro.

"Se lo immagini, lo puoi realizzare." Stringe con forza maggiore obbligando il ragazzo a sollevare i grandi occhi castani, incatenandoli ai suoi: "... come fly with me ...".

Finalmente, Kaede vede quelle iridi screziate d'ambra illuminarsi di una luce viva e sincera, la fiamma della determinazione riprendere vigore battito dopo battito.

Rei piega la testa di lato, lasciando scivolare sul viso sereno la cascata disordinata di ricci senza più curarsi di scostarli: "La pianti di parlare come un cioccolatino? Cos'è, a forza di ravanare su internet, sei incappato in uno di quei siti pieni di aforismi e frasi strappalacrime?".

Sorride col cuore tornando a scrutare i fogli che tiene in mano, sono tanti. Kaede deve aver passato ore alla ricerca di una spinta per trascinarlo via dallo stallo in cui si era calato da solo sei mesi prima.

Dondola la testa in segno di assenso: "Credi che se riprendo a studiare, posso farcela a non rimanere bocciato e passare in seconda?".

Non lo vede ma sa che Kaede lo sta guardando compiaciuto: "Hn, probabilmente no".

Solleva la testa di scatto, piccato, scontrandosi con lo sguardo velatamente canzonatorio dell'altro.

"Ma puoi sempre provarci. Parla con Tsutomu, ti aiuterà contattando la tua scuola."

Stringe la sfera sotto il braccio destro, sfiorandola con lo sguardo: "Gli chiederò anche di aiutarmi con la riabilitazione".

"Sì."


Kaede fa un passo indietro risistemando la sacca. Fissa il canestro lontano, inalando l'aria fredda di fine autunno voltandosi poi in direzione della fattoria. Suo padre e il signor Akishige escono dalla porta principale, avvicinandosi lentamente.


"Ci vediamo lunedì sera."

"In bocca al lupo per la partita."


Un lieve cenno della bella testa corvina e Kaede si avvia verso l'alta figura del padre, s'inchina in saluto al dottore e, lento, raggiunge l'uscita. Rei non può trattenersi dal cercare di raggiungerlo, quasi rincorrendo la sua schiena larga e sinuosa.


"Rei."


Si volta.

Tsutomu lo fissa tranquillo, le mani nascoste nelle tasche dei pantaloni vecchi e consumati. Gli si avvicina sereno, scrutandolo con quei suoi occhi calmi, capaci di sondare l'animo delle persone.

Rei abbassa i suoi, troppo grandi per celare i pensieri che si agitano nella sua mente e nel suo cuore.


"A quanto pare sei appena stato kaedizzato ..."


Sorride, nascondendo le gote rosse sotto la cascata disordinata dei ricci scomposti: "Mi toccherà impegnarmi seriamente da oggi in poi ...".

La risata calda e sincera di Tsutomu si libera leggera nel campetto, riempiendo il silenzio del mattino: "Vieni, vediamo quello che si può fare".

Rei si risolleva, risoluto: "Sì".


"Se lo immagini, lo puoi realizzare."




Avanza di un passo, deciso.



"Kaede mi ha regalato un sogno. Non lo deluderò!"





°°°°°°°°°°°°°°°°°°




Posa la sacca nello spazio dedicato ai piccoli bagagli, accomodandosi con un unico, fluido, movimento. Si perde a guardare la stazione oltre al finestrino, rilassando la schiena contro la poltrona comoda e pulita. Con la coda dell'occhio osserva suo padre placidamente seduto al suo fianco, assorto nella lettura di un quotidiano. E' bello viaggiare assieme a lui, non vi è necessità di parlare, lo si può fare in silenzio senza sensi di colpa. Se fosse con Masa, pensa, lo stordirebbe di parole fino a Yokohama. La mamma lo riempirebbe di domande e finirebbe col chiedergli se ha indossato le mutande nuove per il viaggio. Se si trattasse di Hanamichi, parlerebbero di tutto e di niente, beandosi della reciproca presenza.

Sorride mentre il treno inizia a prendere velocità, dando il via alla sua folle corsa. Come un gigantesco proiettile.

Estrae il cellulare scrivendo rapido un breve messaggio: "Sto tornando. Ci vediamo domani?".


"Kaede."


Solleva lo sguardo dal display frenando il polpastrello sul tasto di invio. Suo padre non distoglie gli occhi dal giornale, voltando una pagina con distrazione.

"La mamma sta organizzando una festa a sorpresa per te e avrebbe piacere di passare questi giorni noi tre insieme ...", poggia il quotidiano sulle vecchie gambe incrociando le iridi velate dal tempo con quelle nerissime del figlio, "... so bene che vorresti andare dai tuoi compagni, hai solo due giorni, ma sarebbe bello se potessi accontentarla".

Ingoia a vuoto, abbassando le palpebre per primo: "... ma certo ...".

Avverte il sorriso caldo di suo padre avvolgerlo soddisfatto, prima di riprendere la lettura: "... ah, io non ti ho detto niente. Mostrati sorpreso, mi raccomando. Ci tiene tanto ...".

Sorride in rimando, cancellando l'ultima frase, triste e amareggiato.

Se solo avesse ottenuto quel dannato braccialetto una settimana prima ... adesso avrebbe più tempo ...

... Tempo ... l'unica cosa che sembra scorrergli attraverso le dita, come sabbia, e più cerca di stringerlo, di afferrarlo, più quello fugge via.


Lontano.


Lasciandolo indietro.




Invia il messaggio, poggiando il cellulare sulle labbra. Baciandolo non visto. Tiepidamente.


Indossa le cuffie, accende il walkman e s'inebria nelle note sparate al massimo volume. Guarda il paesaggio autunnale perdersi in una moltitudine di colori caldi e melanconici, poi chiude gli occhi e senza accorgersene si addormenta.




°°°°°°°°°°°°°°°°°°




"Sto tornando. Ci sentiamo questa sera. Buon allenamento."




Hanamichi si volta su un lato sopra al futon appena disfatto, giocando con una ciocca rossa, fissando il cellulare senza vederlo. Mette a fuoco la vecchia sveglia di suo padre, perdendosi nel basso ticchettio dell'orologio. Osserva immobile il lento scivolare del tempo ... riporta l'attenzione sul telefonino, rileggendo per l'ennesima volta il messaggio di Kaede.


Non gli ha risposto.


Si sposta nel registro delle chiamate perse.


Kitsune (3)
Ricevuta, cellulare, ven 20:38




Stringe le labbra. Colpevole.

Eroso dalla gelosia. Piegato dall'inadeguatezza.


Quel messaggio ...


Kaede l'avrà mandato solamente a lui?

Oppure uno simile l'ha scritto anche per Sendoh?



Si aggrappa ai capelli, mordendosi un labbro.

Fintanto che erano separati da più di mille kilometri era facile mentirgli, fingere che tutto andasse bene. Parlare di tutto e nulla, dei suoi progressi nel basket, della Gundan, della squadra, degli allenamenti speciali con Mitchi e Ryo-chan ...

Più difficile era ascoltare la sua voce calma e morbida, farsi giorno dopo giorno sempre più sicura e indipendente, raccontargli di quella sua nuova amicizia con un ragazzo senza gamba, descrivergli luoghi che non aveva mai visto, a lui sconosciuti, iniziando infine a utilizzare la cadenza tipica dell'est ... Kaede stava mutando, allontanandosi sempre di più.


E poi ...


Poi c'era Sendoh.

Oh, Kaede gli raccontava tutto anche quando lui preferiva non sapere.
Sendoh che, un mese prima, si era precipitato a Chitose fagocitando undici ore di treno e dormendo dove capitava.
Sendoh che, mentre lui era inchiodato a letto impossibilitato a muoversi, aveva passato un'intera giornata con Kaede.
L'asso del Ryonan era in crisi esistenziale e aveva pensato bene di correre da un ragazzo, il suo ragazzo, ricoverato in una struttura di recupero, nel momento più fragile e delicato della sua vita...

Artiglia la pelle sensibile della nuca, richiamando gli occhi velati di Rukawa quella lontana sera di ottobre. Così confusi, così indifesi ...


Fosse stata l'unica volta!


Quel maledetto capelli a punta era risalito al Momiji due settimane dopo, riuscendo là dove lui aveva fallito pur con tutte le sue telefonate e i suoi continui incoraggiamenti.


Aveva sbloccato Kaede.


Grazie a lui, la volpe aveva ripreso a giocare, ad allenarsi e a migliorare. Giorno dopo giorno.


"E allora tutte le mie chiamate?! Non ti sono servite a nulla?!!! Maledizione!!!! Ti sono rimasto accanto quando stavi male, su quella dannata spiaggia ci sono andato io e non Sendoh!!!! Io!!! E' con me che tu hai ..."



Sobbalza al vibrare del telefono che stringe in mano, fissando spaventato il display illuminarsi.


"Kitsune"





"Cazzo ..."


Rimane indeciso se rifiutare la chiamata.


Guarda l'ora: le nove di sera.



Trema.



Poi preme il pulsante di risposta: "Ehilà".

"Ehi", la voce pacata di Kaede riempie la sua mente, "Tutto ok?".

"Sì, tu? Viaggiato bene?"

"Hn, arrivato verso le sei e mezzo."

"Ah ... è lunga, eh?"

"Sì ... ho convinto papà a prendere l'aereo lunedì. Hai visto il messaggio?"

Sempre diretto. Hana sorride mentre mente: "... eh ... scusa ... gli allenamenti ...".

"..."

"..."

"La schiena?"

"A posto."

"Mi dispiace, domani non posso venire in palestra. Mia madre ha organizzato una giornata in famiglia."

"Mmmm ..."


Sarà vero?


Deve credergli?




Rimane in ascolto del silenzio indeciso di Kaede.



"Tranquillo, ci vediamo domenica. Ci sarai?"

"Che scemo. Certo che ci sarò! Sono tornato apposta."

"... già ..."

"Sarò sugli spalti."



Si rattrista, strappando involontariamente una piccola ciocca dolorosa.



"Così lontano ..."




"Ci sentiamo domani?"

"Certo, ti chiamo io dopo gli allenamenti."

"Sì."

"Buonanotte, Kaede."

"..."

"..."

"... buonanotte, Hanamichi ..."


Chiude la chiamata per primo, gettando il telefono lontano, in mezzo alla stanza. Si mette supino, coprendosi gli occhi con una mano.


Si maledice.


Kaede è proprio lì, a pochi isolati di distanza, lo può raggiungere facilmente. Forse voleva addirittura chiedergli di andare da lui, stava cercando di invitarlo ...


Trema.


Di rabbia.


E' a mille kilometri di distanza dal Momiji, lontano dalla sua rete di sicurezza. Non è ancora guarito e lui non ha saputo fare altro che comportarsi da perfetto stronzo ... fissa il soffitto, ingoiando il sapore della sua immaturità.

Kaede è vicino, molto vicino, addirittura nella sua stessa città. La stessa di Sendoh ...




°°°°°°°°°°°°°°°°°°




Posa il cellulare sul comodino, carezzando Nao placidamente addormentato sul suo stomaco. Fissa il gattino in parte confuso e in parte turbato.


Hanamichi è cambiato.


Poco alla volta, chiamata dopo chiamata. Si è fatto più freddo e scostante.

Torna a fissare il telefono, distendendo le gambe sul caldo copriletto azzurro, infila gli auricolari nelle orecchie accendendo senza convinzione il walkman. Si chiude in se stesso, colpevole. Solleva il braccio destro osservando il braccialetto scivolare sul polso.



"Se solo fossi riuscito a ottenerti prima ..."




Sposta lo sguardo triste sulla foto dello Shohoku al Campionato Estivo, a stento riconosce i suoi compagni. Tutto gli appare così strano, diverso. Quella camera non la sente più sua. Così come il letto e il bagno.


Si sente un estraneo.


Anche con i suoi genitori o con Nao ... non si sono visti per un mese intero: la mamma sembra aver recuperato un po' di peso, ma ha il viso più stanco di come lo ricordava, mentre papà ha i capelli più bianchi. E' sicuro che a ottobre non fossero così numerosi e le rughe ai lati del naso non erano tanto profonde. Nao, invece, è cresciuto.

Sorride, riprendendo ad accarezzare con maestria il suo manto lucido e soffice.


E Hanamichi? Come sarà? Gli saranno cresciuti i capelli? Li raccoglierà ancora in quell'assurda pettinatura? O li avrà tagliati?


Non gliel'ha mai chiesto.


Sarà migliorato? Di quanto? E i suoi compagni?




Chiude gli occhi.




Li riapre solo quando si accorge del viso di sua madre fare capolino dalla porta della sua camera: "Kaede, sei sveglio?".

"Hn" si solleva pigro, sfilando gli auricolari "Scusa, non ti ho sentita bussare".

Shiori sorride pacata: "C'è un tuo amico. E' venuto a trovarti".

Siede sul letto, rapido, quasi euforico, riscoprendo quel piacevole formicolio al centro dello stomaco.


Hanamichi ...


"Ciao."

Si scontra con l'alta figura del capitano del Ryonan che, placida, sovrasta quella più esile di sua madre.

"Hn, che ci fai a quest'ora?"

"Ah! Scu-scusa ..."

Distoglie gli occhi sotto lo sguardo severo della mamma, ammonito per quell'uscita così scortese e poco educata.

"Prego, Sendoh-kun accomodati. Vi preparo un the."

"Grazie, signora. Non si disturbi, vado via subito ..."

"Nessun disturbo."


Akira rimane a osservare quella splendida apparizione svanire nell'aria calda del corridoio. Così silenziosa, così leggera ...


"Siediti dove vuoi, tranne che sul letto."


Si volta verso il kohai: un incomprensibile broncio deluso ne increspa la perfezione dei suoi lineamenti.


Sorride.


La stanza di Rukawa è pulita e ordinata. Essenziale.



"Siediti dove vuoi, tranne che sul letto."





Si avvicina serafico alla scrivania, sedendosi senza fretta sull'unica sedia presente: "Scusa per l'improvvisata, abbiamo finito gli allenamenti più tardi del previsto".

"Mmmm ..."

Kaede piega la nuca di lato, scrutandolo con quei suoi occhi così neri. Akira ha imparato che lo fa ogni qualvolta intenda accertarsi della sincerità di chi ha di fronte. Con lui si sente sempre nudo, gli è impossibile nascondersi dietro a un sorriso, per quanto allegro e sincero.

Abbassa le palpebre sui fogli che tiene in mano, sporgendoli tranquillo: "Tieni, sono gli appunti di Hikoichi", si accorge solo in quel momento del gatto immobile fra le braccia dell'asso avversario, intento a scrutarlo con la medesima severità del padrone, "Ah! Che bel gatto ... come si chiama?".

"Nao."

Rukawa afferra i documenti leggendoli interessato.

"Sono gli appunti che ha raccolto Aida in questi mesi sulle squadre della prefettura e di quelle che hanno partecipato al precedente Campionato Estivo."

"..."

"Come vedi, nel Sannoh non c'è più Sawakita. E' partito per gli Stati Uniti."

"L'ho saputo."

"Già ..." poggia le braccia sulle ginocchia, sporgendosi verso il compagno più giovane, indicando una fotocopia in particolare: "... questa è la squadra di Goto, si è aggiudicata l'accesso al Campionato Invernale".

"... hn ..."

"..."

"... è inutile starci a pensare troppo, tanto prima o poi lo dovremo comunque affrontare. Così ci togliamo subito il pensiero."

Akira sorride triste: "in realtà solo uno di noi due", mantiene fisso lo sguardo in quello di Rukawa. Ormai sa che ha compreso il vero motivo della sua visita.

Kaede posa i fogli di fianco, soffermandosi un attimo a raccogliere le parole. Senza allontanarsi.

"Se stai chiedendo la mia benedizione per lottare contro lo Shohoku senza contenerti, te la puoi scordare."

"Checcosa?!"

"Hn" Kaede incrocia le braccia sul petto drizzando la schiena "Se poi mi facessi il piacere di lasciarci vincere con trentun punti di vantaggio te ne sarei profondamente grato".

"Trentun punti di vantaggio?!" Akira si raddrizza a sua volta, quasi saltando sulla sedia "Ma ... così lo Shohoku si guadagnerebbe l'accesso al Campionato ...".

"Però avresti la mia gratitudine."

Il numero sette del Ryonan si trova suo malgrado a grattarsi imbarazzato una guancia: "Non sarei dovuto venire ...".

"Concordo."

"Ah! Bruto!" Sorride sotto lo sguardo ironico dell'altro, fissando, per un momento soltanto, il braccialetto verde scivolare da sotto la manica bianca della tuta.

Spegne il sorriso in un'espressione sincera e dispiaciuta, volge le iridi sulla fotografia accanto a lui: lo Shohoku al gran completo il giorno della vittoria contro il Sannoh.



"Sarebbe stato bello andarci insieme ..."




Si distende contro lo schienale, mettendo entrambe le mani intrecciate dietro la nuca. Osserva in silenzio Rukawa riprendere gli appunti, leggerli attento e concentrato. Completamente rapito, dimentico della sua presenza.

Torna a sorridere sereno, affatto offeso dal comportamento della matricola. Sta bene con lui, è piacevole passare il tempo in sua compagnia. Sa ascoltare, senza giudicare, a volte con un'ingenuità disarmante.

Anche se non l'ha mai chiesto, anche se ha sempre fatto di tutto per mostrarsi fallibile agli occhi dei suoi compagni, ha finito con l'essere idolatrato. Tutti lo cercano, ma con nessuno è riuscito a cucire un rapporto di vera amicizia.
Ci sono giorni in cui si sente irrimediabilmente solo, e soggiornare nel dormitorio della scuola, poi, non è certo di aiuto: la famiglia lontana, a Tokyo, così come gli amici d'infanzia. Eppure ... eppure quella di andare a studiare al Ryonan è stata una sua precisa scelta, non può recriminare su nulla.

Respira l'aria tiepida della stanza di Rukawa, socchiudendo gli occhi, stanco.


L'odore di una casa, il profumo di una famiglia seppur spezzata.


Non ricorda più il numero di ragazze con cui è stato negli ultimi due anni, nel vano tentativo di riempire il vuoto che si porta dentro. All'inizio erano coetanee, ammiratrici che non mancavano d'incitarlo a ogni partita e che lo seguivano ovunque andasse. Era divertente ma anche stancante, e alla fine veniva rabbiosamente scaricato dopo un paio di uscite ...


"Non è possibile! Non sei il Sendoh che credevo!"




Già ma qual era il Sendoh che pensavano di conoscere? Allora aveva provato ad avvicinarsi a ragazze più mature, forte del suo bell'aspetto e di un'innata disinvoltura. Anche in questo caso il risultato non mutava. Troppo immaturo e impacciato.

Dunque, non andava mai bene: o era troppo fissato con il basket, incapace di prestare le dovute attenzioni, o era poco più di un ragazzino da coccolare, con cui divertirsi una notte soltanto ... in fondo, desiderava solamente un po' di compagnia, nulla di più.

Torna a guardare la figura composta di Rukawa. Anche lui è solo e per motivi molto simili ai suoi. Venerato, forse più di lui, ammirato e invidiato ma sostanzialmente solo.

Distende i lineamenti del viso, tranquillo e sereno, in questo momento della sua vita sta bene così, non desidera altro: giocare a basket, divertendosi e dando il massimo.
Rukawa lo sprona continuamente a migliorarsi, a non perdere la concentrazione e a non abbassare la guardia, mai. Con lui non può permetterselo, è questione di un attimo, di una distrazione, e quello lo scavalca come nulla fosse. Senza fatica apparente.

Per cui ha deciso di dare un freno alle sue folli uscite, alle storie occasionali terminate sempre con un rifiuto. Gli basta coltivare quell'insolita amicizia, senza troppi pensieri e vedere dove lo porterà.

Si volta in direzione del basso bussare, alzandosi l'istante in cui la madre dell'ex numero undici varca la soglia con un vassoio laccato in mano: "Il the è pronto".

"Ah, grazie mille."

Si fa da parte, rinfrancato dal dolce profumo di iris della giovane donna unito a quello speziato del the.

"Spero ti piaccia alla cannella. E' il preferito di Kaede."

Sorride mettendo entrambe le mani nelle tasche dei jeans, insolitamente intimidito: "Ah ... alla cannella va benissimo, la ringrazio infinitamente".

Rimane in disparte mentre la osserva posare il vassoio sulla scrivania, soppesando in silenzio una piccola scatoletta trasparente. Akira impiega qualche secondo a riconoscerla come un dosatore di pillole automatico.

Shiori ne estrae due pasticche: "Kaede, è l'ora".

Le porge al figlio assieme alla tazza, restando immobile a osservarlo con attenzione ingoiare le medicine. Akira abbassa le palpebre imbarazzato, fermandosi solo in quel momento a pensare alla tragedia che ha travolto quella famiglia. Torna a fissare la schiena minuta della madre di Rukawa, il suo collo flessuoso e le spalle strette.

Stringe le labbra, incapace di sorridere.



"Come fa a respirare ancora? Quanta forza ci deve mettere per alzarsi ogni mattina?"




Improvvisamente si sente in colpa per essersi precipitato a casa dell'asso avversario, ancora una volta per trovare la giusta motivazione a giocare con tutte le sue forze.

Risponde al commiato cortese della madre di Rukawa con cenno della testa, per poi tornare a sedersi al suo posto, questa volta più mesto e indeciso.

Si scontra quasi subito con lo sguardo freddo e severo del kohai.


"Che c'è?"

"Ah ..." afferra la sua tazza, perdendosi a contemplare il liquido scuro, "... no, è che ... stavo pensando a quanto tu e tua madre vi assomigliate ...".


Ancora, Rukawa inclina la bella nuca corvina all'unisono con il micio.


"E' davvero bellissima."


Registra appena il fulmineo scatto del gatto, trovandoselo addosso rapido e letale: gli occhi verdi socchiusi e una zampa poggiata sul cavallo dei pantaloni.


"Ah! Ru-Rukawa ... il ... il gatto ..."


Ma il giovane compagno non si scompone, beve il suo the in tutta calma interrompendosi di tanto in tanto per raffreddarlo con il suo soffio: "Hn ... dimmi solo se devo dare l'ordine a Nao di attaccarti o ti basta una secchiata d'acqua gelida. E' di mia madre che stai parlando, idiota".

Ingoia a vuoto, come il più grande dei cretini, con una tazza di the bollente in una mano e un gatto che tiene le sue parti intime in ostaggio.

"Va ... va bene così. Non ce n'è bisogno, era per dire ..."

Rukawa lo fissa da sotto la frangetta, schioccando la lingua soddisfatto: "Nao".

Akira torna a respirare solo quando il tenue peso del gattino scompare, come se non fosse ma stato lì ... lo vede tornare accanto al padrone, perdersi nelle sue sapienti carezze, quasi non si fosse mai mosso.

Sorride rallegrato bevendo il liquido caldo in un lungo, profondo, sorso. Osserva non visto l'altro riordinare con cura i fogli sparsi sul letto.

"Lo Shohoku ha giocato bene."

"..."

"Miyagi e Mitsui hanno fatto un ottimo lavoro con la squadra, l'hanno compattata, resa più unita."

"... sì ..."

"Anche Kakuta è migliorato molto, si vede che Mitsui l'ha preso sotto la sua ala, mentre Yasuda si è rivelato fondamentale in molte occasioni. Ho riconosciuto lo stile di Miyagi."

"..."

"Sakuragi, poi, è un demonio. La sua capacità in difesa è migliorata in maniera impressionante", sorride, finalmente Rukawa lo guarda interessato, "Hanno giocato due ottime partite. Certo, con il Fukakusa sono partiti un po' in difficoltà ma poi si sono ripresi. Contro il Kaynan hanno messo in campo tutto: velocità, destrezza, astuzia ...".
Torna ad appoggiarsi allo schienale, mani intrecciate dietro la nuca e sguardo rivolto al soffitto: "... ma nel Kaynan giocano ancora quelli del terzo anno, la vecchia formazione è rimasta intatta e questo significa ...".

"... Maki ..."

"... già, Maki. Inoltre l'altezza media della tua squadra si è notevolmente abbassata senza di te e Akagi. Mi dispiace per com'è andata, ma lo Shohoku non ha nulla da rimproverarsi. Hanno giocato bene. Anche contro lo Shoyo, nulla da dire, purtroppo il divario di altezza e di esperienza ha giocato a favore della squadra di Fujima. Ti assicuro che Sakuragi si è superato in quella partita."

"... lo so ..."

Guarda il super rookie di Kanagawa, sollevando un sopracciglio sorpreso: "L'avevo già notato durante l'amichevole, da quando siete così amici voi due?".

Rukawa non risponde, lo fissa con uno sguardo per lui indecifrabile. Silenzioso. Akira si accorge di un sottile velo di stanchezza che gli appanna le iridi di ossidiana.



"Le medicine ..."




Si solleva con un unico movimento deciso: "Dunque ... io vado", infila le mani nelle tasche dei jeans sorridendo tranquillo, "ci vediamo domenica? Verrai alla partita?".

Rukawa lo imita, più stanco e annebbiato: "Sì, sarò sugli spalti con i miei genitori".

"Ah!"

Abbassa lo sguardo sotto quello severo dell'altro: "Stai di nuovo fantasticando su mia madre?".

"No! No! Giuro! Non gettarmi addosso il gatto! Domani avrò allenamenti tutto il giorno! Sono un bravo ragazzo!"

Si volta pronto a uscire, tentando di battere in velocità la piccola belva già pronta all'attacco.

Si ferma solo quando avverte il richiamo calmo e un poco impastato del ragazzo dietro di lui: "... gli appunti di Aida ...".

Si gira appena, tranquillo: "Tienili tu, sono fotocopie. Tranquillo, vi potranno servire se domenica perderemo di trentun punti!".



...



Respira l'aria fredda e umida della sera, chiudendosi infreddolito nel giubbotto stretto addosso.

Si volta e s'inchina innanzi alla madre di Rukawa: "Grazie per l'ospitalità. Scusate ancora per l'ora".

Shiori si stringe nel pesante golfino di lana, sorridendo tranquilla: "Nessun disturbo, Sendoh-kun, torna ancora a trovarci".

Si solleva scontrandosi con lo sguardo attento del kohai e della sua malefica fiera accucciata sulla spalla sinistra, attenta e pronta saltare. Scoppierebbe a ridere, se non fosse subito dopo preso per pazzo dalla bella mamma di Rukawa.

Si limita a sporgere una mano nella direzione del ragazzo più giovane: "Che vinca il migliore".

Kaede rimane fermo un attimo ancora, prima di ricambiare la sua presa con una altrettanto sicura: "Hn".

Akira pensa che se l'asso avversario scendesse in panchina, domenica, tanto basterebbe a destabilizzare il Ryonan e allora, forse, lo Shohoku avrebbe una possibilità in più di vincere. Vorrebbe dirglielo, forse dovrebbe dal momento che pensa a lui come a un amico, l'unico, ma non lo fa. Si limita a fare un passo indietro, stringendosi nelle spalle.



"Mi spiace, prima il dovere ..."




Shiori sorride dispiaciuta: "E' molto tardi. Mio marito era stanco per il viaggio e si è addormentato sul divano, altrimenti ti avrebbe accompagnato a casa con la macchina. Mi spiace ...".

"Nessun problema, signora, dico davvero. Sono abituato a rientrare a quest'ora, faccio ancora in tempo per l'ultimo treno. Allora ...", Akira indietreggia allacciando lo sguardo con quello del compagno, "... buonanotte".

"Sì."

Sorride, voltandosi e chiudendo dietro di sé il basso cancelletto bianco, camminando tranquillo attraverso le strade silenziose del piccolo quartiere di bianche villette in stile occidentale.



...



Shiori rimane muta a scrutare il cancello chiuso, prima di stringersi al braccio del figlio: "Domani vuoi andare dai tuoi compagni?".

Avverte lo sguardo di Kaede avvolgerla dall'alto: "Hn ... no, domani sarò impegnato con una festa a sorpresa in famiglia".

Rafforza la presa, ridendo sommessamente: "... noooo ... papà te l'ha detto ...".

Incrocia le iridi con quelle del figlio, trovandole umide e calde: "Tranquilla, farò finta di essere sorpreso".

Allarga maggiormente il sorriso, poggiando la fronte su quella spalla forte e salda: "Bentornato, Kaede".

"Hn."

Si volta pacata, lasciando risuonare i zoccoletti in legno sul selciato di casa: "Mi aiuti con papà? Non voglio lasciarlo dormire sul divano ed è sempre di cattivo umore quando qualcuno disturba il suo sonno ...".

"Ha tutta la mia comprensione."

Kaede rimane in ascolto della fresca risata di sua madre, alzando lo sguardo al cielo notturno: le luci dei lampioni e della città nascondono le stelle. Al Momiji è facile perdersi nella volta celeste, lo fa sentire connesso all’Universo in tutta la sua interezza e complessità.

Chiude gli occhi, inspirando a fondo quell'aria così diversa da quella cui si è ormai abituato e che sente come sua.



"Starò diventando una kitsune? Mpf ... buonanotte anche a te, Ken."





°°°°°°°°°°°°°°°°°°




Hanamichi corre, mordendo l'asfalto senza fermarsi.

Vorrebbe mettersi a urlare con tutta la rabbia e la disperazione che sente dentro e, invece, riesce appena a respirare.

...


Si era sentito in colpa tutto il giorno per aver ignorato Kaede a quel modo, e dopo quell'ultima telefonata ... senza quasi rendersene conto, si era precipitato in strada sordo alle proteste di sua madre, desideroso solamente di poterlo abbracciare. Toccare.

Kaede era lì a Yokohama, in quello stesso momento, così vicino da poter essere raggiunto con poche falcate ... andare da lui era una necessità dettata dall'istinto, un desiderio conosciuto che gli bruciava le membra.


Doveva farlo, incurante della propria, folle, gelosia e di quel dolore che gli divorava il torace.


Poi ...


... Poi l'attimo prima che trovasse il coraggio per suonare il campanello, ecco aprirsi il pesante portone permettendo all'alta e serena figura del capitano avversario di uscire nella fredda notte autunnale.

Sendoh che era andato da Kaede.


Di nuovo.


Sendoh che si congedava amabilmente dalla giovane e bella madre di Rukawa, quando lui non era mai riuscito a far altro se non abbassare lo sguardo imbarazzato di fronte a lei.


Sendoh ... così più maturo, più bello e talentuoso ... e, forse, era stato addirittura invitato ...


Hanamichi avrebbe voluto urlare contro Rukawa chiedendogli cos'avessero fatto in camera sua mentre i genitori erano discretamente chiusi in soggiorno.


Non era riuscito nemmeno a varcare la soglia del cancelletto, palesando la propria presenza, marcando il territorio.


Terrorizzato dalla risposta. Da un suo sguardo infastidito.


Aveva indietreggiato fino ad accucciarsi dietro alla bassa siepe di casa Rukawa, e poi più indietro, nascosto dal muretto di un vicino, sperando di non essere visto.


Che idiota!


Infine, si era strappato veloce via di lì, correndo a perdifiato attraverso le vie assonnate del quartiere, pompando tutta quella la rabbia nelle gambe, prima che il respiro uscisse in un inequivocabile singhiozzo strozzato ...


...


Chiude gli occhi, rovescia la testa all'indietro. Avverte i polmoni bruciare ma continua a correre, senza fermarsi. Lontano da quella casa, da quel cancello, dalla figura serena di Sendoh, da quella scarmigliata di Kaede, da quel quartiere così maledettamente ordinato e pulito ... supera l'incrocio senza rallentare, oltrepassa la prima casa, la seconda, la terza, poi smette di contarle. Continua a correre fino a quando non vira di colpo a sinistra, buttandosi nel buio vicolo che costeggia il loro campetto. Si ferma perché non ce la fa più.


Sta per vomitare.


Si piega in avanti sorreggendosi alla rete metallica, ondeggiando avanti e indietro. Fissa le punte graffiate delle sue vecchie scarpe, liberandosi in un singhiozzo strozzato.


Fa male. Fa dannatamente male ...




"Cazzo..."


Singhiozza ancora e ancora ... sbatte il pugno contro la rete più volte, sempre più rabbioso, sempre più disperato.


"Cazzo! Cazzo!!! Cazzo!!!"


E continua così, fino a quando non avverte un lento scalpiccio alle sue spalle. Indietreggia spaventato, ammantandosi della notte.
Sendoh gli passa davanti, tranquillo e serafico, con le mani nelle tasche della giacca abbottonata e piccole nuvole di vapore che si condensano attorno alla bocca distesa.


Quella bocca ... quanto di Kaede ha assaporato? Quanto succhiato? Morsicato?


Hanamichi socchiude gli occhi, pericolosamente calmo: "Ti ammazzo".


...


Si rende conto solo dopo che avrebbe potuto ammazzarlo per davvero. Quando Sendoh gli giace innanzi, piegato contro la rete del campetto, con il respiro irregolare, spezzato, e lui si guarda le mani: le nocche sbucciate, macchiate di sangue non suo. Tremano senza che lui riesca a fermarle.

Torna a guardare il ragazzo rialzarsi, regalandogli la vista del suo bel volto devastato e un lampo confuso irradiarsi nelle iridi incredule: "... Ugh ... Cough ... Sak ... Sakuragi?! ...".


Hanamichi indietreggia terrorizzato.



"Cos'ho fatto?!"




Rimane immobile mentre l'altro si addossa alla rete, piegato sulle ginocchia, sputando sangue.

Hanamichi si volta in direzione dell'incrocio lontano, temendo, per un istante, di vedere Kaede correre in soccorso dell'asso avversario.


Non c'è nessuno.


Chiude gli occhi, poi li fissa in quelli gonfi del rivale: "Che ti serva di lezione. Stai lontano da lui".


Akira zittisce ogni altra domanda. Non comprende le parole di Sakuragi, ancora una volta ne coglie solo l'impatto, l'intonazione perentoria. Poi rimane in ascolto del suo basso ringhio e dei passi che, lenti, si allontanano nella notte.



...



Il giorno dopo, per tutto il giorno, Hanamichi lascia il cellulare a casa.



Spento.




°°°°°°°°°°°°°°°°°°




Kaede raddrizza la schiena. Incrocia braccia e gambe sistemandosi più comodamente sulla poltroncina del palasport. Fissa l'attenzione sul tabellone segna punti: il sipario sull'eterna sfida tra Maki e Fujima è stato infine calato.



Kaynan 88 – Shoyo 80.





Inclina la testa pensieroso.

Il Kaynan si è appena aggiudicato il primo posto della prefettura di Kanagawa per il Campionato Invernale con tre vittorie consecutive.

E' stata una splendida partita, sofferta e combattuta; Kiyota è migliorato ancora sia in velocità sia in elevazione, perfezionando la precisione nei tiri da fuori.

Ingoia a vuoto, pare che finalmente abbia avuto il suo momento di gloria, sarà sicuramente riconosciuto come la matricola migliore delle qualificazioni.

Stringe un pugno frustrato, poi chiude gli occhi contando mentalmente: non si sbagliava, allo Shohoku servono almeno trentun punti in più per passare le qualificazioni.

Torna a guardare il campo, osservando senza particolare attenzione gli addetti pulire il parquet lucido.

La partita sta per cominciare e lui non è laggiù con la sua squadra ... assapora il rammarico cercando istintivamente il cellulare, nella tiepida speranza che Hanamichi l'abbia cercato. Ha bisogno di sentire la sua voce in questo momento, scusarsi una volta ancora per non essergli accanto e sentirsi rispondere che va bene così, che penserà a tutto lui, manterrà la promessa fatta: lo porterà al Campionato Invernale ...


Nessuna chiamata.


Nessun messaggio.




Stringe le labbra deluso. Così vicini, eppure così distanti ... la notte passata è stata la prima, dal giorno del ricovero, che non si sono augurati la buonanotte. Quel piacevole rituale è stato bruscamente interrotto, Hanamichi non l'ha cercato e non ha risposto alle sue chiamate. Il telefono sempre spento ...


Non era così che si era immaginato quel breve ritorno a casa.


Riporta l'attenzione sugli spalti opposti nel momento esatto in cui Maki e compagni stanno prendendo posto. Ne incrocia le iridi, rispondendo al discreto saluto del capitano del Kaynan e a quello più mesto di Kiyota.
Cerca il senpai Akagi con Kogure già seduti poco più in basso, non distanti dagli amici di Hanamichi e Mitsui. La tentazione di alzarsi e andare a chiedere loro notizie sull'amico comune gli brucia nel petto ... stringe la lana calda del pullover insicuro e indeciso.


"E' già iniziata?"


Si volta in direzione della voce trafelata di sua madre, rinfrancandosi alla vista della sua figura fresca e leggiadra: "No, devono ancora iniziare il riscaldamento".

Toglie la giacca dai posti accanto al suo, permettendo ai genitori di sedersi. Osserva curioso i sacchetti di patatine e popcorn posati sul grembo materno e le bottigliette d'acqua custodite fra le mani di suo padre: "Hn, guardate che non siamo mica al cinema".

"Eh? Ma lassù c'è una ragazza che li vende ..."

Inarca un sopracciglio, intimamente divertito. Pare quasi una bambina ...


Si volta a guardare il campo l'attimo in cui avverte il chiacchiericcio che li circonda farsi assordante, levandosi in un grido eccitato.


Il Ryonan è appena sceso in campo.


Kaede artiglia i braccioli raddrizzandosi teso.

Stringe i denti. Il cuore ha iniziato a pulsare dolorosamente, aggrovigliandogli lo stomaco.


Vuole essere laggiù. Desidera giocare a basket!



Trema.


Perchè? Perchè Tsutomu non gli ha dato il permesso di giocare? Perchè gli ha imposto di guardare dagli spalti? Perchè non dalla panchina?



Sente le iridi inumidirsi, detestandosi per quella sua debolezza ... e il braccialetto non gli è mai sembrato tanto pesante. Vorrebbe strapparselo di dosso ...


Segue il singulto sorpreso di sua madre, osservando con maggior attenzione il volto di Sendoh: la luce impietosa dei riflettori mette in risalto tutte le sfumature dei lividi sulla sua faccia.


Si volta all'unisono con Shiori guardandola confuso.


"Non sarà successo la scorsa sera, vero? Lo sapevo ... dovevamo riaccompagnarlo in macchina ..."


Kaede non risponde, torna a guardare il capitano avversario intimamente turbato. Abbassa gli occhi, prende il cellulare alla ricerca di una richiesta d'aiuto che non trova ...



...



Koshino si avvicina al capitano sistemandosi i pantaloncini della divisa: "Cominciamo col riscaldamento?".

Akira si volta sorridente, il labbro spaccato ha ripreso a tingersi di rosso: "Direi di sì. Prepariamoci".

"Mmmm ..." Hiroaki fa un rapido cenno d'assenso ai ragazzi della squadra, chiudendosi in un silenzio preoccupato, dà poco credito alla storia del balordo che ha cercato di rapinarlo due sere prima. Chi diavolo potrebbe prendere a pugni a quel modo un bestione di centonovantacinque centimetri per ottanta kili come Sendoh? E poi, cos'è quella storia delle uscite serali?


Sospira.


Era da maggio che Sendoh non usciva più di nascosto, infrangendo il regolamento del dormitorio scolastico ... da dopo l'amichevole con lo Shohoku pareva aver finalmente messo la testa a posto dandosi una calmata. Niente più ragazze, niente più scandali.

Certo, era sempre un inguaribile ritardatario, perennemente perso nei suoi pensieri ma adesso era più concentrato sul gioco e affidabile.

Con lo sguardo cerca fra il pubblico la forza trainante che ha dato inizio a quell'insperato cambiamento: "Sendoh, c'è Rukawa sugli spalti".

"Sì, l'ho visto."

"Chi è quella ragazza?"

"Mh? Dici quella seduta accanto a Rukawa? Eh! Eh! E' sua madre."

"Bella ..."

Akira cinge le spalle del compagno, salutando tranquillo l'asso avversario con una mano: "Gli dei della fortuna sono venuti a vederci giocare, cerchiamo di fare bella figura".

Hiroaki si volta sorpreso e, davvero, non sa dire a chi stia rivolgendo lo sguardo Sendoh in quel momento. Se a Rukawa o alla bellissima donna seduta accanto a lui ...



...



Hanamichi calpesta il parquet lucido seguendo la schiena di Ryota e Mitsui, gli occhi bassi, chiuso in se stesso.

Ignora le urla d'incitamento della Gundan sugli spalti, si sgranchisce afferrando un pallone sporto da Kuwata, rigirandolo fra le mani sbucciate. Sa che lui è lì, percepisce quel suo sguardo così intenso trapassargli la schiena.

Lo sta guardando, forse confuso o, forse, no. Probabilmente è deluso dal suo comportamento o, peggio, ferito.


E se Sendoh gli avesse raccontato tutto?



Stringe le labbra.



A quel punto l'avrebbe perso definitivamente.


Non ha il coraggio di voltarsi per scoprirlo, eppure ... eppure Kaede è lì, respira la sua stessa aria e, se solo lo volesse, potrebbe vederlo ...


Basta girarsi.



Palleggia veloce. Corre verso il canestro. Salta.



Dunk!



Raccoglie la palla, la stringe con forza sollevando colpevole lo sguardo e, finalmente, dopo tanto, lo vede.



Kaede.



Più bello di come lo ricordava. Con gli occhi umidi, nerissimi e luminosi. I capelli lasciati crescere in lunghe ciocche che lambiscono il collo perfetto e la pelle perlacea che ha ritrovato la luminosità perduta ... sorride, non c'è astio o biasimo nel suo sguardo. Solo calore.



"Ha ripreso peso ..."




Solleva un pugno in alto, nella sua direzione, pianta i piedi in terra rimanendo ritto sulle gambe con il pallone sotto il braccio sinistro: "Tranquillo, ti portiamo noi al Campionato".

Mitsui gli si affianca. Senza parlare alza il pugno imitandolo, subito seguito da Miyagi e dagli altri compagni.


"Ah! Kaede, ti stanno salutando!" Shiori mette entrambe le mani sulla bocca, quasi a cercare di frenare l'emozione crescente.

"Hn."

Si volta, divertita dall'evidente imbarazzo del figlio. Felice per quella dimostrazione d'affetto della squadra: "Forse dovresti rispondere, non si muovono da quella posizione ...".

"Non ci penso proprio. Che idioti ..."

Si volta verso il campo, inclinandosi impercettibilmente verso il figlio: "Però ... ah! Anche le manager ... e Anzai-san ... mi sa che devi proprio rispondere ...", senza pensarci solleva il piccolo pugno in direzione dello Shohoku.

"Ma che fai? Ti ci metti pure tu?"

"Ah! Lo striscione, guarda!"

Rukawa segue il dito di sua madre: un lungo lenzuolo bianco è stato appena disteso dagli amici di Hanamichi e Mitsui. Sopra, scritte a mano, due semplici frasi.



"Shohoku 50 punti per la vittoria! Is’t facil!"






"Ma quanto sono cretini!"




"Kaede ...", riporta l'attenzione sulla figura composta di suo padre, "... i tuoi compagni ti stanno pregando di affidargli la vittoria".


Blocca il respiro, sorpreso.



Fiducia.



E' quello che Hanamichi e gli altri gli stanno chiedendo. E' quello che Tsutomu voleva riscoprisse. Per questo motivo era lì, sugli spalti, e non in mezzo a loro. Per dare fiducia, riprendendosi ciò che Kenji gli ha così dolorosamente strappato via.

Serra le palpebre, frenando le lacrime. Commosso.

Si alza in piedi, fissa le iridi liquide di Sakuragi e, con tutta la forza che ha in corpo, solleva il pugno in alto.


"Go!"


...


"Is’t facil? Ma che hanno scritto quegli ignoranti?" Fukuda si avvicina a capitano e vice grattandosi la testa curioso.

"Più che altro quei bastardi pensano davvero di poterci battere con cinquanta punti di scarto?!" Koshino strappa la palla al compagno, dirigendosi verso il canestro, "Gliela faremo vedere cosa significa sottovalutare il Ryonan!".

Sendoh sorride divertito. Osserva Rukawa tornare a ricomporsi sulla poltroncina, palesemente a disagio. Lo sguardo fisso sulla sua squadra, fermo sul numero nove.

"Mi sa che il dio della vittoria non è qui per noi."

"Eh?!" Fukuda lo guarda confuso e Akira non può fare a meno di allargare ulteriormente il proprio sorriso nonostante le ferite gli brucino ancora.

Una pacca decisa sulla spalla del compagno, poi si tuffa in mezzo alla squadra iniziando il riscaldamento: "Mettiamocela tutta!".


...



"Sta per cominciare il secondo incontro di oggi ..."




Una dolce ma decisa voce femminile risuona amplificata nel palazzetto, invitando i presenti a prendere posto in silenzio.


"... il liceo Ryonan scende in campo contro il liceo Shohoku. Passiamo a presentare le due formazioni in campo ..."




"Inizia! Sono così emozionata!"

Kaede ingoia in silenzio, senza più rispondere all'entusiasmo crescente di sua madre o delle persone che lo circondano. Completamente assorto. Concentrato.


"Cominciamo dallo Shohoku, con l'uniforme rossa. Numero 4! Ryota Miyagi."




Il capitano si avvicina ai compagni schiaffeggiando il cinque a turno. Sorride fiero, risistema i polsini, scambia una rapida battuta con Ayako, poi scende in campo.


"Numero 5! Yasuharu Yasuda."




"Vai Yasu! Dacci dentro! Siamo tutti con te!"

Allarga le palpebre, intimamente colpito. Sendoh aveva ragione: lo Shohoku si è compattato ancora di più in quell'ultimo mese e il senpai Yasuda pare aver maturato una consapevolezza maggiore.


"Numero 7! Satoru Kakuta."




Kakuta avanza con decisione, determinato. Kaede inclina impercettibilmente la testa, pare essersi irrobustito, sicuramente ha perso quell'aria un poco insicura che si portava sempre appresso.

Senza accorgersene cerca la mano di sua madre, stringendola con forza.



"Ci siamo."




"Numero 9! Hanamichi Sakuragi."




"DACCI DENTRO TESTA ROSSA! SEI TUTTI NOI!!!!"


"FACCI SOGNARE!"



L'ovazione che rimbomba in tutto il palasport è corale. Kaede dischiude le labbra, mentre vede Hanamichi schiaffeggiare con disinvoltura il cinque di compagni e manager per poi raggiungere il centro campo. Senza spacconate o proclami imbarazzanti. Saltellando sul posto, come a scaricare la tensione crescente.


"Forza!!! Sakuragi-kun!" Shiori saluta quel ragazzo così strano a cui deve la vita del figlio, alzando il pugno felice, "Metticela tutta!".


Kaede inspira a fondo, rasserenato. Alla fine Hanamichi non si è più rasato i capelli nè li ha lasciati crescere acconciandoli in quell'assurda banana, si è limitato a un taglio corto e sportivo che gli dona. Anche se, deve ammetterlo, quella scimmia saltellante pronta a vomitare proclami a destra e a manca gli manca un po'.


"Numero 12! Hisashi Mitsui."




"Vai Mitchiiiiiiiiiiii!!!!"

"Fight!"



Mitsui frena la corsa un attimo prima di raggiungere i compagni. Si volta in direzione degli spalti, verso Kaede. Poi torna a girarsi verso un posto lasciato vuoto sulla panchina dello Shohoku, facendo un cenno ad Haruko. La piccola Akagi dispone rapida la maglia con numero 8 di Rukawa sulla panca, mettendoci sopra la foto del compagno.



"Ma che ..."




Una preghiera veloce e l'anima ardente raggiunge gli altri, affiancandosi soddisfatto.

"Tu sei tutto scemo!", l'indignazione di Miyagi è appena contenibile, "Guarda che Rukawa è qui! Ti ho già detto di smetterla con 'sto vizio! E' già abbastanza imbarazzante così ma oggi ci sono pure i suoi genitori! Ci fai fare la figura dei deficienti ...".

Mitsui mantiene lo sguardo fisso di fronte a sè con un appena percepibile broncio sul viso duro: "Abbiamo giurato che l'avremmo portato sempre con noi. Non si abbandona un compagno in difficoltà".

"Sì, ma ci sono i genitori! Lo capisci che è ..."

"Ma la piantate voi due?!", Sakuragi li zittisce con una rapida occhiata fugace, è stranamente serio e concentrato, quasi rabbioso, "Arriva il Ryonan".


"Passiamo ora alla formazione del Ryonan, uniforme bianca. Numero 4. Akira Sendoh."




Il palazzetto si riempie di un'ovazione piena, estasiata, accompagnando l'elegante figura del capitano del Ryonan sul parquet lucido.

Hanamichi muove rapido le iridi verso gli spalti, temendo con tutto se stesso di leggere ammirazione nello sguardo di Rukawa.


Non saprebbe sopportarlo.


"Ehi."


Akira si ferma di fronte a lui, petto in fuori e mani suoi fianchi. Il volto è un arcobaleno di lividi, e Hana non riesce a impedirsi di sentirsi male alla loro vista; registra gli occhi sorpresi dei compagni nel fissare il viso devastato del numero quattro.

"Che ti è successo?" la voce di Miyagi gli giunge sinceramente preoccupata ma il numero quattro avversario non risponde, si limita a chiudersi nelle spalle ruotando il collo indolenzito.
Sakuragi stringe i pugni, nascondendo le nocche sbucciate nelle pieghe dei pantaloncini, impietose testimoni di quanto successo due sere prima. Sa bene che, se Sendoh avesse voluto, avrebbe potuto farlo espellere dalla squadra a tempo indeterminato, forse per sempre. Per quanto ne sa lui, le motivazioni del suo attacco sono state di ragione antisportiva e non dettate dalla sua folle gelosia ... sarebbe bastato che lo denunciasse alla scuola o direttamente alla commissione sportiva per farlo allontanare dai campi di gioco.

Abbassa lo sguardo.


Kaede cosa penserebbe di quella sua azione?


Chiude gli occhi innanzi all'immagine di quelle iridi farsi fredde e dure, cariche di delusione e rimprovero.


"Numero 5. Hiroaki Koshino."




Koshino si affianca al capitano, innanzi a Miyagi, freddo e borioso al contempo: "Cinquanta punti? Siete seri?".

Ryota sorride in rimando: "Solo perchè il nostro asso oggi non è con noi".

"Checcosa?! Ma se siete sull'orlo del baratro ormai!!! Per voi è finita!"


"Numero 6. Tomoyuki Uekusa."




Uekusa si affianca a Koshino ricambiando il pugno, disinvolto.



"Numero 7. Takeo Aoyama."




"Ah! Hanamichi, il samurai."

Sakuragi solleva la testa inchiodando lo sguardo in quello freddo e fiero di Aoyama, ritrovando un po' della sua baldanza: "La katana l'hai lasciata in panchina, samurai?".

Il numero sette si aggiusta il codino, sorridendo beffardo: "Pronto a saltare, Sakuragi?".



"Numero 11. Kitcho Fukuda."




Fukuda si avvicina ai compagni, piazzandosi in silenzio. Visibilmente carico, pronto a sostenere il capitano qualora fosse necessario.

Akira respira col naso gonfio, sorridendo tranquillo, incoraggiando con lo sguardo la squadra: "Prendete posto".

Un attimo prima di allontanarsi avverte il brontolio basso di Sakuragi arrivargli alle spalle, un soffio appena percepibile alle sue sole orecchie: "Immagino debba ringraziarti".

Si volta appena, lasciando trapelare tutta la sua offesa con occhi che pretendono rispetto: "Mi devi molto di più". Poi, come colto da un'improvvisa rivelazione, rimasta nascosta fino a quel momento, cerca e trova il numero otto sugli spalti, "... è così, lui, sarebbe Rukawa?".

Sorride provocatorio allo sguardo impaurito del rosso.


Si risistema la divisa, voltandosi: "Te lo puoi scordare".



"Diamo inizio all'incontro che vede contrapposto il liceo Shohoku al liceo Ryonan!"





"Hanamichi, prendi posizione! Muoviti!!!!"



"Palla a due!!"





...



Hanamichi salta con tutta la rabbia e la disperazione che avverte esplodergli dentro. Su, sempre più su. La mano tesa e lo sguardo fisso sulla palla.



"UOOOOOOOH!"



La schiaffeggia con forza, anticipando Aoyama già in fase discendente.



"Quel maledetto rossino! Quanto salta! Sembra volare!!!!"




La palla viene abilmente intercettata da Miyagi che rapido la porta nella metà campo avversaria, lanciandola sapientemente a Mitsui già piazzato al lato sinistro del canestro, sulla linea dei tre punti. Il numero dodici l'agguanta e salta senza quasi fermarsi.


Parabola perfetta.



Canestro!



Tre punti per lo Shohoku.


E' Sendoh a recuperare la palla, lancia a Uekusa e si dirige rapido oltre la metà campo. Sakuragi, Kakuta e Yasuda sono già disposti a difesa, Miyagi in centro e Mitsui che, rapido, risale in appoggio.



"Arrivano!"




Hanamichi avanza su Uekusa accerchiandolo con Miyagi, mentre Mitsui prende il suo posto in difesa.


"Di qui non si passa, testa rasata!"


Il ringhio di Hanamichi è potente, intimidatorio. Da solo basta a spiazzare l'avversario. Il numero sei passa a Fukuda, tagliando in mezzo al campo ma il passaggio viene prontamente intercettato da Kakuta.


"Grande!"


Kakuta avanza, passa a Miyagi che veloce lancia a Sakuragi, il quale la passa a sua volta a Yasuda.


"Vai, Yasu!"


Il numero cinque tenta di penetrare l'area avversaria, elude Uekusa e tenta il tiro venendo però intercettato da Sendoh. Non perde il possesso della palla, piuttosto rinuncia al tiro lasciandola scivolare in basso verso Mitsui e Sakuragi. Il numero nove recupera palla, ripassandola immediatamente a Miyagi.



"Pensaci tu! Reimposta l'attacco Ryo-chan!"




Il capitano dello Shohoku palleggia veloce, cercando uno spiraglio, un compagno smarcato, ma il Ryonan si è già chiuso in una difesa serrata.


"Maledetti!"


Tenta una serie di finte, prova a svincolarsi dalla marcatura di Uekusa poi passa a Hanamichi.


"Tua!"


Nulla di fatto.

Aoyama, freddo e implacabile, ruba la palla.


"Merda!"


Il Ryonan riparte in attacco. Rapido. Veloce. Letale.

La palla viene lanciata a Sendoh che la passa con abilità a Koshino già piazzato nell'area avversaria.


"Yasu, fermalo!"


Tiro.



Canestro.



Due punti per il Ryonan.


Sakuragi arpiona la palla, la lancia a Kakuta che la passa in alto a Mitsui pronto sulla linea da tre avversaria.


"Bloccate il dodici!"


Sendoh risale per dare manforte a Koshino. Hisashi penetra, tenta il tiro ma all'ultimo finta per Ryota.


Passaggio perfetto.


Il numero quattro dello Shohoku lancia a Yasuda alla sua sinistra. Hanamichi e Kakuta sono già pronti sotto il canestro.

Il numero cinque afferra rapido la palla, fermo sulla linea dei tre. Salta e tenta il tiro.


"RIMBALZO!"


Hanamichi, Kakuta, Aoyama e Fukuda saltano all'unisono ma è Sakuragi ad avere la meglio.


"ENTRA DENTRO MALEDETTA!!!!!!!"



Dunk!




"Uah!" Shiori batte le mani eccitata, non ricordava più quanto fosse bello assistere a una partita di basket, eppure, quando era al liceo, andava spesso a vedere Macchan giocare, "Forza Shohoku!".

Kaede rimane muto, immobile, mentre le iridi vibrano in fibrillazione. Trema. Non c'è una sola cellula del suo essere che non stia urlando in questo momento, gridando con tutta la forza che possiede un'unica, inascoltata, supplica: "Fatemi giocare con loro!".


...


Sendoh avanza verso l'area avversaria, è circondato da Sakuragi e Yasuda, si abbassa, palleggia con destrezza cercando un varco per passare. Lo trova. Elude il numero cinque penetrando ulteriormente, tira a canestro e Fukuda salta in una combinazione perfetta.


Halley hop.



Canestro!


"EVVAI!!!!! MITICI!!!!!!"


Akira e Kicchou si scambiano un cinque veloce, risalendo immediatamente in difesa.

Hanamichi agguanta la palla passandola al proprio capitano, correndo in attacco assieme agli altri.

Un solo pensiero invade la sua mente.



"Lui è qui! Mi sta guardando. Non posso perdere!"




Corre.


Salta.



Impreca.



Corre ancora ... Sendoh sempre davanti con i suoi lividi, la sua voglia di rivalsa, la sua classe innata. Hanamichi non si è mai sentito così, neppure quando pensava di amare Haruko e di odiare Kaede. Neppure allora si era visto tanto immaturo e inadeguato ... ma adesso? Come competere con un rivale di quel calibro?

Muove le iridi in direzione degli spalti, verso la sua volpe fissa sul gioco.



"Guarda me. Ti prego, guarda solo me ..."




Sendoh agguanta la palla lanciandosi verso il canestro, divorando il parquet con una rapidità tale da lasciare indietro tutti gli altri.


Solo.


Lui e la palla come compagna ...


Proprio come Kaede.



Paiono fatti della medesima sostanza ...



"HANAMICHI FERMALOOOOO!!!!"


Sakuragi lo insegue spinto dalla sua stessa disperazione, raggiungendolo l'attimo esatto del salto: "UAAAAAAH!".



FIIIIIIIIII!!!!




WOSH!!!!





"Basket count! Fallo del numero nove dello Shohoku! Un tiro libero!"


Hana atterra e solleva il braccio remissivo. Respira a fatica. Sconfitto.



"Merda! Merda! Merda!"




"Accidenti ..." Mitsui gli si affianca grattandosi la nuca, "... è riuscito a fare canestro nonostante gli fossi addosso ...".

"Fa niente, Hanamichi, non ci pensare. Mettiamoci in posizione e manteniamo il ritmo", Miyagi schiaffeggia pivot e guardia sulla schiena, invitandoli a muoversi.



...



WOOOOSH!!!!



Il rumore della palla che sfiora la rete è insopportabile alle sue orecchie, è come una campana che, a ogni rintocco, rammenta a tutti i presenti la sua impotenza.

Cerca Kaede.



"Guardami ..."




"Ehi" si volta, sorpreso, in direzione della voce pacata di Sendoh. Akira solleva il dito verso il tabellone: "Siamo venti a ventitré per noi. I cinquanta punti in più sono lontanucci, cosa ne dici di cominciare a concentrarti sul gioco?".

Riporta l'attenzione sui suoi compagni pronti a partire: "Io non sono Rukawa, questi giochetti non funzionano con me". Afferra la palla, lo sguardo diretto al canestro avversario: "Oggi io ti annienterò", poi scatta in avanti, verso la sua squadra, pronto ad afferrare la vittoria ...



...



Ryonan 36 – Shohoku 31





Il primo tempo scivola così, fissandosi in quel risultato duro e indifferente.

Kaede volge lo sguardo sul campo deserto per poi spostarlo sullo striscione appeso: "Shohoku 50 punti per la vittoria! Is't facil!".


Chiude gli occhi.



"Ce la faranno."




"Kaede hai fame?"

Si volta verso sua madre, rifiutando le patatine offerte: "No, grazie".

"Sicuro? E' quasi ora di pranzo ..."

Sospira paziente: "Tranquilla, mangerò più tardi".


Torna a guardare il campo, chiuso in se stesso.



"Rukawa?"



Si alza d'istinto al richiamo cauto di Akagi, fermo accanto alla poltroncina occupata da suo padre: "Senpai".

Raggiunge l'ex capitano e Kogure, salutandoli pacato. Insieme, si allontanano avvicinandosi alla balaustra di ferro.

"Ti trovo bene, hai ripreso peso", Kogure sorride benevolo sotto lo sguardo silenzioso di Rukawa, rinfrancandosi nell'averlo ritrovato nuovamente in salute, "Come ti sono sembrati i ragazzi?".

Kaede poggia entrambe le mani sul parapetto, ispira a fondo l'aria calda del palazzetto, inclinando impercettibilmente la nuca corvina: "I senpai Miyagi e Mitsui hanno fatto un lavoro encomiabile".

Akagi sorride con gli occhi, mani in tasca e sguardo perso sul campo: "E' duro non poter giocare con loro".

Una constatazione, quella, a cui Rukawa non può fare a meno di assentire con slancio, nascondendo subito dopo le iridi dietro la lunga frangia.

Lento, si volta alla ricerca di una complicità che trova con l'imponente compagno fermo al suo fianco: "... ma forse è grazie alla nostra assenza che Sakuragi, Yasuda e Kakuta hanno potuto migliorare così tanto ...".

A Takenori pare di vedere Kaede sorridere sereno, senza più nascondersi, ma è solo un attimo prima che quel viso torni serio anche se privo di tensione. L'ex numero quattro si appoggia a sua volta alla ringhiera, sorridendo in rimando: "Sei cambiato. Pare che il ricovero ti abbia giovato".

"Akagi!" Kogure gli si affianca ansioso, abbozzando uno sguardo imbarazzato in direzione dei genitori di Rukawa.

Il kohai non pare offeso o infastidito, al contrario, si piega in avanti poggiando il viso sul palmo di una mano, tranquillo.

Kiminobu risistema gli occhiali prima di domandare un impacciato: "Quando parti?".

"Domani mattina."

"Ah ... di già?"

"Si, il permesso è di pochi giorni. Devo continuare con le terapie."

"..."

"..."

"..."

"E la neve? E' già arrivata a Chitose?"

"... Mmmm ... No. Fa più freddo in confronto a qui, ma ancora niente neve. Probabilmente per Capodanno."

"..."

"..."

"..."

"Riesci a giocare a basket?"

"C'è un piccolo campetto. Mi alleno ogni giorno."

"Bene."

"Dopo la partita, andiamo tutti in palestra. Ayako e Haruko hanno preparato un piccolo buffet per festeggiare la vittoria. Vieni con noi?"

"... va bene. Grazie."

"E dello striscione che mi dici?"

Kaede solleva un sopracciglio in un gesto eloquente.

"Cosa vuoi che dica?" Akagi sbuffa esasperato, roteando gli occhi verso l'alto, "Quegli invertebrati sono riusciti a convincere le ragazze a scrivere quella stupida frase! Non si capisce neanche cosa vogliano dire! E' facile o non lo è? Per la miseria! Mitsui è addirittura in terza!".

Ancora, a Takenori pare di intravedere un pallido sorriso sul volto di Rukawa, il tempo di un batter di ciglia e il kohai torna statuario e concentrato.

"Mi piace come stanno giocando." Kaede non stacca gli occhi dal tabellone, ha parlato con tono pacato, sereno, forse addirittura fiducioso, "Magari cinquanta punti no, ma se riescono a farne altri trentasei senza più prenderne, riusciranno a passare le qualificazioni. Sono a metà strada. Più o meno ...".

Akagi si schiarisce la voce, improvvisamente arrochita da un'emozione profonda: "Se avessero giocato così sin dall'inizio, avrebbero sicuramente vinto contro lo Shoyo. Purtroppo erano in rodaggio e sono migliorati partita dopo partita ... hanno ... hanno fatto passi da gigante, sono sbalordito".

"Già ... possono ancora farcela. Non è detta l'ultima parola."


Rukawa si risolleva sgranchendo la schiena nel momento esatto in cui le squadre rientrano in campo.



Inizia il secondo tempo.



Incrocia le iridi incerte di Hanamichi.

Solleva senza esitazione alcuna il pugno fendendo l'aria deciso, subito imitato dai senpai al suo fianco.



"Go!"



...



Sakuragi e compagni prendono posto in campo seguiti dai membri del Ryonan.

Hanamichi respira tensione, avvertendo il peso della promessa fatta alla sua volpe. Tutta la responsabilità e il folle desiderio, mai sopito, di mutarsi nel bianco cavaliere dall'armatura scintillante pronto a esaudire ogni più piccolo desiderio dell'amato ...



"Se vinco, diventerò il suo eroe e Sendoh non sarà che un brutto ricordo!"




"Ehi, posso chiederti a cosa stai pensando? I cinquanta punti sono sempre più lontani ..."

Si volta verso il numero quattro bianco, pronto a scattare: "Chiudi quel forno! Animale! Ti ho già detto che questi giochetti con me non funzionano!".

Akira sorride intimamente divertito, piega le ginocchia molleggiando un paio di volte. Sposta rapido lo sguardo in direzione degli spalti: "Ah! Rukawa ci sta guardando!", morde debolmente il labbro ferito cercando di non sciogliersi in un'inopportuna quanto temeraria risata l'attimo in cui la scimmia rossa lo segue spaventato, quasi terrorizzato.



"Che scemo! E' troppo facile prenderlo in giro!"




"Hanamichi, che diavolo combini! Vuoi concentrarti!"


Sakuragi scuote la testa più volte piazzandosi in centro. Aoyama pronto a saltare, fisso su di lui. Freddo e implacabile.



"Palla a due!"





...



Ancora, il numero nove ha la meglio sul pivot del Ryonan, agguantando per primo la palla e passandola deciso all'indietro, nelle salde mani di Kakuta.



"Maledizione a quella scimmia! Come diavolo fa?!!!"




Il sette rosso passa immediatamente a Mitsui, pronto sulla linea da tre avversaria. Finta a sinistra, poi a destra, infine la guardia passa la palla a Sakuragi mentre si dirige rapido e solo a canestro.


Hanamichi salta e ...



"Fermalo Aoyama!!!!"




DUNK!!!!




"EVVAI!!! MITICO SAKURAGI!!!!!!"



"IIIIIIS'T FACIIIIIIL!!!!"



Dalla panchina dello Shohoku tutti i ragazzi si alzano all'unisono, saltando sul posto. Ayako e Haruko si scambiano un cinque solidale, sorridendo rinfrancate.


"CORAGGIO SAKURAGI!!! FIGHT!"


Kaede sorride con gli occhi, risistemandosi sulla poltroncina. Mai avrebbe immaginato che quella stupida frase, pronunciata in una mattina come tante, sarebbe diventata il motto di quella banda di scapestrati; e non fatica a immaginare chi sia l'idiota che l'ha ripescata dal calderone dei ricordi dopo tutto quel tempo ...



"Quanto sei cretino ..."




Con la mente torna a quelle mattine, a quel loro piacevole incontrarsi, cercarsi, avvicinarsi ... fissa la schiena del numero nove, promettendosi di chiarire cosa si sia incrinato fra loro in quell'ultimo mese. Deve farlo assolutamente prima di partire per Chitose, e non gli restano che poche ore.



...



Fukuda passa a Uekusa che rilancia a Koshino poi, in un sincrono perfetto, scattano all'attacco. La guardia del Ryonan arriva nella metà campo avversaria portando la palla a Sendoh, il quale penetra e, nonostante la marcatura di Sakuragi e Kakuta tira.


Canestro.


"Merda!"

"Dai! Non fermiamoci! Attacchiamo!" Ryota passa a Mitsui che fagocita il campo con poche rapidissime falcate, salta, lancia... tiro da tre punti.



WOSH!!!!



Koshino rimette la palla in gioco passandola a Sendoh, il quale elude prima Mitsui e poi si dirige implacabile verso Yasuda. Si ferma - i compagni in posizione - passa a Fukuda che penetra nell'area difesa dallo Shohoku. Lotta con Sakuragi, s'infila in mezzo al rosso e a Kakuta, protegge la palla voltando le spalle al canestro, flette le ginocchia e salta con tutta la forza che ha.


Canestro!!!!


"'fanculo!"


Hanamichi arpiona la palla, la rimette in campo passandola a Ryota.



"Via! Via! Andiamo!!!!"



Miyagi arriva in prossimità della linea dei tre punti, si volta e proietta la palla nelle mani di Mitsui dietro di lui. Hisashi la lancia sotto canestro - verso Kakuta - ma la difesa è troppo serrata e il numero sette è obbligato a passare a Sakuragi al suo fianco.


Hanamichi pensa veloce.



"Se tento il canestro rischio troppo! Questi bastardi ci pressano da fare schifo ... ‘fanculo!"




Decide di effettuare un passaggio alto verso Yasuda fermo sulla linea dei tre: "Vai Yasu!!!!".


Si riposizionano, il vice capitano allunga nuovamente a Hanamichi ma Aoyama intercetta il passaggio.


"Ancora! Maledetto samurai!!!!"


Palla a Koshino, e il Ryonan riparte all'attacco.


"NON FATELI SEGNARE!!!!! DI-FE-SA!!! DI-FE-SA!!!!!"


Lo Shohoku ripiega ma il Ryonan si è già piazzato. Koshino corre rapido e deciso, porta la palla a Uekusa che tenta il tiro nonostante Hanamichi e Kakuta siano già saltati a difesa del canestro.

Sakuragi intercetta il tiro, Mitsui recupera la palla e riparte all'attacco.


"ALLA GRANDEEEE!!! RAGAZZI, CORRETE!!!!!"


Il numero dodici dello Shohoku corre, corre, pressato da Aoyama, Uekusa e Koshino. Lancia la palla verso il canestro, Yasuda e Hanamichi in appoggio.

Il rosso salta.


Halley hop.


"LI SAPPIAMO FARE ANCHE NOI, BASTARDIIIII!!!!!!!!"



Canestro!



Kaede si alza in piedi, ignorando lo sguardo attento del padre e i richiami di sua madre. Sente le lacrime pungere gli occhi.



"Hanamichi ..."




In silenzio, si muove camminando fino alla balaustra. Si aggrappa al ferro freddo mentre il suo corpo è scosso da fremiti violenti e il desiderio di correre in campo gli brucia l'addome: "Coraggio, ce la puoi fare ...".
Si piega in avanti frenando il desiderio di urlare il nome di quel pazzo che si sta sacrificando a tal punto per realizzare la promessa fattagli, invocandolo con tutta la sofferenza che avverte addensarsi nel petto: "... Hanamichi ...".

Per tutto il tempo che resta Kaede rimane così, aggrappato al parapetto con gli occhi umidi di commozione a frenare l'istinto di gettarsi sul campo e correre accanto ai suoi compagni.


Per lottare con loro.



"Forza!"




...



Fukuda mette a segno un canestro perfetto, frutto di un passaggio altrettanto impeccabile del suo capitano.

Kakuta rimette in gioco la palla lanciandola rapido a Sakuragi. Il numero nove parte in una corsa disperata, veloce, sempre più veloce, inseguito da compagni e avversari.



Staccandoli tutti.



"E' fatto così? E' questo il mondo, quando tutto quanto rimane dietro di te? E' questo quello che vedi, volpe?"




Solleva lo sguardo sul canestro, fissandolo sull'anello lontano.



"Più in alto ... ancora più in alto!"




Raggiunta la linea dei tiri liberi, arpiona la palla e, semplicemente, fa la cosa che per lui è più naturale.




Salta.




"Come fly with me, kitsune!"







FIIIIIIIIII!!!






"CHECCOSA?!"


"IMPOSSIBILE! DALLA LINEA DEI TIRI LIBERI?!!!!!"



"MA E' UN AIR WALK?!!!!"



"STA ... STA VOLANDO?!"





"WUOOOOOOOOH!!!!"





Kaede spalanca gli occhi, stringe il ferro sporgendosi in avanti, incapace di contenersi oltre: "FORZA, CE LA PUOI FARE! LANCIA QUELLA PALLA!!!!!".




STONK!!!!





Silenzio.


In tutto il palasport rimbomba, assordante, un silenzio sbigottito.

Quello strano ragazzo dai capelli rossi se ne resta così, appeso al canestro - come appollaiato - mentre tutti permangono immobili sul posto.


Un falco gettatosi sulla sua preda.


Solo il suo respiro, basso e profondo, riempie l'aria resasi tanto calda da sembrare insopportabile.

Hanamichi si stacca, atterrando nel momento esatto in cui l'ovazione crescente del palazzetto infrange quel silenzio immobile che ha imbottito il campo sino a pochi attimi prima.

Solleva lo sguardo verso gli spalti, allacciando le sue iridi appagate a quelle liquide di Kaede. Muove il pugno, tronfio e pieno di ritrovata boria, pronto a salutare la vittoria appena conquistata ...


"Canestro non valido!"


Blocca il braccio a mezz'aria voltandosi in direzione dell'arbitro, interrompendo bruscamente il contatto con gli occhi della sua bella volpe.



"Cosa?!"




"Come sarebbe a dire canestro non valido?!"

Mitsui si avvicina rabbioso all'uomo, subito frenato da Miyagi: "Calmati! Ha ragione lui. Il tempo era scaduto prima che Hanamichi saltasse ...", il capitano abbassa gli occhi rassegnato, "... la partita era già finita".

Hisashi fissa l'amico al suo fianco, poi si sposta sul tabellone lontano, infine abbassa la testa sconfitto: "... 'fanculo ...".



Ryonan 68 - Shohoku 67





Si chiudono così le qualificazioni invernali della prefettura di Kanagawa, vedendo primeggiare due squadre soltanto: il Kaynan e il Ryonan.


"FINE DELL'INCONTRO! Tutti sulla linea centrale!"


Hanamichi raggiunge mesto i compagni in centro al campo, insensibile ai festeggiamenti avversari che lo circondano. Ingoia la sconfitta dal sapore così simile alle lacrime, avanza senza voltarsi, incapace di reggere lo sguardo di Kaede.


Avanza e non si gira.



...



Sendoh si lascia cingere dai compagni euforici, ricambiando le strette amichevoli intimamente felice e soddisfatto.



"E' stata una bella partita."




Solleva la nuca in direzione degli spalti, sorridendo sereno. Saluta con un gesto veloce della testa Rukawa, inchinandosi impercettibilmente innanzi alla figura di Shiori accanto al figlio e a quella di Hiroki poco più indietro. Poi viene trascinato dalla squadra in centro al campo nell'euforia generale.


...


"Kaede?"

Shiori poggia una mano sulla spalla del ragazzo immobile al suo fianco, fissando preoccupata le nocche tingersi di bianco tanta è la forza con cui sta stringendo il parapetto.

"Kae ..."

"Sto bene." Kaede si lascia andare in un lungo soffio, liberando il ferro duro e nascondendo le mani nelle tasche dei jeans, "Peccato, era un bel canestro, avremmo vinto. Anche se non sarebbe bastato per farci guadagnare il Campionato Nazionale".

Si volta in direzione della mano forte e nodosa che si è appoggiata pesantemente sulla sua spalla sinistra: "Vai da loro. Noi ti aspetteremo a casa".

Dondola la nuca, ringraziando triste il padre: "Sì, ci vediamo per cena".


Infine, torna a fissare muto il campo.


"Grazie. Grazie a tutti."





°°°°°°°°°°°°°°°°°°




Hanamichi rovescia la testa all'indietro, lasciandosi massaggiare dall'acqua bollente. Beve acqua e doccia schiuma senza aprire gli occhi.

Dalla schiacciata, non ha più pronunciato una sola parola: senza rispondere agli incitamenti di Haruko o ai complimenti dei compagni, si è chiuso in un mutismo ostinato. Poco gli importa di sentirsi ripetere di aver giocato una grande partita.


Ha perso.


Lo Shohoku ha affrontato le qualificazioni claudicante? Beh, anche il Ryonan. L'unica differenza è che Sendoh ha vinto.

Stringe le labbra, tremando senza riuscire a placarsi. Lascia scivolare le lacrime, subito lavate via dall'acqua.



"Sendoh! Sendoh! Sendoh!"

"Maledetto! Maledetto! Maledetto!"




Alla fine, il bianco cavaliere dall'armatura scintillante è sempre e solo lui ... così simile a Kaede, così diverso. Sempre determinante. Sa far brillare compagni che altrove sarebbero poco più che giocatori discreti, spingendoli verso la vittoria ...


Sendoh spinge.

Kaede trascina.


E lui?


Cosa sa fare lui?
A parte far scrivere stupidi proclami su uno striscione e fare promesse che non riesce mantenere?


Permette a un singhiozzo di sfuggire fra i denti stretti, porta entrambi i pugni sullo stomaco per infine piegare la testa in avanti.



"E adesso?"




Avverte un singulto strozzato alla sua destra.

Si volta impercettibilmente osservando Mitsui immobile sotto la doccia: non si muove, il collo piegato e i capelli incollati sul viso a coprire gli occhi velati. Hanamichi ricorda solo in quel momento che, per il cecchino, quella è stata l'ultima occasione di giocare una partita ufficiale con tutti loro.

Chiude il getto dell'acqua e arpiona veloce l'asciugamano avvolgendolo attorno ai fianchi: "Ehi, Mitchi, andiamo? Ayako e Haruko ci hanno cucinato un banchetto con i fiocchi. Non hai fame?".

Sorride sotto al "Sei un animale" soffiato fra i rivoli d'acqua poi, solo, torna dai compagni per rivestirsi in silenzio.


"E adesso?"





...



Quando aprono la porta dello spogliatoio, Rukawa è già lì. Interrompe il suo parlare sommesso con il signor Anzai, staccandosi dal muro e avanzando di un passo: "Ehi".


"Rukawa!!!!"


Kakuta gli va incontro sincero e felice. Kaede lo saluta sereno, rispondendo alle domande degli amici senza scomporsi o mostrare fastidio per la loro innocente curiosità.

Nonostante l'euforia contagiosa, Hanamichi non solleva lo sguardo dal pavimento, rimane in disparte, soppesa la sacca stanco, incapace di continuare a fingere oltre. Sente lo sguardo inquisitore di Mitsui al suo fianco e quello urgente della volpe che, instancabile, persevera nel suo cercare un contatto fra loro.



"Perchè sei qui? Perchè non vai da Sendoh a festeggiare?"




All'arrivo di Ayako e Haruko il numero nove pare riprendere vita, avvicinandosi lento alla piccola Akagi: "Haruko-chan, ti aiuto?".

Sordo alle proteste pacate della ragazza, recupera una sacca e gran parte degli asciugamani che tiene strette fra le braccia: "Non è necessario, Sakuragi! Non pesano e poi oggi hai dato il massimo in campo, sarai stanco ...".

"Questo è vero! Il tifo era tutto per noi, ragazzi! Avete fatto faville!" Ayako sia affianca a Miyagi, fresca e solare.



"Ma abbiamo perso."



Quella constatazione è sfuggita al suo controllo, implacabile e crudele. Hanamichi non riconosce nemmeno la propria voce, resa ancor più profonda e roca dall'angoscia crescente.



Silenzio.



Stringe le labbra dispiaciuto all'abbassarsi delle palpebre della ragazza innanzi, impossibilitato a voltarsi per sostenere il proprio fallimento.



"Che ci stai a fare con un perdente come me? Tu, che sei nato per vincere ..."




"'fanculo, sentite io ho fame. Che si fa?" Mitsui avanza, fissando deciso il capitano incapace di accettarne la resa.

Miyagi sorride in rimando: "Mi sembra ovvio, andiamo in palestra e concludiamo questa giornata nel migliore dei modi! Abbiamo un compagno da salutare!".

Hanamichi si affianca ad Haruko, scudo collaudato contri i suoi più intimi tormenti.



"Forse le cose dovrebbero andare così: io con Haruko e tu con Sendoh."




Solleva non senza esitazione lo sguardo sull'ampia schiena di fronte a lui: Kaede cammina tranquillo, ascoltando i racconti di Mitsui e Ayako. Piccole briciole di una quotidianità perduta.



"E' sempre così fra noi, sei continuamente un passo davanti a me. Tu trascini ed io t'inseguo ..."




Chiude gli occhi.



"Basta, sono stanco."



Abbassa la testa, fermo nel corridoio. Avverte lo sguardo di tutti scivolargli addosso.

"Sakuragi?" Haruko al suo fianco lo guarda da sotto in su, visibilmente preoccupata.

"Che c'è? Ti fa male la schiena?" Ryota torna sui suoi passi, avvicinandosi attento ma Hanamichi non si muove, rimane fisso sugli asciugamani stretti fra le grandi mani ambrate: "Allora?".

All'improvviso il rosso muta espressione, trasformando il viso fino a quel momento triste e abbattuto in una maschera decisa. Solleva le palpebre inchiodandole in quelle lontane di Rukawa: "Volpe, devo parlarti. Vieni con me".

Un ordine perentorio il suo, cui Kuwata e Ishii non possono impedirsi d'indietreggiare. Kaede inclina la bella nuca corvina, le lunghe ciocche danzano all'unisono scivolandogli sul viso, carezzandolo soavi.

"No."

Hana solleva la testa di scatto, gli occhi sgranati per la sorpresa, incapace di rispondere a quel diniego tanto risoluto.

Infine, Rukawa si volta tranquillo affiancandosi ai senpai: "Ho fame. Dopo", in silenzio invita i compagni a riprendere il cammino. Verso la luce.


"Ehi ..." Ryota si accosta alla scimmia rossa scrutandola severo: "... cerca di andarci leggero con lui. Non è colpa sua se abbiamo perso".

Rimane in attesa di una risposta, di un grugnito in rimando ma Sakuragi è tornato apatico, come incapace di reagire. L'ultima volta che l'ha visto così, è stato un mese prima, a un passo dal ricovero di Rukawa ...

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Quella che avrebbe dovuto essere una festa per l'avvenuta qualificazione alle Nazionali, ha ora assunto i contorni di un accorato saluto per l'asso della squadra.
Hanamichi rimane, per tutta la durata di quel commiato improvvisato, all'interno dei confini sicuri della Gundan e di Haruko. Di tanto in tanto, fugace e non visto, sposta l'attenzione sul volpino lontano, attorniato da Akagi, Kogure, Mitsui e Miyagi. Lo vede mangiare sereno, bere tranquillo, sorridere con gli occhi e ascoltare i compagni parlare. Kaede risponde calmo alle domande di guardia e capitani, si complimenta con Kakuta e Yasuda per i progressi fatti e, infine, s'intrattiene un po' con Ayako.

Non si volta verso di lui neanche una volta. Non lo cerca, nè si avvicina.

Hana si odia l'istante esatto in cui si scopre a provare nostalgia per quelle loro lontane giornate fatte d'incertezza, quando Kaede stava così male da non riuscire nè a mangiare nè a dormire; quando l'aveva trovato sulla spiaggia solo e spezzato e lui era, dei due, quello forte e affidabile.
Pareva avere tutte le risposte, allora, sembrava riuscire sempre a fare la cosa giusta, anche se era solo una sua illusione. Kaede si era completamente affidato a lui in quel periodo e, questo, l'aveva fatto sentire maledettamente bene ...

Beve la bibita fredda, svuotando il bicchiere in un solo sorso: dunque è così che funziona fra loro? Se Kaede è a pezzi va bene, mentre se torna in forze lui scappa?


"Haruko-chan posso averne ancora un po' per favore?"

La piccola Akagi prende il bicchiere sporto, sorridendo gioviale: "Ma certo! Vuoi anche un po' di dorayaki?".

"Si, grazie! Ho ancora fame!"

Yohei attende che la neo manager si sia opportunamente allontanata, prima di avvicinarsi all'amico: "Guarda che non è la tua cameriera personale, le cose puoi andare a prenderle da te. Mh?". Sposta l'attenzione sul tavolo lontano, il buffet organizzato dalle ragazze sta gradatamente esaurendosi. Haruko prende un piatto e comincia a riempirlo, si ferma e timidamente scambia qualche battuta formale con Rukawa lì accanto: "Non vai a salutarlo?".

Hanamichi lo scruta rabbioso e Yohei pensa di dover incassare un pugno ben assestato poco sotto lo sterno. Il suo migliore amico pare essere regredito a quella domenica di un mese prima: pregno di rancore e pronto a deflagrare.

Sorseggia sconsolato un sorso di bibita gasata prima di voltarsi e riprendere a parlare con Okusu e Takamiya, ignorando una volta ancora un comportamento che non comprende.


Da quanto Hanamichi non gli parla più?




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Il primo pomeriggio cede il passo alle ore più stanche e, lenta, la luce del sole perde, minuto dopo minuto, di forza e calore.


La festa è finita.


Uno a uno i ragazzi si congedano, salutandosi con amichevoli pacche sulla schiena, rassicurandosi a vicenda, tentando di superare quella bruciante sconfitta.

Mentre fuori senpai e coetanei riprendono la via di casa, Haruko e Ayako iniziano a pulire la palestra aiutate dai compagni più giovani.


"Vi aiuto?"


Hanamichi si avvicina alle ragazze ma è Kakuta a parlare per primo, frizzante e gioviale: "Qui ci pensiamo noi, Sakuragi! Vai a casa a riposarti, oggi hai giocato come un leone! Te lo sei guadagnato!!!".


Hanamichi sorride senza proteste, allontanandosi subito dopo. Titubante.


Raggiunge gli amici, chiudendosi nel piumino. Il contrasto con l'aria calda della palestra è impietoso: "Si va?".

"Noi andiamo a farci un giro al Pachinko ..." Yohei avanza severo, pronto a non accettare un rifiuto da parte dell'altro, "... tu hai dei saluti da fare e non siamo più disposti a farti da balia".


Hanamichi deglutisce, muto, poi solleva lo sguardo verso il cancello della scuola: Kaede lo sta aspettando. Solo.



"E adesso?"




Chiude gli occhi.



"E adesso ... è finita."





...



Camminano silenziosi: Hanamichi davanti, mani nelle tasche della tuta e sacca gettata in spalla, mentre Kaede resta più indietro fisso sulla sua schiena.

Quando il numero nove non avverte più il lento scalpiccio dell'altro, frena il passo. Si volta appena: Rukawa resta immobile con gli occhi rivolti sul marciapiede lastricato; alla loro destra, l'alta rete del loro campetto li osserva nell'aria silente di novembre.

Hanamichi non può impedirsi di tornare con la mente a due sere prima, quando Sendoh giaceva scomposto proprio dove ora si trova la volpe. Abbassa lo sguardo alla ricerca di piastrelle screziate di sangue rappreso.

Le trova a pochi passi dalla punta delle scarpe di Kaede.



"Merda."




Nasconde maggiormente le mani ferite, terrorizzato, convinto che il compagno stia fissando quelle macchie in ascolto della loro silente confessione.



"E' stato lui! L'ha colpito lui!!!!"





Deglutisce, spostando l'attenzione sul canestro lontano. Quanto sono distanti quelle loro mattine ...


"Perchè mi accompagni a casa?" Kaede ha parlato con voce bassa, mononota.

Sakuragi si chiude nelle spalle in risposta, d'istinto sulla difensiva. Non smette di guardare l'anello di ferro, cercando un coraggio che non trova.

"A casa ci sono i miei, non possiamo andare da te?"

"Guarda che mia madre e Kei-chan non passano le giornate sempre in giro", ha parlato con rabbia, senza frenare la volontà di ferire. Tutta la sua inadeguatezza sta infine traboccando, riversandosi su quello che ritiene essere la principale causa del suo dolore.



"Con Haruko sarebbe stato tutto più semplice."




Non si volta, non guarda le iridi ferite di Rukawa. Ingoia veleno, senza sapere come affrontarle.

Con la coda dell'occhio lo vede abbassare la testa, nascondendo il volto sotto la cascata disordinata dei capelli: ecco, è tornata la sua fragile volpe spezzata.

E' bastato così poco ...



"Scusa."



La voce di Kaede adesso è quasi un sussurro e Hanamichi deve frenare le gambe per evitare di corrergli incontro e abbracciarlo con tutto il trasporto che sente crescere dentro. Eppure, solo pochi attimi prima, è stato proprio lui a cercare di fargli più male possibile, nel pallido tentativo di far riaffiorare quel Kaede di cui si è innamorato.
Quel Kaede che ha occhi per lui soltanto, che non comunica con nessun altro, e non lascia avvicinare nè compagni, nè tantomeno avversari. Nessuno. Solo lui.

Per un istante, uno soltanto, si trova a sfiorare un pensiero che gli scioglie il sangue nelle vene, mordendogli lo stomaco.



"Se ti distruggo adesso, sarai mio per sempre."




Spaventato da quella folle idea, si allontana di un passo.

Kaede lo osserva da sotto la lunga frangia, ponendo il polso destro fra loro. Solleva la manica della giacca lasciando intravedere il braccialetto verde: "Se solo fossi riuscito a ottenerlo una settimana prima, avremmo potuto giocare insieme oggi ...", abbassa i pugni, frustrato e pieno d'ira verso se stesso, "... mi dispiace di averti lasciato da solo. Scusa".

Hanamichi dischiude le labbra, d’improvviso sommerso da una tristezza di cui non ne percepisce la fine: "Non sono arrabbiato per quello".

La bianca volpe lo guarda con occhi confusi e Hana si accorge solamente in quel momento che Kaede non sa.

Non sa quanto quel suo avvicinarsi all'asso avversario, così simile a quello che c'è stato fra loro, l'abbia fatto soffrire in quell'ultimo mese.

Non sa che due sere prima si era precipitato a casa sua, solo per scoprire di essere stato anticipato, una volta ancora, proprio dal suo più acerrimo rivale.

Non sa quanto la sconfitta dello Shohoku rappresenti per lui un fallimento personale ...



Risistema la sacca avvicinandosi in silenzio.
Afferra quella mano destra nuovamente fredda e tremolante, stringendola con forza; neppure la notte in cui l'ha trovato sulla spiaggia, Kaede era tanto fragile. Hanamichi si chiede se, davvero, lui rappresenti l'appiglio sicuro di cui la volpe gli ha parlato, quello che negli incubi cerca e non trova, quanto piuttosto non si stia rivelando quella forza misteriosa che lo schiaccia spingendolo nel fondo dell'abisso ...


"Andiamo a casa mia."


Quando si muove nel senso opposto, tornando sui suoi passi, non rimane sorpreso di sentire Kaede seguirlo mesto e obbediente. Stringe la sua mano tiepida senza più voltarsi, trascinandolo nell'aria fredda del tardo pomeriggio.




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"Accomodati. Preparo un the", ripone le scarpe ordinatamente nella scarpiera, posa la sacca nel corridoio e accende la luce del salotto procedendo spedito in direzione del cucinotto. Lascia Kaede da solo nell'entrata, senza preoccuparsi di offrirgli le pantofole. Con lui, non riesce più a mantenere un'unica linea di comportamento: un momento prima è gentile, quello dopo, crudele. Con tutte le volte che è stato scaricato, pare non aver imparato a troncare un rapporto in maniera delicata ...

Sospira, mentre meccanicamente prepara il the.

Avverte un fruscio dietro di lui: senza vederlo sa che il volpino si è accoccolato sotto il kotatsu. Silenzioso e arrendevole.



"Ci siamo ..."




...



Scivola attento sui tatami.

Solo il ticchettio dell'orologio e il tintinnare dei bicchieri sul vassoio laccato osano vibrare nel silenzio immobile della stanza.

"E' pronto."

Non si aspetta risposta, posa il portavivande sul tavolo, abbassandosi ad accendere la stufetta del kotatsu.

Per tutto il tempo Kaede non si muove, pare in attesa che lui gli dica cosa fare o, forse, è Hanamichi a sperare che sia così.

Gli sporge un bicchiere mentre degusta il suo con urgenza. Si risistema su un cuscino, aspettando di comprendere dove quel suo assurdo comportamento lo stia conducendo: verso un chiarimento o, molto più probabilmente, incontro a un bel pugno in faccia ...


Rukawa soppesa la propria tazza, carezzando il bordo con il polpastrello senza accennare a voler bere. Inumidisce le labbra in evidente difficoltà accorgendosi, non senza fastidio, del lieve tremolio delle dita.
Ferma il suo carezzare prima di nascondere le mani sotto al kotatsu: "Ieri pomeriggio avrei voluto passare in palestra per salutarvi ... stare un po' con te ... ma mia madre ci teneva così tanto a rimanere insieme dopo tutto questo tempo, che non me la sono sentita di deluderla ...", inspira l'odore dei tatami affidando ad essi il proprio turbamento, "... ho trovato mio padre più invecchiato del previsto e la cosa mi ha un po' preoccupato ... è dura per loro ... mi dispiace tanto, abbiamo così poco tempo ... ". Rimane in ascolto del silenzio di Hanamichi, rispondendo a quel suo ostinato mutismo con un sospiro frustrato: "... ho cercato di ottenere il secondo livello il prima possibile ma non ce l'ho fatta ...", si ferma. Quell'ammissione ha il potere di stringergli la gola in una morsa dolorosa.


"Non è per quello che sono arrabbiato."


Il sibilo di Sakuragi è carico di rabbia a stento trattenuta.


Rabbia che richiama altra rabbia.


Kaede si volta esasperato, risoluto a risolvere la situazione una volta per tutte, stanco di scusarsi e di sentirsi in colpa per non sa nemmeno lui cosa: "E allora dimmelo per cosa ti sei arrabbiato! Maledizione! Piantala di farmi indovinare! Che c'è?! Eh?! Giovedì sera andava tutto bene, al telefono eri tranquillo! Tutto un volpe di qua, volpe di là e poi ... puff! Svanito! Se non ti cercavo io, venerdì, neanche ti saresti fatto vivo e al telefono sei stato uno stronzo!".

Hanamichi rimane fisso su di lui, la fronte poggiata sul palmo di una mano mentre l'altra gioca distratta con il bicchiere vuoto. Abbassa gli occhi sulla tazza, girandola un paio di volte: "Ma io, venerdì sera, sono venuto a casa tua ...", si accorge appena dell'irrigidimento dell'altro equivocandone la causa. Sorride stanco.



"Lo sapevo ..."




"Perchè non hai suonato?"

Si chiude nelle spalle in un gesto nervoso: "Mi sembravi piuttosto impegnato. Non volevo disturbare".

Confuso, Kaede incassa quel sibilo: "Ma di che cazzo stai parlando? Impegnato? Sono rimasto a casa tutto il tempo ...", frena le parole l'istante in cui incrocia le iridi implacabili dell'altro.

Hanamichi incrocia le mani, portandole innanzi alla bocca: "Vogliamo parlare di Sendoh?".

Rukawa ammutolisce, corruga le sopracciglia disegnando un solco profondo in mezzo alla fronte perfetta: "Cosa c'entra Sendoh, ades ...", si blocca allargando le palpebre sorpreso.

Si piega in avanti accorciando in un attimo la distanza che li separa, prendendo fra le sue le mani del numero nove. Sakuragi non oppone resistenza, lascia che Kaede scruti le nocche ferite.

Rimane immobile a fissarlo perfino quando l'altro solleva la nuca di scatto, visibilmente sconvolto: "L'hai colpito tu".

Non è una domanda, bensì una triste constatazione, anche se, il tremolio nella sua voce, suggerisce la tenue speranza di aver mal interpretato la situazione.

Hanamichi abbassa lo sguardo sulle loro mani intrecciate, scivolando via: "Non l'ho fatto per vincere la partita".

A quelle parole il moro torna al suo posto, fermo e immobile. Poi, lento, beve un piccolo sorso di the; quando posa il bicchiere pare calmo e risoluto. Sposta le iridi di onice, ora fredde e dure, cariche di rimprovero, sulla figura del compagno seduto accanto a lui: "Parliamo di Sendoh".

Rimane in attesa della voce roca di Sakuragi per secondi che gli paiono minuti; il rosso sembra aver perso tutta la boria e l'aggressività mostrate sino a un attimo prima. Muto, come privato delle sue ragioni, rimane fisso a punzecchiare il piccolo lembo di pelle di una nocca sbucciata, mordicchiando un labbro, fattosi d'improvviso bambino.
Kaede chiude gli occhi reprimendo una volta ancora la propria esasperazione; se dovesse perdere il controllo lasciandosi trascinare dalla rabbia, pensa, finirebbero con l'azzuffarsi azzannandosi a vicenda senza risolvere nulla. Di questo ne è certo.

Una spiacevole sensazione di déjà vu gli attraversa la colonna vertebrale: quella discussione è così simile a quelle avute in passato con Kenji, in particolare nell'ultimo periodo ... ancora una volta per motivazioni a lui incomprensibili.

Beve un lungo sorso di the, tentando di schiarirsi la mente analizzando, lucido e freddo, la situazione. Poi senza posare gli occhi su null'altro che il liquido semitrasparente innanzi a lui, prende a parlare percorrendo la strada solcata dai propri ricordi e pensieri: "Venerdì sera, dopo cena, Sendoh è venuto a casa mia. Mi ha portato degli appunti di Aida sulle squadre che parteciperanno al Campionato Invernale. E' stato gentile da parte sua, anche se era chiaramente una scusa per venire a confessarmi che oggi avrebbe giocato al massimo delle sue capacità". Si ferma per dare la possibilità a Hanamichi di porre domande o chiedere ulteriori spiegazioni.


Silenzio.


"Abbiamo bevuto un the insieme, parlato del Campionato e poi è tornato a casa ...", sposta l'attenzione sulle mani di Hanamichi, stringendo le labbra un attimo appena, "... sono sicuro che quando è andato via stesse bene e non pareva minimamente preoccupato all’idea d'incontrarti. Prima hai detto che sei venuto da me ma non hai suonato perchè ero impegnato, cosa intendevi dire? Eri lì? L'hai picchiato venerdì?".

Socchiude gli occhi l'istante in cui Sakuragi strappa la pelle secca di una crosta, una piccola goccia di sangue ne prende dolorosamente il posto. Tanto basta a Kaede come risposta.

"Perché? Non capisco ..."

"..."

"Hanamichi ..."

Il compagno gioca con la goccia scarlatta, cospargendo la nocca con lenti cerchi concentrici: "L'hai invitato?".

La sua voce è contratta da un pianto a stento trattenuto, ed è solamente grazie ad esso che Kaede ignora l'offesa che quella domanda suggerisce, riprendendo a parlare quieto: "No, sapeva che ero tornato perché gliel'avevo detto io mercoledì con un messaggio", torna a guardare la tazza di the che ha di fronte, d'improvviso triste, "Eri tu quello che volevo invitare ma hai interrotto la telefonata così in fretta che non ne ho avuto modo e non capisco perché ... pensavo ... credevo ... non ... non era così che mi ero immaginato questo ritorno a casa ...".

"..."

"..."

"... lui ti ha aiutato."

Si volta lento, guardandolo stanco: "Intendi con il basket?".

"Ti ha sbloccato no? E ti ha solo restituito il favore, visto che tu l'hai sbloccato per primo."

"E' per questo che sei arrabbiato? Per averlo aiutato?", Kaede non riesce a nascondere la disapprovazione che trapela dalla sua voce, ora di una nota più alta, "Pensi che se non l'avessi fatto, lo Shohoku avrebbe vinto le qualificazioni?!".

Adesso, è il turno di Hanamichi di sollevare lo sguardo fiero e offeso: "Ti ho già detto che la partita non c'entra nulla! Non l'ho pestato per quello! Per chi mi hai preso?!".

Rukawa zittisce, ricomponendosi con fatica: "E allora perché?! Dimmi perché sei tanto arrabbiato! Perché l'hai preso a botte? Ti rendi conto cosa sarebbe potuto succedere?!".

"Certo che mi rendo conto, non sono l'idiota che credi!"


Rabbia che reclama altra rabbia e il desiderio di mordersi e ferirsi ad aleggiare su di loro.


"E allora perché?!"



"PER COLPA TUA, STUPIDA VOLPE!!!!!"



Kaede allarga le palpebre incapace di replicare, persino il respiro perde di consistenza sciogliendosi fra le labbra dischiuse.
Viene assalito da un fremito inaspettato tanto quanto violento, le iridi s'inumidiscono sino a impedirgli di distinguere i contorni del ragazzo chino sul tavolo, con i pugni stretti e la fronte sbattuta dolorosamente sopra il legno duro.
Ingoia le lacrime, asciugandosi rapido gli occhi con il dorso di una mano, svelto prima che l'altro possa accorgersene. Cerca una volta ancora di placare il proprio animo inquieto, prendendo coscienza che, quella, è forse l'ultima occasione per riuscire a porre un freno alla loro discesa verso il baratro di una rottura.

Si chiude in se stesso alla ricerca delle parole giuste: "Credi che sia merito di Sendoh se ho ripreso a giocare?".

Pazienta, rispettando i tempi di Sakuragi: "... mi pare ovvio ...", la voce di Hanamichi è rotta, spezzata. Anche se non da segni evidenti e persiste a restare chino in quell'assurda posizione, Kaede sente il suo pianto silente.

"Pensi che ti abbia tradito con lui?"

Altro silenzio, altra attesa: "... ...".

Kaede beve un sorso di the, spingendolo con forza nella gola contratta. Schiarisce la voce mentre stringe la tazza, assorbendone il calore intenso: "... tu ... pensi che sia innamorato di lui?".

"... è così ..."

Hanamichi non si muove, preme la fronte contro il tavolo fissandone la superficie lucida bagnata dalle sue stesse lacrime. I palmi delle mani sono doloranti, tanta è la furia con cui ha conficcato le unghie nella pelle sensibile.

Rukawa tace a lungo prima di risistemarsi sul cuscino e sciogliersi in un lungo sospiro.

Hana pensa che sia giunta la fine, che a conti fatti sia riuscito a farsi scaricare per la cinquantaduesima volta ... rimane fisso sul legno laccato in ascolto della propria sentenza.


"Hn. In effetti non posso darti torto, è un bel ragazzo, più grande e maturo. Senza contare che è un ottimo atleta e, anche se mi costa ammetterlo, in alcune cose mi è addirittura superiore. Avrei molto da imparare da lui ..."

La volpe si ferma, aspetta una replica che non arriva. Sakuragi inghiotte le lacrime e stringe i denti con forza, risoluto a non lasciarsi sfuggire neanche un singulto. Immobile e muto.

Kaede riprende a parlare con quella sua voce così morbida, a un passo dall'essere soffiata: "Siamo piuttosto in sintonia ... e, a quanto si dice in giro, pare avere un'invidiabile esperienza in campo sentimentale ... chissà quante cose saprebbe insegnarmi ... forse dovrei cominciare a chiamarlo senpai ...".



"PIANTALA!!!! VUOI CHE VI AMMAZZI?!"



Hanamichi solleva la testa di scatto pronto a saltare, le unghie piantate nel tavolo e i muscoli tesi. Frena il balzo alla vista del volpino placidamente seduto al suo posto: la bella testa corvina sorretta da un palmo, intento a sorseggiare tranquillo la tazza di the. Gli occhi di onice ironici, quasi divertiti, spaventosamente felini.


"Sei un idiota."


Qualcosa nel tono usato, così dolce e caldo, unito al quel suo sguardo profondo, lo calmano portandolo in un attimo all'ubbidienza. Hanamichi torna a inginocchiarsi incapace di distogliere le iridi da quelle ferme dell'altro.

Kaede posa il bicchiere prima di riprendere a parlare: "E' un avversario che rispetto. Ci gioco bene e si dà il caso che abbia un carattere che non m'irrita più di tanto ...", inclina la nuca di lato liberandola dalle lunghe ciocche di notte, sfidandolo con un sorriso appena accennato, "... hn, ho stretto amicizia anche con un altro ragazzo al Momiji, la guardia senza una gamba, ricordi? Hai intenzione di andare fino a Chitose per spezzargli quella sana?".

Rukawa incrocia le braccia sul tavolo, si piega in avanti sporgendosi verso quella stupida scimmia ammaestrata: "Ma davvero hai pensato per tutto questo tempo che fosse solo merito di Sendoh se ho ripreso a giocare?". Studia con meticolosa attenzione anche la più insignificante microespressione di quel volto contratto e imbronciato, registrando i segni di una conferma: "Che imbecille sei ... è merito di un insieme di cose. Le terapie tanto per iniziare, pensi che al Momiji cazzeggi con gli animali tutto il giorno? Poi, certo, Sendoh ci ha messo del suo, non posso negarlo. Più che altro perché non c'è nessuno con cui giocare. Rei non ci riesce ancora con la protesi che si ritrova e Tsutomu non scende in campo da troppo tempo ... e poi ...", allunga una mano sulla superficie laccata, il palmo rivolto verso l'alto in un timido invito, "... il merito maggiore va a te, deficiente!".

Abbassa gli occhi sulla mano grande e callosa di Hanamichi posata grezzamente sulla sua, richiude le dita carezzandola con il pollice: "Mi hai telefonato tutti i giorni, ascoltato, incitato e sostenuto ... mi hai parlato dei tuoi progressi ed io ... io ho temuto di essere lasciato indietro da te ... non volevo in nessun modo diventare un peso per la squadra, per te ... con tutto il lavoro che ti sei sobbarcato in quest'ultimo periodo, non potevo restare a guardare senza reagire ...".

Piega il collo incurante della cascata corvina che cela alla vista le iridi lucide: "... così un giorno mi sono guardato allo specchio e mi sono detto: basta! Non lo accetto. Ho preso la palla e sono andato al campetto del Momiji. Ero pronto a restarci fino a quando non fossi riuscito ad andare a canestro ... non avrei né mangiato, né dormito. Quel giorno avevo deciso di sbloccarmi a qualsiasi costo ... e in quel momento Sendoh era lì, non me lo aspettavo ma era lì. Per cui ... sì, mi ha aiutato ma a liberarmi sei stato tu!".

Solleva il viso quando avverte le dita di Sakuragi carezzargli la fronte, liberandola dalle ciocche per poi trattenerle fra le dita tremanti: "E' solo un amico. Hanamichi, tu sei il primo e l'unico. Credimi".

Smette di parlare, le dita del rosso sono ora poggiate sulle sue labbra, dolcemente premute: "Basta così, volpe, ho capito. Ti credo".

Kaede scivola in avanti, riducendo la distanza fra i loro corpi, non vi è più ragione per restare lontani ... si addossa a Sakuragi spingendolo delicatamente sui tatami. Si posiziona fra le sue le cosce, sdraiandovisi sopra. Lo bacia con dolcezza, spingendo il bacino contro di lui.

Hanamichi lo accoglie allargando maggiormente le gambe; dischiude le labbra concedendo alla lingua di Rukawa di penetrare nella sua bocca ... le mani del volpino percorrono il suo corpo, sapienti e delicate, si fermano sui suoi bicipiti artigliandoli con foga mentre Hana incede su quella schiena magra e sinuosa sollevando l'orlo del pesante pullover in lana.

La stoffa morbida e cedevole della tuta sfrega dolorosamente con quella più dura e resistente dei jeans ... Hanamichi non può trattenere un ansito insoddisfatto e, a quello, Kaede si stacca sollevandosi appena.
Osserva il ragazzo insinuare una mano fra loro e sbottonargli il colletto della camicia attraverso lo scollo a V del maglione: le gote rosse e lo sguardo liquido. Riflesso perfetto del suo ...

Volge gli occhi in alto, in direzione dell'orologio sopra la porta del cucinotto prima di tornare sul compagno sotto di lui.

La luce s'irradia tutt'attorno alla sua nuca, riflessa dalle ciocche lunghe e lucide ... le lascia danzare, solleticando suadente le guance infuocate di Sakuragi: "Andiamo in camera tua".

Concede spazio e tempo sufficienti alla scimmia per recuperare il respiro perduto, infine si rialza mettendosi in ginocchio: schiena dritta e i palmi sul grembo, fermo in mezzo alle sue cosce, in paziente attesa.
Il cuore pulsa così forte da fargli temere di vederlo sfondare la cassa toracica da un momento all'altro. Pone una mano sullo sterno, cercando di placarsi. Sorride quando la trova prigioniera di quella più scura dell'altro.

In silenzio, senza più aggiungere parole, si lascia guidare per le scale strette e ripide.


...


Kaede poggia la schiena allo stipite della porta, osservando Hanamichi distendere il futon. Respira desiderio, venendo sommerso dai tremiti che gli annodano il ventre e sciolgono le gambe.


Si sente bruciare.


Gioca con il bottone allentato da Hanamichi. Porta l'attenzione sulla finestra lontana, fissa le tende tirate e la luce del pomeriggio che si spegne nel gelo della notte.

Con un agile colpo di reni si stacca dal suo comodo appoggio, girando deciso la chiave della porta a soffietto.

"Ah!"

Si volta calmo al singulto allarmato del compagno: "Hn ... una precauzione nel caso i tuoi tornino prima ...".

Sorride all'avvampare di Hanamichi inginocchiato sul proprio letto: "S-Sarebbe difficile da spiegare ...".

Abbassa lo sguardo sull'interruttore, la bocca insopportabilmente asciutta: "Hn ... spengo?".

"... s-sì ..."

Con un rapido gesto della mano, Kaede spegne la luce, rimanendo un attimo ancora fermo nella penombra. Poi, lento, avanza scivolando sui tatami spogliandosi, con gesti meccanici, del pesante maglione ceruleo. Lo lascia cadere in terra, senza curarsi di piegarlo, lo sguardo rivolto davanti a sé, incatenato a quello fremente di Sakuragi.


Quando i piedi sfiorano la superficie soffice delle coperte s'inginocchia a un respiro dall'altro ...


Rimangono fermi così, a fissarsi, fino a quando è Hanamichi a sollevare una mano, iniziando a giocare con il secondo bottone della camicia. Lo carezza con il pollice, timido e impacciato.
Dopo attimi che gli paiono ore Kaede aggiunge le sue dita iniziando a sbottonarsi, lento ma preciso ... si spoglia della camicia gettandola di lato, restando un secondo ancora chiuso in se stesso, poi, senza più indecisioni, si priva anche della canottiera: il petto nudo e la pelle accaldata lasciata a lottare con la frescura della camera.

Hanamichi abbassa gli occhi sui vestiti sparsi, sorridendo in un esitante tentativo di scrollarsi di dosso la tensione crescente: "Mpf ... volpe ... siamo freddolosi, eh?".

Rukawa gli si avvicina con movenze da gatto, soffiando le parole sulle sue labbra: "Non tutti sono delle scimmie come te ...", reprime ogni protesta baciandolo con tutta la dolcezza che riesce a evocare, carezzandogli il viso con quelle sue dita così lunghe e capaci. Senza staccarsi da lui, le lascia scivolare sul torace abbassando la cerniera della tuta dello Shohoku, togliendola con un unico movimento.
Afferra deciso l'orlo della maglietta sfilandola dall'elastico dei pantaloni per sollevarla delicatamente verso l'alto.

Si ferma alla stretta urgente di Hanamichi sul suo polso: "Aspetta ...".

"Che c'è?"

"No, è che io ..." Hana si spinge avanti poggiando la fronte sulla sua spalla nuda. Si addossa a lui con tutto il peso del corpo e Kaede è costretto ad allargare le braccia per sorreggere entrambi ed evitare di cadere all'indietro: "... ti desidero così tanto ... da impazzire ... ma sono al limite ... se mi spoglio, sento che finirebbe tutto in un attimo e non voglio ... sono così felice ...".

"Hn ..."

Sakuragi inspira contro il suo collo rubandogli l'odore. Lo bacia delicato restituendogli piacevoli brividi ... a quelli, Kaede non può fare a meno di rovesciare la testa all'indietro. Deliziato.

"... Aaaah ... almeno la maglietta ... togliti la maglietta ..."

Il rosso si ferma prima di mettersi alla ricerca dell'orecchio delicato con la punta del suo naso: "Spogliami tu".

Kaede ubbidisce sfilandogli la maglia.

Con carezze fluide e continue scivola dal collo sulle spalle per infine raggiungere il petto largo e bronzeo ...

Rabbrividisce quando Hanamichi muove a sua volta le mani ferme sopra ai suoi fianchi, facendole risalire sino al torace per infine chiudersi delicate attorno al collo sinuoso.

"L'ho notato appena ti ho visto. Hai ripreso peso e tonicità".

"Sì"

"Bene ..."

Hana sorride sincero prima di addossarsi nuovamente a lui, questa volta con foga maggiore, spingendolo sulle coperte.

Lo bacia intrecciando le lingue in una danza dolcemente ipnotica. Kaede adora quel suo ruvido carezzare con i pollici ... come un gatto, resterebbe tutto il giorno a farsi deliziare da quelle mani forti e gentili. Generose.

Si stacca il tempo di un respiro: "Baciami dappertutto ... come l'ultima volta ... era ... bello ...".

"Te lo ricordi?"

"... certo ..."

"No ... è che ... non ne abbiamo mai parlato e così ho pensato non te lo ricordassi ... eri piuttosto sconvolto quella sera ..." Sakuragi posa la fronte sul suo petto, respirando il suo calore, "... mi sentivo come se ti avessi stuprato ...".

"Do'aho!"

Hana sorride baciandogli un capezzolo, godendo nel sentire le mani della volpe artigliargli la nuca affondando con i polpastrelli nelle ciocche vermiglie: "Chiamami così. Solo me, nessun altro. Chiamami sempre così ...".

"... va bene ...", è un soffio il suo subito trattenuto dai denti affondati nel labbro carnoso. Inutile tentativo di contenersi l'attimo in cui Hanamichi lo succhia ...

Sakuragi vaga su di lui, più profondamente della prima volta, con le mani, con la bocca e con i denti ... Kaede avverte i jeans farsi dolorosamente stretti mentre lo segue con i palmi lungo la sua lenta discesa.

Arrivato al confine dei pantaloni, il do'aho solleva la nuca fissandolo dal basso. Occhi grandi e dita ferme sui bottoni: "Posso?".

"Sì."

Solleva il bacino, aiutandolo a spogliarlo: "... ah ... anche le mutande ... togli ... togli tutto ...".

Spinge la testa nelle coperte, coprendosi gli occhi con le mani in preda alla vergogna: nella penombra, Hanamichi può vedere il suo desiderio così a lungo negato. Un mese intero.

Lo avverte risalire, sussurrandogli un roco: "Sei bellissimo", prima di affondare una volta ancora nella sua bocca. Kaede scivola con i polpastrelli sulla sua schiena, percorrendola lento e tracciando linee profonde con le unghie, infine posa le dita sull'elastico della tuta allentandolo in un silente invito.

"Mmm! No ..."

"Dai ..."

Ma Sakuragi non cede, poggia la fronte contro la sua, fissandolo con iridi appannate dall'eccitazione: "... ancora no, lasciami fare ...", si sposta al suo fianco chinandosi a baciarlo mentre gli carezza il collo, il petto, lo stomaco, il ventre ...

Si ferma a giocare con i peli arricciati del pube, poi riprende la sua corsa risalendo le cosce. Raggiunto il ginocchio, lo invita, gentile, a divaricare le gambe.

Percorre a ritroso la pelle morbida e setosa, rallentando all'altezza dell'inguine: "Posso?".


"... ...."


E' un sussurro appena udibile quello della volpe, il respiro veloce nonostante il torace contratto.

Hana scende sul suo collo, poco sotto l'orecchio sinistro, cominciando a succhiare. Insinua la mano in mezzo alle cosce afferrando, senza più indecisioni, la virilità gonfia.


"... Hnnnnn ..."


Kaede s'inarca, stringe i denti e afferra con foga le lenzuola sotto i loro corpi.
E' la prima volta che qualcuno lo tocca a quel modo nella sua intimità ... le carezze del rosso, più rudi e rapide delle sue, lo portano pericolosamente sull'orlo di un baratro d'infinito piacere. Precipitando in esso, Kaede pensa che finirebbe con il rinascere ancora e ancora ... e ogni volta sarebbe più bella della precedente.


Hanamichi si stacca dal suo collo portando gli occhi in mezzo alle gambe del ragazzo, gli piace guardare e considera, sollevato, che alla fine non è così difficile come temeva. In fondo deve solo muoversi come quando lo fa su di sé.

Stringe frizionando con forza maggiore: il pene di Kaede, più sottile ma più lungo del suo, pulsa nel suo palmo quasi avesse una vita propria ...

Si solleva, agile e silenzioso, per posizionarsi in ginocchio fra le cosce spalancate.

"... anf ... ah ... Hana ... ?"

Rukawa lo guarda perplesso, tentando di chiudere automaticamente le gambe.

"Va tutto bene ... posso?" si china sulla virilità ferma fra le sue mani, sfiorandola con le labbra, "O preferisci la mano?".

Kaede torna faticosamente a sdraiarsi, il corpo squassato dai tremiti. Nasconde il viso dietro l'avambraccio, schiudendosi a lui: "... hn ... usa la bocca ...".

Si morde l'indice al frizionare deciso di Hanamichi; una, due, tre volte prima di sentirlo chiudersi su di lui ... avverte la sua bocca calda e umida tutt'attorno, il glande sensibile prigioniero fra la lingua morbida e il palato duro.

Sakuragi rimane immobile, non si muove, e Kaede avverte crescere dentro il desiderio di un contatto più profondo, ruvido ... non osa chiedere, spinto dall'istinto spinge in avanti il bacino: un timido invito appena percepibile che, con suo rammarico, non viene colto.



"Stupida scimmia ..."




Quando le labbra di Hanamichi si staccano dalla sua erezione, il contatto con l'aria fredda è devastante.

Incurante, il rosso riprende il suo massaggiare.


Si ferma.


Scende con la bocca.


Continua così più volte seguendo un ritmo tutto suo, accompagnandolo gradatamente all'apice ...


Kaede si puntella sui gomiti, sollevandosi appena: "... ah ... ah ... b-basta! Fermat ... ah ... s-sto venendo ... Hana ... mh ... mh ... esce!", ma quello continua a frizionare per infine chiudersi ancora su di lui.

Kaede rovescia la testa all'indietro: un'esplosione di ciocche nere sulle coperte bianche si spande attorno al viso zuppo di sudore.

S'inarca tendendo i muscoli allo spasimo, contorce le dita dei piedi aggrappandosi alle lenzuola con forza per, infine, sciogliersi con un fiotto lungo e continuo ...


Il baratro.


Lento, Kaede vi risale rinascendo. Sospinto dalla medesima forza che l'ha risucchiato solamente pochi attimi prima.



...



Riapre gli occhi, rilassa le cosce e scivola con i piedi sulle coltri fresche; inspira a fondo l'odore dei tatami unito a quello dei loro corpi allacciati.


Prova una pace profonda ...


"... bello ..."




Muove le iridi tutt'attorno alla ricerca di salviette per pulirsi.

E’ certo che il do'aho le abbia posate accanto al futon ... le trova poco lontane, nascoste dalla sua camicia. Allunga un braccio e le agguanta con urgenza.


Hanamichi permane immobile in mezzo alle sue gambe, prono e con il pene ancora chiuso nella bocca.


"Ehi ... tieni" sporge una manciata di fazzoletti posandoseli sullo stomaco, per infine sollevarsi.


Il sesso fra uomini, pensa, è sporchevole.


Dopo un lungo istante Sakuragi scivola via, prendendo le salviette e iniziando a tamponargli delicatamente sia il ventre sia la virilità imperlata.

"Ah! Non erano per me ... non ... non lo sputi?"

Il do'aho ferma le mani, solleva le palpebre lasciando brillare le iridi lucide nella semioscurità: "L'ho ingoiato".

"Hn!"

"Non ... non dovevo?"

"No, è che ..." Kaede fugge con lo sguardo a metà fra il disagio e il disorientato, scende sulle mani del do'aho intento a pulirlo. Ingoia saliva prima di mordersi il labbro incerto: "... che sapore ha?".

"E' buono." Sakuragi ha parlato con enfasi, quasi calpestando le parole. Troppo in fretta. Abbassa gli occhi subito dopo, rosso in viso: "Sa di te ...".

"Mmmm ..." Kaede piega la bella nuca di lato. Nonostante la luce morente, non gli è sfuggito il lieve tic che da sempre accompagnano le menzogne.

Hanamichi lo fissa ingobbendosi colpevole: "D'accordo, ok, non ... non è il massimo ... cioè ... ha un gusto strano. E' ... è subito dolce, molto dolce, ma amarognolo e acidulo alla fine. Solo un po', eh? Ma non me lo aspettavo ... pizzica un po' in gola e ...", stringe le labbra deglutendo con fatica, "... sembra non scendere facilmente ... non è una critica ma magari la prossima volta ci portiamo un bicchiere d'acqua, che dici?".

Sorride, carezzandogli il mento con le dita. La prossima volta.

"Non dovevi."

"Ma volevo e poi ..." Hana termina di tamponare prima di portarsi un palmo sullo sterno, "... adesso sei dentro di me. Sono tuo".

Kaede poggia la mano su quella di Sakuragi stringendola delicatamente: "Quanto sei scemo! Lo eri già, no?".

"... ..."

Prende quel palmo così caldo e umido chiudendolo fra le sue mani, sfiorandogli le nocche ferite: "Non fare più una cosa tanto stupida e pericolosa. Promettimelo".

"Ah! S-Sì ..."

Kaede stringe con forza, reprimendo le lacrime: "Se Sendoh ti avesse denunciato, saresti stato allontanato dai campi di gioco, forse addirittura per tutta la durata del liceo. Te ne rendi conto?".

"... ..."

"Non è una cosa che si possa giustificare tanto facilmente ... e pestare l'asso avversario poco prima di un incontro è imperdonabile. Sarebbe una macchia sul tuo curriculum che ti porteresti dietro per il resto della tua carriera. Non hai detto che vuoi diventare un professionista?"

"Sì."

Kaede porta il dorso della mano contro la sua fronte e Hanamichi può sentirlo tremare seppur debolmente: "Non me lo sarei mai perdonato se fosse successo".

Le braccia calde di Sakuragi lo cingono con forza, improvvise e inaspettate: "Scusa! Scusa! Scusa! Sono stato un coglione!".

"Certo che lo sei stato, do'aho!"

Hana sorride, poggia la sua fronte contro quella sudata dell'altro, fissando quel suo sguardo così nero: "Adesso basta parlare di Sendoh. Vuoi che mi si ammosci?".

"Hn ..." senza aggiungere parole, Rukawa lo afferra per la nuca portandoselo addosso, trascinando entrambi sulle coperte sfatte: "... baciami ...".

Si lascia divorare da Hanamichi, stringendolo con foga. Segue la linea dei muscoli, percorrendola dall'alto verso il basso. Insinua le dita sotto l'elastico della tuta sollevando i boxer, allarga le mani attorno alle natiche sode come ciliege, afferrandole con urgenza e spingendole contro di sé.

Si stacca, offre il collo e quasi impazzisce quando la sua stupida scimmia ammaestrata glielo morde: "... nh ... che dici? Adesso sì?".

"... sì ... adesso sì ..."


Con un rapido colpo di reni inverte la loro posizione, rotolando insieme sulle lenzuola. Si abbassa felino artigliando i vestiti residui dell'altro, sfilandoli con un unico movimento.

"Ah!"

Ignora l'imbarazzo del rosso. Padrone di quel piacere appena provato, desidera concederlo a sua volta. Deve solo lasciarsi guidare dai sensi e dall’istinto ...



...



Le luci dei lampioni si accendono nelle strade, invadono la stanza spingendo le ombre, addossandole negli angoli lontani. Gli occhi di Kaede s'illuminano selvatiche, mentre le ciocche paiono assorbire l'oscurità e la pelle irradiarsi opaca.


"... kitsune ..."


Hanamichi osserva la bianca volpe avvicinarsi al suo volto, felina e suadente, e pensa che l’Hokkaido l’abbia davvero cambiato nel profondo dell’animo. E' come se le montagne, le foreste e il vento del nord gli fossero penetrati sotto la pelle risvegliandolo.


Un'atavica creatura dei boschi, creduta perduta nelle maglie del tempo, rinata in una lontana città di mare ...


"Dei ... sono perduto ..." questi i suoi ultimi pensieri, prima che la pelle, le labbra e la lingua di Rukawa scendano su di lui, soffiandoli via in un attimo ...



...



Kaede lo bacia.



Kaede lo tocca.



Con quei suoi movimenti così lunghi e delicati, quasi sfiorandolo, per poi virare d'improvviso mutandoli in urgenti e profondi; ciò che inizia con i denti o le unghie, lo finisce con i capelli di seta ... è la prima volta che viene toccato, leccato, morso o anche solo baciato a quel modo. A ottobre, quella volta, la loro prima volta, Rukawa era stato passivo per tutto il tempo. L’aveva lasciato fare, senza opporsi, quasi cercandolo ma non era stato partecipe, ciononostante Hana aveva creduto che non potesse esserci un piacere più grande e appagante di quello provato quella sera.


Si sbagliava.


Con Haruko sarebbe tutto più facile, anche il sesso, ma non potrebbe mai essere tanto profondo, caldo e intossicante.
Quello può averlo solo con la sua bella, sensuale, volpe bianca ... se Kaede è una kitsune rinata, allora lui si sente come un’antica bestia feroce ammansita dalle sue dita sapienti.

E’ davvero la sua prima volta?

Sì, lui gli ha giurato di sì. Ed ha deciso di credergli ... per cui è la sua prima volta.


Ed è dannatamente bravo.


Hanamichi spinge la testa all'indietro artigliando la nuca fresca e umida dell'altro, ingoiando un singulto reso roco dall’eccitazione crescente: "Kaede ... mi fai impazzire ... potrei uccidere per te ...".

"Do'aho!" Rukawa si ferma giocando con i peli del pube, sogghignando silenzioso, "... sono neri ...".

"... che? ..."

"I peli. Non li tingi?"

"Ce-certo che no! Così sembrerei davvero una scimmia, ti pare?!"

Gli occhi di Kaede brillano sinceri: "Di che colore sono i tuoi capelli?".

"Ah? Neri. Ma non sono lucidi come i tuoi ..."

La volpe non commenta, pare soddisfatto della risposta. Affonda il viso sul ventre, respirando il profumo intenso della pelle e riprendendo il suo lento scivolare verso il basso.

"Posso guardare?"

"Eh?" Kaede solleva la nuca, titubante.

"Ma ... se non ti va ..."

Non risponde subito, si ferma vagando con la mente: "Accendo la luce?".

"Ah! No ... non è necessario ..."

"Apro le tende?"

"No, no ... vedo bene anche così ... tu ... risplendi ..."

"Mpf ... ma che dici?" Rukawa si abbassa sulla sua virilità soffiandovi sopra, prendendo a stuzzicarla con la mano, "... va bene. Guarda".

Allunga la lingua, leccando il glande libero, abbassandosi poi per tutta la sua lunghezza ... su e giù, più volte prima di sistemarsi prono fra le sue cosce e chiudere la bocca sul pene gonfio ...

Hanamichi crede di dover svenire da un momento all'altro tanto è il piacere, osserva il ragazzo fare sua l'asta dura, muovendosi su di essa con apparente naturalezza.


Lo succhia, lo stringe, lo masturba ... senza chiedere il permesso, concedendogli spazio e tempo per negarsi.


Kaede è abile, impara in fretta dai suoi e dagli altrui errori ma, sopra ogni cosa, è un buon maestro, paziente e attento seppur silenzioso ...
Hanamichi allunga una mano, scostando le ciocche che si rincorrono sul ventre negandogli la vista.


Scendono e salgono.



Si allargano e si ristringono.




Come una risacca ...



Il ritmo di Rukawa è fluido e costante, gli accende i lombi bruciandogli il petto. Aumenta gradatamente facendosi rapido e profondo.


D’improvviso si stacca da lui planando sulle sue labbra.

Continuando a muoversi con la mano, lo spinge indietro, delicato ma deciso: "Basta guardare. Adesso sdraiati e chiudi gli occhi. Usa l’immaginazione, sentimi ...".


Ritorna in mezzo alle sue gambe riprendendo immediatamente il suo succhiare, questa volta con ritmo frenetico. Sempre più veloce, stretto e caldo ...


"Ah! Ah! Mmmmh ... Ah! Nggggh!"


Hanamichi sente l'aria uscire dai polmoni in un gemito strozzato.


E’ l’ultima cosa che avverte prima che un’inondazione di luce lo accechi dissolvendolo.


Solo quando il buio riprende il suo posto innanzi alle iridi chiuse, torna a ricomporsi. Pezzo dopo pezzo. Tornando alla vita.



...



Kaede non si muove, rimane accucciato fra le sue cosce in paziente attesa. Quando comprende che il do’aho non ha la forza nemmeno per raggiungere le salviette che ha accanto, si stacca donando un ultimo bacio al glande lucido.

Afferra i fazzoletti iniziando a pulire con cura, carezzando per la prima volta i testicoli rilassati. Stringe le labbra, appuntandosi nella mente di dare loro maggiore attenzione la prossima volta, immagina sia piacevole se fatto con la dovuta delicatezza ... sfiora con le dita l’intima apertura di Hanamichi deglutendo appena, il sapore acido dello sperma gli pizzica la gola asciutta.

Sakuragi ha ragione, pare non scendere facilmente ...



"Sarà vero che è bello e non doloroso quando ..."




Indugia, scivolando delicatamente con un dito fra le natiche dischiuse.

Avvampa innanzi ai suoi stessi desideri.

Da quella sera di ottobre una singolare curiosità ha cominciato a germogliare in lui, spingendolo oltre i confini del pudore ...

Sospira, riprendendo a tamponare.

Non sa come o cosa fare e Hanamichi meno di lui, di questo è certo.



"... hn ... magari più in là ..."




"... v-volpe?"

"Hn?"

"Tutto bene?"

Sorride: "Sì, tu?".

Sorriso in risposta: "Sì".

"Bene", afferra altre due salviette tornando ad asciugare la propria erezione: ha ripreso a colare ...


Senza dubbio alcuno, il sesso fra uomini necessita di un’accuratezza maggiore di quello con una donna ... o almeno, questa, è la sua attuale convinzione.


Recupera la spessa coperta del futon, ricoprendo entrambi.
Striscia sensuale sulle lenzuola allungandosi accanto a Hanamichi, poggia la nuca sulla sua spalla, inspirando il suo odore, catturandone il calore e restando in ascolto del respiro lento e regolare.

Porta il palmo sul torace carezzandolo lievemente, utilizzando i polpastrelli con movimenti lenti e circolari: "Adesso anche tu sei dentro di me. Sono tuo".

Sakuragi poggia le labbra sulla sua fronte, succhiando un ciuffo umido di sudore: "Sì".

Chiudono gli occhi, galleggiando aggrappati l’uno all’altro.

"Se ci addormentiamo, sarà un problema."

"Mmmm ..."

"... kitsune, non dormire ..."

"... sì, lo so. Solo ... sto così bene ..."

"... anch’io ..." Hanamichi sfrega la punta del naso contro la sua fronte, inebriandosi di quella fragranza forte e speziata. Gli occhi hanno ripreso a bruciare e la gola a contrarsi dolorosamente: "... Kaede, non partire ...".

"..."

"Resta qui con me, non andare."

"... devo ..."

"Volpe ..."

Kaede si stringe maggiormente a lui, nascondendo il volto contro la spalla sinistra: "Tornerò".

Hana risponde alla sua stretta, sfiorandogli il mento con dita tremolanti, tuffandosi nelle sue ciocche d’ebano: "Sì, ti aspetterò".

Un copione recitato a memoria da più di un mese ormai. Eppure, ogni volta, è più struggente della precedente e si porta via brandelli della loro adolescenza ... dopo non parlano più per interi minuti, desiderosi solamente d’impossessarsi dell’odore e del tepore dell’altro.



...



"La maglietta di tuo fratello la rivuoi adesso?"

"..."

"..."

"... no, tienila ancora un po’ tu."

"..."

"..."

"Va bene. Nessun problema."

Si stringono aggrappandosi, affondando con le unghie nella carne, graffiandosi vicendevolmente. Intrecciano le gambe, vibrando alla medesima frequenza ...

"Perdonami."

"Hn?"

"Potevamo passare così questi tre giorni e, invece, mi sono comportato da perfetto idiota e ho rovinato tutto ... è tutta colpa mia ...", Hanamichi trema. Una lacrima fugge al suo controllo rigandogli la guancia, scivolando fra i capelli di Kaede.

Quasi l’avesse sentita, il moro solleva il viso baciandogli dolcemente il collo ambrato: "Non ci pensare più. E’ passata ormai".

"... però ... è così bello ed io ..."

"Basta. Non sono arrabbiato. Va bene così. Stiamo insieme adesso, è questo l’importante."

"... sì ... scusami ..."

Kaede torna sulla spalla di Hanamichi, sfiorandola con le labbra.


Ha mentito.


Per la prima volta, da quella notte di ottobre, non ha seguito i consigli di Masashi.



"... quando t’innamorerai, dovrai lavorare sodo per costruire un rapporto saldo come quello che hanno i tuoi genitori e non potrai mai farlo se non sarai completamente sincero e onesto con la persona che ami ..."





Il comportamento e le parole di Sakuragi l’hanno ferito più di quanto sia disposto ad ammettere, così come quelle accuse velate dall’incertezza e dalla gelosia.
Ciò che lo hanno trattenuto dal dare libero sfogo alla propria delusione e offesa sono state le lacrime del do’aho, quel suo dolore così sincero e reale unitamente al poco tempo rimasto. Troppo poco per perdersi in un furioso litigio.

Accartoccia il proprio orgoglio innanzi a quella sofferenza, comprendendone la vastità ...


Stringe le palpebre.


I giorni che verranno, serviranno a entrambi per metabolizzare quanto successo, consolidando una nuova consapevolezza: c’è ancora molto lavoro da fare, su loro stessi e su quella loro relazione nata in una notte di tempesta ...
Kaede pensa che il fuoco e il vento che hanno divampato fra loro, in ottobre, siano cosa bella, estasiante e appagante, quanto instabile e di breve durata. Per creare un rapporto solido e continuo, servono acqua e terra. E il cielo sopra di loro. La roccia, dura e resistente, come fondamenta. Il tempo come cemento ...


"Sono felice di essere vivo", si stringe maggiormente a lui aderendo con ogni parte del suo corpo, "Grazie".

Hanamichi risponde al suo richiamo, chiudendo le braccia attorno alla schiena. Schiacciandolo contro il suo petto: "Ti ho già detto di non ringraziarmi più per questo ...".

"Lo so ma se quella notte non fossi venuto alla spiaggia, sarei sicuramente morto", trema inorridito. Sente il bisogno di compensare alla menzogna con una verità, per questo non frena le parole seppure richiamino memorie dolorose: "Il mare o il freddo mi avrebbero ucciso. Mi hai salvato e ne sono felice. Se non fossi vivo, non potrei provare tutto questo ...".

Respira ancora il suo calore, la solitudine della spiaggia ormai lontana. Non vuole sfiorarla mai più.

"Mi sono avvicinato a Sendoh e a Rei perché voglio anch’io degli amici come li hai tu. Non voglio più restare solo. Voglio cambiare, essere migliore."

"... sì ... scusami ancora Kaede ..."

"..."

"..."

"... ieri ... ieri sono andato con mamma e papà al cimitero ..."

"... da Kenji?"

"Non abbiamo altri parenti."

"..."

"..."

"Sei ancora arrabbiato con lui?"

"Sono furioso."

"..."

"..."

"... ti ho mai detto come ho fatto a ritrovarti sulla spiaggia?"

"Hai seguito Nao."

"Sì, cioè no, o meglio sì ... voglio dire ... sulla spiaggia è stato Nao a portarmi da te ma a guidarmi dal gatto è stato un profumo."

"..."

"L’ho sentito passando accanto al campetto e mi ha condotto da Nao. Era molto simile al tuo odore ma aveva anche qualcos’altro ... incenso e fiori ..."

"... Hana ..."

"So cosa pensi e so che non credi nei fantasmi. Sto solo dicendo che qualcosa mi ha portato da te ed io voglio credere che sia stato tuo fratello. Che mi abbia aiutato lui a salvarti e che, qualunque cosa abbia pensato quel giorno, adesso sia pentito di averti fatto tanto male e stia cercando di riparare in qualche modo ..."

"..."

"... dagli una possibilità ..."

Scava la pelle dell’altro, giurando a se stesso di non cedere mai alla fierezza sacrificandole Hanamichi. Si ripromette di lottare fino all’ultimo per restargli accanto, meritandosi il posto al suo fianco, volando alle medesime altezze, sospinti dalle stesse correnti. Come falchi che danzano nell’aria immobile di fine inverno.


"Affare fatto."



...



Infila le scarpe, chiudendo subito dopo la cerniera della giacca con un movimento lungo e silenzioso: "Allora, io vado".

Da sotto lo schermo protettivo della frangia vede Sakuragi chiudersi nelle spalle, spostando il peso da una gamba all’altra, nervoso: "Ti accompagno?".

Sorride: "No, sei stanco. Riposati".

Hanamichi indossa un delizioso broncio infantile, spegnendo lo sguardo: "Ti accompagno".

Ma Kaede posa una mano sull’ampio torace frenando delicatamente lo slancio dell’altro: "Aspetta ... do’aho!", incatena le iridi di avellana alle sue premendo lievemente sulla maglietta bianca, invitandolo a indietreggiare. "Ascoltami. Hn ... è ... è dura ... io ... anch’io vorrei restare qui ... con te ... non ... non voglio tornare a Chitose ... io ...", si ferma in cerca delle parole, "... ma devo. Tsutomu mi ha detto che le prossime settimane saranno le più difficili, ci saranno giorni in cui starò bene ma altri in cui un odore, un sapore o anche solo un episodio mi ricorderanno Ken. Magari avrò un pensiero, un’idea, e mi verrà voglia di condividerlo con lui ... è necessario che ritorni al Momiji, non ... non so ancora gestire tutto questo ...".
Abbassa gli occhi umidi sul braccialetto verde, chiude le dita sul cotone morbido della maglia stringendola nel pugno con forza: "... se resto con te un altro minuto, mi mancherà il coraggio per partire ... ti prego, resta qui ...".

"..."

"... devo ..."

Sakuragi non risponde, si limita a piegarsi poggiando delicatamente la fronte contro la sua appropriandosi, una volta ancora, del suo respiro: "Ti prometto che cambierò anch’io. Quando ci rivedremo, sarò un Hanamichi diverso".

Kaede socchiude gli occhi, sorridendo rinfrancato: "Hai già fatto progressi incredibili. Quell’ultimo canestro è stato eccezionale, mi ha lasciato senza fiato ... avrei tanto voluto giocare con te ...".

Il numero nove gli bacia la fronte, soffiando fra le ciocche morbide: "Stupida volpe, non stavo parlando del basket ...".

Il sorriso di Kaede si addolcisce ulteriormente, allargandosi grato: "... lo so ...".

"..."

"..."

Avverte la mano di Hanamichi premere con forza, spingendo la sua nuca contro le labbra prima di staccarsi e spingerlo lontano: "Adesso vai ...".

"Sì", indietreggia di un passo, poi un altro e un altro ancora ... giunto alla porta si volta e, senza girarsi, la spalanca gettandosi nell’aria fredda della sera.

Corre, più rapido della propria tentazione, fuggendo veloce dal desiderio di restare con lui, lasciando dietro di sé, una volta ancora, tutto quanto.


Spalanca gli occhi, punta lo sguardo innanzi, allontanandosi solo.



"Tornerò!"





°°°°°°°°°°°°°°°°°°




Rallenta solamente quando vede i contorni familiari del loro campetto brillare nella luce fioca della strada. Respira a fondo, buttando l’aria nei polmoni. Rovescia la testa all’indietro senza fermarsi.


Il timore di avvertire il profumo descrittogli da Hanamichi ad aleggiare su di lui.


Avanza lento, non si sofferma a ricordare quelle loro mattine, non ne ha bisogno, sono dentro di lui adesso. Passa la lingua sulle labbra succhiandole delicatamente, il sapore di Sakuragi non si è ancora affievolito e gli invade la bocca.

Continua a camminare, scivolando pigro sull’asfalto.
Prosegue indolente sino a scontrarsi con l’alta figura di un ragazzo fermo al semaforo. Inclina la nuca di lato, osserva i riflessi rossi dei led rifrangersi sulle punte acuminate di quella chioma conosciuta e imprigionata innaturalmente nel gel.


Sospira.


"Che ci fai qui?"

"Ah!"

Sendoh balza sul posto, come un gatto, spaventato da quella voce morbida e allo stesso tempo pungente che l’ha colto mentre era immerso nei propri pensieri.
Kaede scorge un’ombra allarmata spegnersi sul volto devastato l’istante in cui pare riconoscerlo e pensa, con rammarico, che gli occorrerà tempo per riprendersi dall’aggressione subita.


"... hn ... questa non è la tua zona ..."


Akira si apre in un sorriso sincero. Non l’ha sentito arrivare ed è intimamente felice per quella piacevole sorpresa.

Le luci della città mettono in risalto, piuttosto che celare, i lividi e i tagli sul suo volto, e Rukawa non può trattenersi dall’abbassare le palpebre, visibilmente a disagio.


Pare chiudersi in se stesso, piegarsi e farsi piccolo.



"Perché sei qui?"


Ancora quella domanda. Come se ci fosse sempre bisogno di un motivo per incontrarsi. Akira sorride innanzi a tanta inesperienza, forse dovrebbe sentirsi offeso dalle domande del numero otto, ma non è così. In quell’ultimo mese ha imparato a leggere oltre le parole del kohai, intravedendovi le reali intenzioni, apprezzandone tutta la schiettezza e purezza che quei modi, talvolta brutali, nascondono alla vista.


"Volevo salutarti prima che partissi."


Si chiude nella giacca, la luce smeraldo del semaforo si è appena illuminata ma Rukawa non sembra intenzionato a riprendere il cammino: rimane fermo, non lo invita a seguirlo. Improvvisamente Akira pensa di aver osato troppo, di essere stato eccessivamente sfacciato se non addirittura indelicato. Dopotutto il Ryonan ha conquistato il secondo posto a discapito dello Shohoku ...


"Rientri dallo Shohoku?".

"..."

"..."

"... ci sono stato per salutare tutti ma, adesso, stavo tornando dalla casa di Hanamichi."


Kaede si volta verso la direzione da cui è arrivato, indietreggiando di un passo.

E’ insolito per lui perdersi in spiegazioni, o esporre a quel modo la propria vita privata ma la scimmia rossa per poco non si rovinava la carriera per la sua folle gelosia e, in parte, si sente responsabile per questo.

I tagli e i lividi sul volto di Sendoh rivelano la furia con cui è stato colpito, tutta la volontà di fargli male.



"Quel deficiente ... per poco non gli ha fatto saltare gli incisivi!"




Solleva lo sguardo sul capitano avversario, all’oscuro della luce che agita le sue iridi di notte.


"Hanamichi? Intendi Sakuragi?"


Ancora una volta, Rukawa non gli risponde. Non lo fa mai quando si accenna alla testa rossa. Muta, guardandolo con quella sua espressione così singolare, cui non riesce a dare un nome. Akira pensa che nessuno l’abbia mai guardato con occhi simili e, intimamente, se ne rattrista.

Poggia la spalla sinistra contro il palo del semaforo, giocando con un lembo della giacca pesante. L’aria attorno a loro, orfana dei raggi del sole, si è fatta umida e gli tormenta il labbro spaccato. Akira non parla, non sa cosa dire, succhia la ferita assaporando il sapore metallico del sangue.

Per lui, così come per Rukawa, è la prima volta che si addentra in un rapporto d’amicizia con qualcuno che non sia della famiglia, senza limitarsi ai confini di un campo da basket o a quelli più soavi di un letto.



"Non ti ha colpito per vincere la partita."



La voce del numero otto gli giunge incerta, come soffocata da una colpa profonda. Kaede è insolitamente tornato a guardare la punta delle scarpe, spostando il peso del corpo da un piede all’altro.


"Te l’ha detto lui?"

"... Hn ... non l’ha fatto per quello ..."

Akira sorride in lieve imbarazzo. Non ne comprende il motivo, ma non gli fa piacere sapere che Rukawa sia a conoscenza del suo pestaggio: "L’ho immaginato, per questo non ho detto niente".


"Grazie."


"Perché mi ringrazi? Cosa c’entri tu?"

Porta le iridi lontane da quella figura piegata, non è così che gli piace vedere l’asso avversario.

Gli ha posto domande di cui ha già intuito le risposte, ma deve ancora metabolizzare quell’intuizione che l’ha colto durante la finale, e una parte di sé spera ancora di essersi sbagliata. A tradirli non è stato il comportamento avventato e borioso di Sakuragi, a quello, Sendoh ha dato inizialmente un’interpretazione diversa: gelosia, sì, ma per un compagno di squadra cui la testa rossa prova una profonda stima. Non molto diversa da quella che gli portano Koshino o Fukuda.
No ... a tradirli sono stati gli occhi di Rukawa. Gli è bastato osservare come scivolassero sulla figura del numero nove per tutta la partita per comprendere ciò che gli era stato indecifrabile due sere prima: quei due stanno insieme e lui è il terzo incomodo.

Ingoia a vuoto.

Guarda il verde spegnersi per cedere il passo al rosso.
Comprende le ragioni di Sakuragi ma la situazione è più semplice di quello che quell’assurda matricola creda: lui non è gay e può benissimo continuare a frequentare l’algido numero otto. Per questo non intende farsi da parte, nemmeno se questo significasse mettersi sulla strada di un nuovo pestaggio. Ha aspettato troppo tempo per incontrare qualcuno con cui essere così in sintonia, sentirsi finalmente trattato alla pari.

"Non m’inviti a casa tua? Comincia a fare freddo ...", riporta l’attenzione sullo sguardo severo dell’amico: "Che c’è?".

"Ci tieni così tanto a rivedere mia madre?"

"Eh?!" Rukawa s’incupisce mettendo il broncio proprio come un bambino e Akira non riesce a frenare una sincera, fragorosa, risata: "Ah! Ah! Ah! No! Ma che dici! Ah! Ah! Ah!".

"Hn ..."

"Ascolta, è divertente battibeccare con te su tua madre. Mi fai morire quando ti arrabbi, te lo giuro, ma voglio che sia chiaro sin da subito che non sono il genere di persona che va infilarsi in un triangolo ..."

"Triangolo?"

"Sì, triangolo. Sono più tipo da ... retta", e per suggellare le sue parole, disegna una retta immaginaria di fronte a sé, "... due punti, una retta. Capisci?".

"..."

"Niente triangoli."

"..."

"E poi ... in questo momento voglio solo pensare al basket ...", sfugge al confronto, tornando a concentrarsi sulla strada, "Nient’altro".

"Sì."

"T’infastidisco?"

"No."

"Ma infastidisco Sakuragi."

"..."

Respira a lungo in attesa che Rukawa riempia il silenzio con le parole. Sorride sereno, poi si stacca dal palo e si allontana ricalcando i suoi passi: "Buon rientro a Chitose. Metticela tutta!", non si aspetta risposta per cui prosegue tranquillo.


"Sendoh aspetta."


Si volta con le labbra distese e il taglio che ha ripreso a tingersi di rosso. Proprio non vuole saperne di cicatrizzare!


Kaede gli porge la mano, distendendo il braccio fra loro: "Buona fortuna per il Campionato Invernale. Stai molto attento a Goto".

Akira la stringe con presa sicura, l’animo pronto e la voglia di vincere infine ridestata: "Grazie. Lo sistemerò anche da parte tua". Poi, si piega in avanti avvicinando il viso a quello dell’altro ridacchiando impudente: "Scommetto che tuo padre è piuttosto severo. Sbaglio?".

"Hn?"

Si risolleva con un ghigno beffardo, indicandosi il collo poco sotto l’orecchio sinistro: "Se fossi in te, mi coprirei meglio. Hai un succhiotto bello grosso proprio qui ...", allarga il sorriso all’avvampare dell’altro.



"Chi l’avrebbe mai detto! Rukawa e Sakuragi! Da non credersi ..."




Indietreggia infilando le mani in tasca, cercando con tutto l’autocontrollo che possiede di non sciogliersi in una fragorosa risata, ma il kohai non gli è d’aiuto. Kaede si porta una mano sul collo, goffo e impacciato, più rosso di una fragola matura: "... mpf ... immagino possa essere difficile da spiegare, soprattutto se prima hai detto ai tuoi che sei stato tutto questo tempo a casa di un amico ...".
Ora, il numero otto perde ogni sfumatura del vermiglio: restano solamente il pallore delle gote e il nero delle iridi smarrite, quasi spaventate. A questo, Akira non si trattiene più e scoppia in un’assordante sghignazzata che aumenta sotto all’idiota sibilato a denti stretti dell’altro.

Mentre si allontana, calmo e serafico, le sue risa riecheggiano ovunque fra le strade deserte, rimbalzando nel campetto vuoto. Superatolo, si volta ma Rukawa è già sparito oltre il buio dell’incrocio.


"A presto, campione!"




°°°°°°°°°°°°°°°°°°




Frena la corsa al vibrare del telefonino, si piega in avanti poggiandosi pesantemente al basso cancelletto di casa, il cuore che percuote il petto quasi con dolore e i polmoni che bruciano per lo sforzo.



"Maledizione a Sendoh e alle sue cazzate!"




Inspira a fondo, prima di sfilare il cellulare per adombrarsi ancora di più.



"E accidenti anche a lui! Non poteva fare più attenzione?!"




Apre il messaggio in arrivo, sorridendo timido.


"Buona notte, kitsune!"




Poggia il display alle labbra baciandolo tiepidamente, volge lo sguardo al cielo ma le stelle permangono nascoste dalle luci della città.



"Domani potrò rivederle. Non c'è fretta."




Risponde svelto, invia, poi si chiude con maggior attenzione la giacca fin sotto il mento. Rassetta i capelli, ringraziando gli Dei per non averli ancora tagliati, sperando che bastino a coprire il segno sul collo, e infine si dirige calmo solo all’apparenza sul vialetto di casa ...



"Buona notte, do’aho! E controllati il collo, idiota!!!!!"









°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°




Domenica 19 novembre.


Quarantun giorni al loro prossimo incontro.



Quarantaquattro senza essersi potuti toccare.



Solo una settimana di ritardo ...
 
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view post Posted on 14/11/2016, 01:01     +1   -1
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Il volo dei falchi

Capitoli Extra
de "Il pianto della cicala"







Autore: Virgo08
Serie: Slam Dunk
Rating: PG - R
Pairing: Hanaru
Desclaimer: I personaggi di Slam Dunk appartengono a Takehiko Inoue.


Note:


Minato Mirai 21: spesso abbreviato semplicemente in Minato Mirai o MM, è la zona più famosa e spettacolare di Yokohama, con molte opportunità di svago e di shopping. È un posto popolarissimo tra le coppie data l'atmosfera incredibile, specialmente dopo il tramonto (si passeggia circondati dal mare, dalle barche e dalle luci dei grattacieli). Ci sono inoltre più di 600 negozi che offrono una selezione vastissima di prodotti che vanno dalle marche più costose e di moda a quelle meno pregiate.


Nippon Maru: è una nave a vela in pensione costruita nel 1930. E’ stabilmente attraccata al porto del Minato Mirai ed è aperta al pubblico.

Yokohama Landmark Tower: è un grattacielo (ha di fronte la Nippon Maru). All'interno vi sono un hotel a 5 stelle, negozi, ristoranti e cliniche più un osservatorio chiamato Sky Garden che è situato al 69º piano, dove è possibile osservare Yokohama a 360° e il Monte Fuji (se c’è bel tempo ^___^).

Cosmo World: è un piccolo parco divertimenti circondato dal mare e dai grattacieli circostanti che rendono l'atmosfera davvero surreale. L'attrazione più famosa è sicuramente la ruota panoramica Cosmo Clock 21, alta 112 metri e con un gigantesco orologio al centro visibile da tutta la zona (molto popolare tra le coppiette).




°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°


Il falco plana mutando il suo volo. Silenzioso, permane in attesa del compagno lontano.

“Vola! Vola! Nutriti! Nutriti! Proteggiti e continua a volare! Tornerà, non temere. Aspettalo fiducioso.”








Capitolo Extra - With a dash of courage ...




“Oggi è lunedì”, è questo il primo pensiero che gli solletica la mente appena solleva le palpebre pesanti di sonno. Tutta la stanchezza e la fatica del giorno prima sono risalite nella notte, come una lenta marea, sino a sommergerlo dalla punta dei piedi fino all’ultimo dei capelli.
Ha appena la forza per sbattere le ciglia più volte, cercando di mettere a fuoco la vecchia sveglia del padre. Pigro, allunga un braccio spegnendola prima che suoni. Per oggi non necessita dei suoi servigi.

E’ lunedì ed è giornata di cambio coperte …

Sua madre non è una fissata con la pulizia e l’ordine a ogni costo ma gli anni passati ad assistere gli anziani le hanno impresso fin nelle ossa determinate regole: cucina e bagno sempre puliti, mani lavate con cura appena rientrati in casa e cambio regolare delle lenzuola oltre a un’attenta e precisa areazione dei locali. Con lei non si sfugge a questi semplici dettami, che ci sia vento o pioggia poco importa, il lunedì si cambiano le coperte e la sera c’è sempre quel piacevole profumo di sapone che aleggia nella camera …

Si raggomitola triste sotto il pesante futon, stringendosi l’aria calda al petto. Sente il vuoto senza Kaede disteso al suo fianco, è una sensazione che aumenta ogni volta che si trovano costretti a separarsi. Lo schiaccia togliendogli forza e volontà.



“Chissà se è così anche per lui …”




Vorrebbe chiedere a sua madre di non aprire la finestra quel giorno, di non lavare le lenzuola fino a quando l’ultima traccia dell’odore della sua volpe non si sarà inevitabilmente dissolta.

Scivola con una mano sotto al cuscino, tirando fuori un fazzoletto di cotone. Accende la lampada, aprendolo delicatamente.

Sorride avvicinando le labbra e aspirando con attenzione.


“Volpe, prendi questo e passatelo per tutto il corpo.”

“Eh?”

“Dai, fallo. Tienilo stretto, così il tuo odore penetrerà nel fazzoletto. Passalo dappertutto, ok?”

“Ma sei scemo?”

“E poi … voglio i tuoi capelli … mi basta una ciocca. Posso tagliarla?”

“Hn …”




L’aveva accontentato … Kaede asseconda sempre i suoi capricci.


Mmmmh … dovevo chiedergli di più …”


Richiude la pezza temendo di sciuparla più in fredda del necessario. La sua preziosissima reliquia …


Afferra il cellulare, ha voglia di sentirlo.



“La buonanotte non mi basta più, voglio anche il buongiorno!”




Distende le labbra mentre cerca il numero di Kaede fra le chiamate rapide.
Di sicuro lo sgriderà dicendogli che a quel modo finiranno con lo scialacquare tutto il credito in pochi giorni ma alla fine esaudirà anche quel suo piccolo desiderio.


“Ih! Ih! Mi piace quando mi vizi!”


Uno squillo appena e quella voce così vellutata è prigioniera delle sue orecchie: “Ehi”.

“Ehilà, volpe, buongiorno!”

“Hn … cos’è questa novità?”

“Eh! Eh! Eh! Il buongiorno del genio! Da oggi sarà una regola fissa!”

“Così esauriremo il credito in meno di due settimane, do’aho!”

Apre la bocca aspettandosi di ascoltare la propria fragorosa risata vibrare fra le labbra divertite ma non avverte altro che il silenzio. Non riesce a ridere.


Perché l’ha chiamato? Conosce già la risposta: per chiedergli una volta ancora di non partire


Trema e si vergogna per questo.

Ha promesso di cambiare e maturare, perché Kaede ha bisogno di un ragazzo più consapevole e sicuro.


Scivola sulla pancia, fissando la luce incerta del mattino filtrare attraverso le tapparelle abbassate: “Dove sei?”.

“All’aeroporto, stiamo per imbarcarci.”

“Allora, buon viaggio. Sei con tuo padre?”

“Ci sono anche la mamma e Nao.”

“Nao?!”

“Hn … con il livello 2 ho ottenuto il permesso di occuparmi di Nao. Lo porterò al Momiji con me.”

“Ah!”



“Bestiaccia fortunata …”




“Penso che si troverà bene, dopotutto anche lui è originario di Sapporo …”

“Davvero?”

“… hn … apparteneva alla madre di Masashi prima che morisse in aprile.”

“Capisco … mandami un messaggio quando atterri, ok?”

“Sì.”

“Metticela tutta, mi raccomando volpe!”

“Sì.”

“… ah! E il collo?”

“… hn … indosso una dolcevita … accidenti a te …”

“… Eh! Eh! Eh! Fortuna che sei freddoloso …”

“Idiota … e tu?

“Nessun segno sul collo, sei stato più attento di me …” abbassa la voce, rendendola volontariamente maliziosa, “… ma ne ho uno sul fianco destro, qualcuno deve avermi morso proprio lì …”.

“Hn! La schiena?”

Ridacchia divertito, la voce incorporea di Kaede si è fatta di una nota più alta, timida e imbarazzata. Ha voglia di stuzzicarlo un altro po’.

“Nessun segno, credo. Dopo controllo …”, non gli da il tempo per insultarlo, coprendo i suoi rimproveri con le proprie parole: “… scherzo … è indolenzita ma è tutto a posto, tranquillo. Oggi non avremo allenamenti, il nano ci lascerà il pomeriggio libero”.

“Allora cerca di riposarti, ok?”

“Certo.”

“…”

“…”

“Devo andare.”

“Sì, scusa.”

“Hanamichi?”

“Mh?”

“Buona giornata anche a te!”

Hana sorride col cuore e gli occhi s’illuminano commossi: “Allora è il nostro nuovo rituale, volpe?”.

“Hn, perché no …”

Adesso sì … ora può finalmente sciogliersi in un’assordante sghignazzata soddisfatta, incurante dei rimbrotti di Kaede e dei richiami di sua madre oltre la porta chiusa.

Termina la chiamata, si alza e nasconde il fazzoletto in fondo al cassetto della biancheria intima. Sorride alla foto di suo padre facendo segno di mantenere il segreto, bacia quella dello Shohoku al Campionato Estivo - finalmente inquadrata - facendo bene attenzione a sfiorare il viso di Kaede, infine si dirige deciso verso il salotto: ha un’intera giornata da affrontare e ha tutte le intenzioni di farlo a testa alta!



“Sono pronto!”








Quando apre la porta di casa, Yohei e i suoi amici sono già in strada ad aspettarlo. Sorride loro con una serenità ritrovata, avvicinandosi spavaldo: “Allora, bastardi, si va?”.


“Ma sentitelo!”


“Se siamo qui da dieci minuti!!!!!”


“Datti una mossa, deficiente, o arriveremo tardi a scuola!!!!”


Yo si scioglie in un’allegra risata: Hanamichi pare essere tornato il loro solito rossino, quasi che quel Sakuragi pieno di rabbia e furia si sia dissolto come foschia sotto i tiepidi raggi del mattino.

Gli si affianca cominciando a camminare rapido, tenendo il ritmo con le lunghe falcate dell’altro: “Allora? Passata la delusione?”.

Hana lo guarda dall’alto sorridendo appena: “Tu che dici?”.

Yohei risponde con un sorriso aperto e spontaneo: “Oggi avete il pomeriggio libero, vero? Andiamo in centro a divertirci?”.

Il rosso solleva la testa lasciando vagare i pensieri nella volte celeste, l’aria fredda gli solletica le gote stuzzicandolo piacevolmente: “E’ da tanto che non ci svaghiamo un po’ … e sia! Iniziamola bene questa settimana! Giornata di bagordi!”.

A quelle parole Mito risponde con una pacca sulla sua schiena prima di fare un segno di vittoria agli amici poco più indietro … le loro risate si liberano fra le strette stradine, risalendo gioviali i muri delle case che li circondano per poi liberarsi nell’aria frizzante di metà novembre.


E’ quello che ci vuole! Un po’ di sano, dolce, ‘far niente’!



“Gran cazzeggio supremo, arriviamo!!!!!!!”




°°°°°°°°°°°°°°°°°°




KITSUNE

“Arrivato al Momiji. Tutto bene. In aereo è meglio, anche se papà è stato intrattabile per tutto il viaggio. Scopro adesso che ha paura di volare. Pranziamo insieme e poi i miei vanno da zia Shizu per qualche giorno. Buon appetito!”


lun, 12.28





DO’AHO

“Finito di pranzare in terrazza. Mi sa che è l’ultimo giorno che lo faccio, inizia a fare freddino. Questo pomeriggio vado in centro con Yo e gli altri. Tranquillo, non mi strapazzerò. Metticela tutta! Buona giornata!!!”


lun, 12.46






Hanamichi fissa lo schermo del cellulare spegnersi, figurandosi Kaede mangiare assieme ai genitori nella mensa del Momiji.


Chiude gli occhi.


Gli sembra di vedere la sua volpe, composta e serena, addentare una porzione di riso cotto al vapore, triturandolo con i suoi piccoli denti … porta la mano libera sul fianco destro massaggiandosi debolmente.
La madre avrà sicuramente quello sguardo triste e melanconico che la caratterizza illuminato però da un tiepido sorriso, mentre il padre rimarrà imperscrutabile seppur vigile, quasi proteso.

Hana li immagina così: riuniti, a un passo dall’essere abbracciati, prima di separarsi una volta ancora.



“E’ dura per loro.”





Quella frase gli rammenta che Kaede non è soltanto suo, appartiene anche alla sua famiglia e lui non è l’unico a soffrire per quella lontananza forzata …


Sorride.


Nao farà bene alla volpe e magari lo aiuterà a non trasformarsi in una vera kitsune …



“Eh! Eh! Un gatto per rimanere umano … questa sera glielo dirò, voglio proprio sentire come m’insulterà questa volta!”





“Allora eri qui!”


Si volta in direzione della voce allegra di Yohei, nascondendo il cellulare nella tasca dei pantaloni. Non ne ha motivo ma il gesto è stato talmente impulsivo da non poterlo frenare.

Si piega a raccogliere da terra la scatoletta arancione del bento: “Sì, scusa. Avevo voglia di mangiare in terrazza …”.

Yo si appoggia alla ringhiera scrutando l’orizzonte: “Senti, per oggi abbiamo invitato anche Haruko, Fuji e Matsui”.

“Ah!” Hanamichi si raddrizza soppesando dubbioso la scatola. Avverte lo sguardo incerto di Yohei scivolargli addosso.

“Qualcosa non va?”

“Ma no, figurati! Con le ragazze sarà anche più divertente!” imita l’amico addossandosi al parapetto, simulando una disinvoltura che non possiede.

“Posso chiederti una cosa?”

“Ma certo! Spara!”

“Con Haruko a che punto siete arrivati?”

“Eh?!”

Yo sorride giocando nervosamente con le dita, sa bene di stare per addentrarsi in un territorio insidioso: “Beh, ad Agosto ti ha scritto un sacco di lettere quando eri ricoverato … e adesso è la manager della squadra …”.

“Ah … sì … è che in questi ultimi mesi sono stato parecchio impegnato …” Hanamichi porta gli occhi sul cortile interno, abbassando la voce, riducendola a un sussurro. Come Kaede, anche Yohei sa intuire quando mente, “… per le Qualificazioni … non … non abbiamo più avuto modo di parlarci molto in realtà …”.

“Già, però adesso e fino ad aprile le attività del club diminuiranno. Giusto?”

Più o meno … il nano ci ha già detto di non illuderci, ha intenzione di organizzare un’agenda fitta di amichevoli con le squadre dei licei vicini …”

“Hana …”

Il richiamo paziente ma inappellabile di Yo gli fa comprendere l’impossibilità di utilizzare la squadra come protezione contro le insinuazioni dell’amico. Ingoia a vuoto cercando nella bocca il sapore di Kaede, unico rimedio contro le sue paure e incertezze. Non lo trova. Della sua volpe non restano che messaggi scritti e una voce impalpabile …


“…”

“… anche con le amichevoli, non sarà comunque come con il Campionato, mh? Perché non provi a farti avanti con lei? Uscite insieme, solo voi due ...”

Si piega su se stesso, incapace di trovare una via d’uscita a quella situazione: “… già … hai ragione … però … le piace Rukawa, no?”.



“Sono patetico. Adesso uso la kitsune come scudo contro Haruko? Ma se solo ieri ho usato lei contro di lui …”




Mmmmhforse non solo Rukawa …” Mito si stacca dalla balaustra infilando le mani nelle tasche. Sospira sereno al suono della campanella senza terminare quella frase volutamente sibillina, indietreggiando impercettibilmente: “… oggi, pensavamo di andare al Minato Mirai ma poi vorremmo passare dal Karaoke Box dove lavorano Takamiya e Okusu, così li sfottiamo un po’ e le ragazze possono svagarsi”.

“Ah … per me va bene ma ti avverto che ho pochi soldi …”

“E quando mai?”

“… stronzo …”

“Eh! Eh! Tranquillo! Al MM pagherò io, mentre ci faremo offrire da bere da quei due scemi! Adesso rientriamo!”

“Sì.”

Segue indeciso la schiena dell’amico avvertendo una strana tensione pizzicargli lo stomaco.


Disagio.


Lo segue nonostante il desiderio di allontanarsi, di negarsi, gli morda il ventre quasi con dolore e, la spiacevole sensazione di essere sul punto di sprofondare nell’ennesima situazione senza via d’uscita, gli graffi la base del collo …



“Ma che sto facendo?!”





°°°°°°°°°°°°°°°°°°




Prima del Momiji non si era mai accorto quanto fosse piacevole studiare in una biblioteca.
In passato aveva accompagnato Kenji in diverse occasioni, finendo puntualmente con l’addormentarsi sopra il tavolo accanto al fratello immerso nella lettura di libri troppo voluminosi per essere presi in considerazione da lui.


Sorride.


Ken aveva ragione: ci si ammazzava sul campo da basket … da quando ha rallentato il ritmo, ha cominciato ad accorgersi che lo studio non è poi così difficoltoso se fatto con metodo e continuità, gli riesce più facile di quanto si fosse aspettato.

Comincia a pensare che la sua fosse semplice stanchezza.


Che idiota!


Completa l’ultimo esercizio di matematica sorprendendosi una volta ancora di poterlo fare senza suggerimenti o aiuti.
Se ne rattrista, è come se un’altra parte di Ken stesse scivolando via.

Porta una mano sulla spalla destra trovandola più leggera, il peso di Kenji si sta facendo giorno dopo giorno sempre più lieve, quasi fosse inghiottito dal braccialetto … forse, quando lo sfilerà, sarà un po’ come disfarsi anche di quel fardello.

Stringe con forza la stoffa del pesante maglione, cercando di trattenerlo. Incapace di lasciarlo andare. Non ancora.


“Ti fa male?” il sussurro preoccupato di Rei lo raggiunge insinuandosi, con delicatezza, in mezzo ai suoi pensieri.

Si volta appena: “No, è tutto a posto”.

Torna a concentrarsi sugli esercizi mentre l’amico annuisce soddisfatto. Lo intravede rimanere fermo a fissare il suo profilo: “Che c’è?”.

Rei inclina la nuca in una cascata di ricci scomposti, uno strano sorriso a metà tra il malizioso e l’ironico ne illumina il viso fine.


Non gliel’ha mai visto prima.


“La tua breve vacanza deve essere stata molto intensa, eh?”.

Porta le iridi sulla figura distante di Taki, più interessato a cercare di indovinare i loro discorsi che a studiare; poi torna su quella della guardia avvicinandosi al suo orecchio: “Che cosa intendi?”.

Rei nasconde le labbra con una mano riducendo il sussurro a un bisbiglio appena udibile: “Anche con il maglione e i capelli sciolti, si vede sai? La tua ragazza deve essere un tipetto piuttosto focoso … Taki ne avrà da sparlare per giorni …”.

Si solleva avvampando imbarazzato, maledicendo quella stupida, stupida, scimmia rossa … se Rei se n’è accorto, allora anche la mamma e il papà … abbassa gli occhi su libri e quaderni ingoiando appena, coprendo con la mano le tracce dei baci di Hanamichi.

Sospira, cercando di riprendere a scrivere nonostante la concentrazione perduta.


Inutile.


Per quanto ci provi, per quel pomeriggio non ci sarà più verso di esercitarsi … ormai è andata!

Torna sul compagno al suo fianco tutto impegnato in una finta lettura … quello scemo ha le lacrime agli occhi tanta è la forza con cui sta cercando di trattenersi dal ridere!!!

S’imbroncia in un moto puerile: “Hn, guarda che non è una ragazza”, lo dice con fare provocatorio, volutamente suadente, sottolineando e sottendendo per poi osservare compiaciuto l’irrigidimento dell’altro, freddato dalla sorpresa; ma Rei non arrossisce imbarazzato ammutolendosi come avrebbe voluto, bensì spegne il sorriso mutando lo sguardo in un’espressione fredda, a un passo dall’essere rabbiosa.

Kaede dischiude le labbra impreparato da una reazione che giudica sproporzionata. Rei lo fissa senza vederlo realmente, come perso a inseguire un pensiero. Quando si alza di scatto facendo dondolare pericolosamente la sedia all’indietro, Kaede crede di dover subire uno schiaffo ma l’amico arpiona con forza il suo polso stringendolo in una morsa dolorosa.

“Non qui. Fuori.”

Lo trascina con un’energia che Rukawa non pensava possedesse. Lo vede zoppicare vistosamente a causa delle falcate troppo rapide, frenetiche. Ha appena il tempo per permettere a Nao di saltare sulla sua spalla, pronto ad attaccare se necessario. La sua bestia feroce e vile …


“Ehi, voi due. Dove pensate di andare?”


Si volta in direzione della voce di Kobo ma è Rei a parlare per primo con una voce orfana della gentilezza che ha imparato ad apprezzare: “Usciamo per una boccata d’aria, torniamo fra dieci minuti!”.

“Ah … prendetevi le giacche. La temperatura si è abbassata, copritevi mi raccomando!”

Rei non ribatte all’infermiere. Esce dalla biblioteca, trascinandolo per il corridoio fino a raggiungere un’uscita di sicurezza. La apre portando entrambi su un piccolo pianerottolo, arrestando la propria corsa al contatto gelido dell’aria di fine novembre. Solo allora, lo libera.

Kaede rabbrividisce accogliendo nel suo abbraccio il gatto, scaldandolo con il proprio corpo.



“Siamo freddolosi, eh volpe!”





La voce di Hanamichi riecheggia nella sua mente, sollevandolo dal turbamento che l’ha colto l’attimo in cui la guardia ha mutato espressione e lui ha compreso di essersi esposto troppo.

Inspira freddo, raddrizzando la schiena, pronto ad affrontarlo.

Rei rimane fisso sul cortile lontano per un minuto abbondante prima di voltarsi. Gli occhi duri, simili a schegge: “Che significa che non è una ragazza?! Stai con una donna?”.

Inclina la nuca di lato, osservando per un momento le piccole nuvole di vapore disperdersi attorno alla bocca dell’amico, accorgendosi di quanto in realtà stia tremando.

Rei gli sta offrendo una via di fuga, un modo per tornare indietro e chiudere la questione con una pacca sulla spalla e un paio di battute sulle cose che si possono imparare da una donna più esperta di loro … e, forse, dovrebbe cogliere quell’occasione.


“No.”

“Che vuol dire: no!”

“E’ un ragazzo.”

“Fammi capire, sei gay?!”.

Kaede socchiude le palpebre, severo, ad un passo dal sentirsi deluso: “E’ un problema per te?”, non nega nonostante non sia certo della correttezza della sua risposta.

E’ omosessuale? Forse.

Le ragazze non gli sono mai interessate, si è sempre sentito a disagio con loro, incapace di apprezzarne le forme che gli offrivano o il fresco entusiasmo che dimostravano per lui; ma anche i ragazzi non l’hanno mai attratto. Né negli spogliatoi né fra i banchi di scuola, fino ad Hanamichi … con lui è diverso; ma Sakuragi è un maschio e, questo, lo classifica dunque come gay. Quindi, sì, magari lo è … ma che importa? Non sono forse vere le parole di sua madre?


“… se ami una persona, se stai bene con lei e con lei soltanto, allora ... dov'è il problema?”




Mantiene fisso lo sguardo in quello dell’altro fino a quando non è Rei ad abbassarlo, triste e sottomesso: “… no … non lo è … solo che …”, si avvicina alla balaustra di ferro un poco incrostata; Kaede pensa che con la bella stagione andrebbe riverniciata. La guardia vi si aggrappa sospirando pesantemente: “… ascolta un cretino, non dire in giro con tanta leggerezza che sei gay, d’accordo?”.

Rukawa gli si affianca scrutandolo curioso ma il ragazzo resta perso sul campetto lontano. Gli occhi tristi e umidi.


“Senti, quando hai cominciato a giocare a basket? Cosa ti ha spinto?”


A quella semplice domanda inclina nuovamente la nuca corvina, incapace di afferrare il nesso fra i due discorsi.


Quando ha iniziato a giocare a basket?


E’ la prima volta che qualcuno glielo chiede. Non ne ha mai parlato neanche con la sua scimmia rossa, e si sente un po’ in colpa a farlo con qualcuno che non sia lui, per quanto amico: “Hn, ho cominciato in sesta elementare. Siccome avevo una crescita così rapida e repentina, sin dalla prima, il medico aveva consigliato ai miei genitori di farmi praticare molto sport”.

Sposta gli occhi sul canestro, chiudendo le braccia attorno al corpo tiepido di Nao, tornando con i ricordi ai giorni della sua infanzia: “Inizialmente mi avevano iscritto a nuoto, mi piaceva ma siccome avevo difficoltà a legare con i miei compagni di classe un’insegnante suggerì a mia madre di iscrivermi a uno sport di squadra”.

“Non avevi amici?”

Kaede affonda il viso nel pelo morbido del gatto, carezzandolo con naso: “Hn, ho un carattere chiuso ma sto cercando di migliorare”.

“... devi esserti sentito molto solo …”

“…”

“… e così i tuoi hanno scelto il basket? Per via della tua altezza?”

“Può darsi, non ne ho mai parlato con mio padre del perché mi propose questo sport, ma ho sempre pensato che fosse perché mio fratello lo amava tanto. Masashi e Kenji non andavano d’accordo, litigavano ogni volta che s’incontravano, per questo motivo credo che papà abbia cercato di costruire un ponte che mi avvicinasse a Masa … e, in effetti, così è stato. Forse anch’io accettai più per avere un legame con Macchan che per curiosità.”

“Forse tuo padre pensava che così facendo saresti stato a tua volta un ponte che unisse Masashi a Kenji.”

Kaede socchiude le palpebre inseguendo i disegni della vernice scrostata del parapetto: “In questo caso ho fallito”.

“Kaede …”

“… ad ogni modo, il basket mi entrò nel sangue già dal primo giorno e alle medie m’iscrissi al club della mia scuola, abbandonando il nuoto.”

Rei sorride triste, liberando la fronte dai boccoli prima di iniziare a parlare con voce rotta dall’emozione: “Io ho iniziato in prima media. Il mio migliore amico si era iscritto al club di basket e così lo imitai, non c’era una ragione particolare, volevo fare quello che faceva lui”, solleva una spalla scrollandosi un peso invisibile con noncuranza, “Lo ammiravo molto e cercavo di imitarlo in continuazione”.

Si aggrappa al parapetto spingendo lo sguardo sul canestro lontano, incurante del freddo che gli brucia le mani: “Anche per me fu amore a prima vista e scoprii di avere talento. Ero molto bravo con i tiri da tre … veramente bravo …”, spegne la voce e Kaede pensa che il racconto si sia concluso così, che Rei non voglia proseguire oltre. Non ne ha la forza, troppo dolore.

Cerca un modo per rientrare ma il compagno morde il labbro fermando il suo tremolare prima di riprendere a parlare: “… poi scelsi il suo stesso liceo, volevo continuare a giocare con lui. Ci iscrivemmo al club di basket del Sugiyamajo Gakuen, il nostro obiettivo era sconfiggere l’Aiwa e passare le qualificazioni per vincere il Campionato Nazionale. Ci pensi? Due matricole che da sole portano una squadra sconosciuta alla conquista del Campionato …”.

Chiude gli occhi, ingoiando amarezza: “Era il sogno che c’eravamo costruiti durante gli anni delle medie, c’eravamo allenati tanto, fino a vomitare per la stanchezza … però solo io … solamente io fui scelto fra i titolari nonostante fossi una matricola, mentre lui rimase fra le riserve”, apre gli occhi lucidi, ricolmi di lacrime, “… sembrava andare tutto bene. Cercavo di aiutarlo a conquistarsi il posto da titolare …”.

Lascia scivolare la mano sulla gamba sinistra carezzandola più volte: “… passavamo tutto il tempo a nostra disposizione insieme, così alla fine io … io … verso … verso la metà di marzo, raccolsi tutto il mio coraggio e gli consegnai una lettera …”, allaccia gli occhi d’ambra a quelli silenti di Kaede imitandone il tono suadente utilizzato dal moro solo pochi minuti prima, “… era quel genere di lettera. Lo ammiravo, lo amavo, e volevo che lo sapesse. Speravo che … magari … potesse ricambiare i miei sentimenti … c’era … c’era una certa intesa ed io … io …”.

Stringe gli occhi, una lacrima sfugge dalle lunghe ciglia rigandogli la guancia arrossata: “Il … il giorno dopo tutta la squadra lo sapeva, ero … ugh … ero diventato lo zimbello della scuola. Bisbigliavano, ridevano, mi evitavano … sottovoce mi chiamavano finocchio o frocio”, arpiona la gamba malata stringendola con forza, “Una settimana dopo i senpai mi spinsero a togliermi dalla rosa dei titolari e cominciarono a darmi il tormento … le risate diventarono insulti, botte, continue provocazioni. Era diventato un inferno, avevo il vuoto attorno, tutti quelli che pensavo fossero amici, mi lasciarono solo e lui … lui non mi guardava più … passavo l’intervallo chiuso in bagno pensando mezza giornata è andata, va tutto bene me ne resta solo un’altra metà e poi torno a casa. Poi arrivava la sera e saliva l’ansia perché il giorno dopo avrei ricominciato tutto da capo …”.

Trema, come se quei giorni fossero nuovamente lì, addosso a lui.

Si piega su se stesso nascondendo il viso zuppo di lacrime sotto i ricci scomposti: “… avrei dovuto mollare la squadra ma non riuscivo ad abbandonare il basket così … mh … fu … fu in una sera come quelle, ah, mentre uscivo dalla palestra, che quei bastardi mi fermarono. C’era anche lui. Era … era d’accordo con loro … mi dissero visto che ci tieni tanto, adesso ti faremo diventare una vera donna e tirarono fuori un coltello … cominciarono a inseguirmi .... io … io correvo più forte che potevo, li sentivo dietro di me, dicevano cose indecenti … pensavo solo a scappare … poi … non so … tutto è diventato nero … quando mi sono risvegliato ero in ospedale e la gamba non c’era più …”, si copre il viso con entrambe le mani, “… mi hanno detto che ho attraversato i binari nonostante le sbarre abbassate … ma … io … io … non so dire se l’ho fatto per sfuggire a loro o se il treno l’avevo visto e ho attraversato comunque, non me lo ricordo …”. Copre la bocca frenando un singhiozzo, ingoiando lacrime e saliva.

Solleva gli occhi, tristi e disperati, di un dolore che non trova fine: “Mi hanno tolto tutto. Orgoglio, dignità, sogni e alla fine anche il basket … per questo … non dire agli altri che sei gay con tanta facilità … ti distruggeranno …”, torna a piegarsi poggiando le mani sulle ginocchia, stringendo la protesi con foga, “… finirai come me … senza futuro … senza gamba …”.

Rei non soffoca più il suo pianto, lo lascia fluire sciogliendosi in gemiti convulsi. Attende le braccia di Kaede avvolgerlo protettive, non sa perché ma si aspetta che l’amico lo consoli in quel modo e pensa che sia bello sentire le sue mani addosso.

Quando vede i piedi dell’altro comparire accanto ai suoi, rimane in fremente attesa.


“Sei un idiota.”


Si solleva come un colpo di frusta, gli occhi spalancati nel sentire quella voce carica di rimprovero al posto della comprensione che andava cercando.


“Hai già perso la voglia di lottare?”


Tace, incapace di rispondere. Gli occhi di Kaede sono così neri adesso, tali da inghiottire ogni replica, per quanto accorata e grondante disperazione.


“Hai almeno letto i fogli che ti ho dato?”

“… li ho letti …” abbassa lo sguardo, se non si perde in quelle iridi di onice, è più facile contestarlo. Digrigna i denti, cercando nella rabbia la forza per reagire: “Certo che li ho letti! Più volte! Cosa c’entrano adesso, eh?! Sono solo stupide idee, sogni e nient’altro!!!! Non è la realtà!!!!”.
Strattona la gamba malata con foga: “E’ questa! E’ questa la realtà! Lo capisci?! Tu hai solo sogni!!!! Sei un ingenuo! Alla fine lo Shohoku ha perso, no?! Ti sei solo illuso per niente! Era scontato che finisse così!!!! Che ci sei andato a fare a Kanagawa?!”.

“Stronzate. Smettila di piangerti addosso e rimettiti in carreggiata.”

Kaede mantiene la voce bassa, pacata, nonostante le parole dure e taglienti. Un contrasto che ferisce ancor più di uno schiaffo o un pugno, e s’introduce nell’animo squarciandolo.


Una breccia in grado di far penetrare anche la più sottile lama di luce.


“Dici che quegli stronzi ti hanno tolto tutto? Sogni? Basket? Futuro? Cazzate. Sei tu. Sei stato tu che te ne sei privato.”

Rei solleva il viso sulla figura torreggiante dell’altro, i pugni stretti e il corpo percosso dalla collera.

Ma Rukawa non ha terminato, stringe a sé il gatto riprendendo a parlare: “Hai rinunciato a vivere accettando di restare nascosto qui. Certo, sei libero di morire o lasciarti vivere, è una buona via di fuga …”.

“Disse quello che cercò di uccidersi buttandosi in mare.”

A quelle parole, sibilate fra i denti stretti, Kaede non indietreggia né vacilla, e Rei si chiede se al mondo esista qualcuno in grado di piegare quel ragazzo.

“Proprio perché ho toccato la morte con mano, posso parlare. Se si muore, le cose rimangono immutate ma se provi a vivere allora qualcosa potrà cambiare. Tu potrai cambiare e un giorno riuscirai a vedere il tuo lieto fine.”

Rei pensa che Rukawa si stia rivolgendo anche a se stesso e, forse, persino al fantasma del fratello; avverte la furia placarsi e un’improvvisa stanchezza invadere il corpo. Al contempo, un fuoco sconosciuto prende a bruciargli il ventre e il petto, donandogli forza e calore nonostante il gelo che li circonda. Il fuoco di Kaede.

Il moro avanza di un passo, poggiando una mano sulla sua spalla, stringendola deciso: “Vivi! Corri, mordi, sgomita e fatti avanti! Vivi e fai vedere a quei bastardi come sopravvivi!”.

Rei abbassa la nuca nascondendo il viso zuppo sotto i ricci, in silenziosa osservazione dei loro piedi vicini.

Chiude le dita di scatto, carica il pugno e lo affonda senza forza nel ventre piatto dell’altro. La lana morbida del maglione gli solletica le nocche, mentre avverte la zampa del gatto poggiarsi sul dorso della sua mano e un’unghia spingere a mo di monito sulla pelle sensibile … e rimangono immobili così: con gli addominali duri di Kaede, pronti a incassare un colpo privo della volontà di fare male, Nao fermo a difesa e Rei che pare non essere più intenzionato a proseguire quel loro confronto.

Sotto la cascata di boccoli, sorride: “Kaede … prima hai detto di avere un carattere chiuso e che vuoi migliorare …”, spinge con tutto il peso del corpo contro lo stomaco dell’altro “… non farlo. Sei perfetto così come sei. Non cambiare mai”. Indietreggia di due passi, infilando entrambe le mani nei jeans, tornando a guardare il canestro lontano: “… vorrei tanto averti incontrato prima …”.

Con la coda dell’occhio lo spia rovesciare la testa all’indietro, perdendosi nella volta celeste: “Scemo. Prima o dopo cosa cambia?”. Rukawa vaga con gli occhi inseguendo una nuvola lontana: “Cambiare è inevitabile, è la prova che siamo ancora vivi, a questo mi è servito tornare a Kanagawa, per ricordarmelo. Mettiamocela tutta e facciamo ritorno a casa. Pensa ai tuoi genitori, a quanto li hai fatti preoccupare”.

Rimane in contemplazione dei giorni perduti e di quelli ancora da riconquistare, poi sorride: “Si”. Senza aggiungere parole torna verso la porta, cercando di aprirla: “Kobo ha ragione, la temperatura si è abbassata … rientriamo?”.

“Hn.”

“Ah!”

“Che c’è?”

Si volta con un’espressione in parte dispiaciuta e in parte ansiosa dipinta sul viso ancora umido di lacrime: “Non si apre …”.

Kaede inclina la testa di lato all’unisono con il gatto, il sopraciglio alzato, sorpreso solo a metà: “Ma sei scemo? Certo che non si apre dall’esterno, è un’uscita di sicurezza”.

“Allora …”

Rukawa sospira rumorosamente e a Rei sembra che anche quella sua piccola belva lo stia deridendo: “Seguimi”, lento, comincia a scendere le scale in direzione del cortile interno.

“Aspetta … così Tsutomu ci vedrà …”

“Hn, si sarà goduto lo spettacolo sorseggiandosi un the caldo. L’idiota!”

“Ah! Vero …” frena la sua discesa voltandosi in direzione di una delle tante telecamere del Centro “… eh già … proprio un bello spettacolo …”.

Alza in alto un pugno fiero prima di riprendere a seguire quella schiena larga e flessuosa. Si sente straordinariamente leggero, quasi che la gamba sinistra fosse per miracolo ricresciuta …

“Ehi! Senti che freddo! Eh! Eh! Eh!”

Mmmmmh …”

“Che dici? Presto nevicherà?”

“Sarebbe bello.”

Si ferma ancora, nel mezzo del cortile, perdendosi nel vuoto turchese chiazzato appena da qualche nuvola solitaria: “Speriamo di sì, mi piace la neve …”, si chiude nelle spalle ghignando sereno “è deciso! Giocheremo a palle di neve e faremo un pupazzo grande così!”.

Kaede non risponde, continua a camminare accompagnato dalle risate dell’amico. Poi, si arresta innanzi all’entrata del corpo principale: “Allo Shohoku non sarebbe accaduto”; avverte Rei muto dietro di lui. Stringe Nao abbassando la nuca: “Io non l’avrei permesso, e neanche i miei compagni. Mi dispiace per quello che ti è capitato”.

“…”

“…”

“… posso chiederti una cosa?” La voce di Rei è ora calma, quasi serena, forse un poco incrinata dall’indecisione: “Chi è lui? Per caso è Sendoh?”.

Rukawa si volta senza nascondere l’esasperazione sul bel volto cesellato: “Per quale motivo credete tutti che io Sendoh stiamo insieme?”.

“Beh, c’è una bella intesa fra voi e poi è venuto a trovarti …”

“…”

“… due volte …”

“…”

“… voglio dire, tra andata e ritorno, si è sparato più di ventidue ore di viaggio per volta …”

“E’ un amico.”

“Ah!”

Kaede sorride tiepido e la sua voce si addolcisce senza che abbia modo di accorgersene: “Lui è un mio compagno di squadra …” riprende il cammino “… e mi sta aspettando, per questo m’impegnerò al massimo per tornare a casa!”.


Non aggiunge altro.


Sereno rientra nel Momiji deciso a terminare gli esercizi di matematica; dopodiché ha tutta l’intenzione di sciogliersi i muscoli con qualche tiro a canestro. Il volo di Hanamichi è ancora fisso nella sua mente, quasi l’avesse davanti in quello stesso momento, così come il forte desiderio di librarsi con lui senza soste o riposo.

Sempre più in alto, verso un cerchio di luce così simile a un vecchio anello arrugginito indorato dal sole dell’estate ...



“Tornerò. E’ una promessa!”





°°°°°°°°°°°°°°°°°°




La luce abbacinante del mattino cede il posto a un diffuso grigiore, così tipico degli interminabili pomeriggi di fine autunno. Sembra già sera e a Hanamichi pare di essere lontano da casa da molte ore, invece non sono ancora suonate le cinque. Osserva Haruko al suo fianco aggrappata al parapetto verniciato di bianco, tutta intenta ad ammirare estasiata l’imponente Nippon Maru, con le sue vele ammainate, i quattro alberi che li sovrastano maestosi, lo scafo dalla forma allungata ed elegante - bianco anch’esso - in contrapposizione con la carena rossa che s’intravede emergere dall’acqua scura, e dietro, stagliata nel cielo, la grande ruota panoramica del Cosmo World.

Hanamichi respira serenità, inalando la fredda e umida aria salmastra del porto, chiudendosi nella giacca e soppesando tranquillo la cartella. La passeggiata del MM ha un qualcosa di magico, pare racchiudere in sé il potere di placare le inquietudini. Tutto gli appare più limpido adesso, privo di incrinature. Spinge lo sguardo oltre la ragazza, fermandosi sul profilo rilassato di Yohei poco più in là, perso in un’assurda discussione con Matsui - l’amica dai codini - sul numero di oblò presenti sulla fiancata della nave.


Gli sorride grato.


Non aveva compreso di quanta stanchezza e preoccupazione si fosse fatto carico fino a quel momento; e passare un po’ di tempo senza pensieri particolari è la giusta carica di cui ha bisogno. Quel pomeriggio di svago gli serviva proprio!



“Grazie Yo!”




Torna a perdersi fra i pennoni in alto, quieto.
La prossima volta che la volpe tornerà a casa ha intenzione di godersi un pomeriggio come quello: niente basket, cimiteri o, peggio, spiagge. Nessuno stupido litigio a bruciare il poco tempo a disposizione, solamente loro due e quella piacevole passeggiata. Poi … chissà, potrebbero cercare rifugio in un hotel fingendo di essere più grandi di quello che sono, sperimentando, scoprendosi e cercandosi, senza l’assillo dell’arrivo dei genitori o di una partenza imminente.


Il morso di Kaede gli divora il fianco, risvegliandogli l’inguine.


Hanamichi pensa che dopo sarebbe bello cenare in un ristorante, riaccompagnarlo a casa, baciarlo non visto dai vicini e salutarlo così. Come in un vero appuntamento.


Non l’hanno mai avuto.


Mentre si perde nel fitto intrico delle funi lontane, stringe le tasche vuote, costatando con amarezza che per realizzare quel semplice desiderio gli servono soldi che non ha. Pensieroso, si passa la punta della lingua sulle labbra assaporando il sapore del sale.



“Mi servirà un lavoretto part-time … il basket per un po' dovrà aspettare …”




“Che dite? Proviamo a salire?”

La voce di Haruko gli arriva allegra, a un passo dall’eccitazione. Le sorride intenerito, poi solleva lo sguardo sull’amico intento a contare mentalmente i soldi rimasti a fronte del costo dei biglietti. Per non metterlo in difficoltà, quello scemo ha offerto a tutti la visita all’osservatorio Sky Garden e un giro al bar col risultato che adesso è pressoché al verde …

“Perché non facciamo la prossima volta?” si volta verso l’ampia scalinata alle loro spalle, Fuji e Noma li stanno raggiungendo camminando tranquilli.

“Scusate, vi abbiamo fatto aspettare …”, l’amica di Haruko arrossisce debolmente abbassando lo sguardo, imbarazzata, e stringendo una piccola borsetta di carta in una mano.

“Che profumo hai comprato? Posso vedere?” Matsui si avvicina incuriosita scrutando l’elegante confezione.

“Ah! Me l’hanno già incartato. Guarda! Non è carino il pacchetto?”

“Oh! E’ bellissimo! Sono sicura che a tua madre piacerà tantissimo!” Haruko non si stacca dal parapetto, vi rimane aggrappata senza allontanarsi dal fianco di Hanamichi, nonostante nessuno dei due se accorga.

“Andiamo al Karaoke box di Takamiya e Okusu?”, è Yohei a richiamare l’attenzione di tutti, mani in tasca e passo rivolto alla passeggiata.

“Il karaoke!” Haruko batte entrambe le mani, estasiata.

“Rimarrete tutti sorpresi … Fuji ha una voce bellissima!” Matsui si avvia sulla scia di Mito ridacchiando maliziosa, innocentemente divertita dall’aver messo un pochino in imbarazzo l’amica considerata da tutti troppo timida e impacciata.

“… ma no …”

“Ah! E poi … Haruko conosce un sacco di canzoni enka!”

Enka?!


A quello tutti frenano il passo, voltandosi all’unisono sulla figura della piccola Akagi.


“Matsui insomma!” Haruko si chiude nelle spalle, imbronciandosi appena, “E poi … che male c’è? A mia nonna piacciono molto e quando Takenori ed io andiamo a trovarla cantiamo sempre con lei …”.

“Aspetta … il gorilla cantaaaaaaa?!” l’urlo dei tre ragazzi richiama l’attenzione dei passanti, impossibile trattenersi: “UAHAHAHA!!!!! Lo devi assolutamente registrare, Haruko!”.

Hanamichi si piega sulle ginocchia mettendo una mano sulla spalla di Noma, mentre Yohei si tiene la pancia e le lacrime gli sfuggono dalle palpebre socchiuse.


“Ah! Mostri!”


“Tranquilla Haruko, sei in buona compagnia.” Mito si ricompone asciugandosi un occhio; sorride complice nell’aria grigia del pomeriggio: “Anche ad Hanamichi piace la musica enka!”.

“Davvero?”

“Sì … beh, non proprio … erano le preferite di mio padre.” Hana si affianca al gruppo riprendendo a camminare, soffoca un’ultima risata prima di tornare con la mente a quei momenti, quando suo padre ascoltava quella melodia così particolare leggendosi un quotidiano e fumando una sigaretta nel salotto di casa, le gambe sotto al kotatsu e un bicchiere di the sul tavolo.
Sapeva assaporarsi le piccole cose della vita, nonostante il lavoro lo assorbisse tanto e tornasse quasi tutte le sere tardi. Riusciva sempre a ritagliarsi un po’ di tempo per ascoltare la musica e godersi un attimo di pace nella vita frenetica di Yokohama.



“Lascia stare, non ti arrabbiare. Le cose importanti della vita sono altre.”





Era solito dire così quando la mamma s’infuriava con la vicina per le continue lamentele per i rumori del loro appartamento, o lui tornava triste a casa per l’ennesimo rifiuto di una ragazza. Papà era così, tutto gli scivolava sulle spalle, si premurava solamente di custodire con cura ciò che riteneva più prezioso: la famiglia e gli amici. Al resto dava sempre poca importanza.

Cammina e intanto osserva il cielo sopra di loro, domandandosi cosa direbbe adesso di quella sua relazione con la volpe. Non riesce a immaginare una sua risposta ma gli piacerebbe che fosse una scrollata di spalle, una sigaretta aspirata e un: “Metticela tutta e fai in modo di non pentirti di nulla. Siate felici”.

Quasi senza accorgersene risale la piccola scalinata che, dalla banchina, porta all’entrata del Cosmo World. Innanzi a loro una tavolozza di colori vibra nella luce autunnale: giostre gialle, blu e poi rosa o azzurro pastello e, lontana, troneggia su tutti l’imponente Cosmo Clock 21.

Ci dobbiamo proprio venire …”, è Fuji a parlare con una voce appena udibile.

“Sì, però una domenica. Così facciamo tutto il giorno e lo visitiamo per bene!” Haruko le risponde entusiasta, ipotecando inconsapevolmente gli impegni di tutti.

“A patto che ognuno paghi per sé …” Matsui termina con l’ennesimo sorriso malizioso, spingendo con una gomitata Yohei, conscia di quanto l’uscita di quel pomeriggio sia costata all’amico. Le piace stuzzicare le persone mettendole in imbarazzo, un vizio cui non le riesce proprio di rinunciare.

“Ah! Ah! Allora mi sa che ci dovrete dare il tempo per racimolare un po’ di soldi, ragazze!” Noma si gratta la nuca sorridendo a metà tra l’impacciato e il divertito.

L’appuntamento con le ragazze si è rivelato una sfida intrigante che li ha messi costantemente alla prova; difficile uscirne con un panino diviso in sei e una camminata per le vie della città senza una meta precisa. Nonostante le difficoltà, l’aria è rimasta colma di elettricità per tutto il tempo e, di tanto in tanto, chi a uno chi all’altra li ha raggiunti un fremito piacevole, capace di chiudere loro lo stomaco rendendo la testa leggera.


Il desiderio di essere grandi senza possedere ancora l’adeguata malizia: adolescenza.


All’unisono, si spostano a sinistra riprendendo a camminare. Raggiungono il marciapiede e da lì le strisce pedonali attendendo pazienti il semaforo verde. Di fronte a loro si apre un’ampia piazzetta circolare sulla quale sovrastano il Queen’s Tower a destra e lo Yokohama Landmark Tower a sinistra; mentre in lontananza si dispiega la visione quasi futuristica della città, donando ai ragazzi un vago senso di smarrimento.

Haruko si aggrappa alla manica della giacca di Hanamichi tirando lievemente, attende paziente che il ragazzo riemerga dai propri pensieri prima di indicare un piccolo negozietto di vecchie bici usate schiacciato in mezzo ad altri più colorati e appariscenti. Sakuragi segue il suo dito, perdendosi in silenzio sugli scheletri delle biciclette di là della strada.


“Ti ha per caso detto quando tornerà?”


La voce di Haruko è adesso di una nota più bassa, priva dell’allegria che l’ha accompagnata per tutta la giornata.

Ad Hana non serve chiederle di chi stia parlando, ha capito: “Non lo sa neppure lui. Dipende dal dottore ma ce la sta mettendo tutta per guarire e ha promesso che tornerà il prima possibile”.

“Sì, speriamo sia così …” Haruko non lascia il lembo di stoffa, abbassa occhi e nuca scivolando incontro a Sakuragi, poggiandosi delicatamente al suo braccio.

Hanamichi rimane fisso sulle bici lontane, detestando la propria incapacità di allontanare la ragazza. E’ proprio questo che l’ha tormentato in quell’ultimo mese, portandolo sull’orlo di una convulsa gelosia e riversando su un inconsapevole Kaede tutte le sue frustrazioni.

Haruko gli piace, il suo corpo lo attrae così come quello delle altre ragazze.


I maschi, no.


Ha provato e riprovato, dopo quella sera di ottobre, a guardare video porno gay, interrompendoli dopo neanche due minuti di visione, nauseato e a un passo dal disgusto.


E allora perché? Perché con Kaede è diverso?


Stringe le labbra, ingoia saliva e richiama alla mente il ricordo del seme della kitsune mentre scivola con fatica nella gola, il suo sapore, il suo odore e calore, per infine approdare al desiderio incontrollabile di prendere di più, penetrando quel suo corpo così silenzioso.


Trema.


Gli basta sentire la sua voce per rifugiarsi immediatamente in quella maledetta soffitta onirica priva di confini e sfogare lì tutte le sue fantasie con un fantoccio che, di Kaede, ha solo l’involucro.

Rukawa è un maschio e ne ha tutte le fattezze – Dei se ce l’ha! – e allora perché? Perché non prova disgusto come di fronte alla visione di quegli attori? Perché con lui no?!

Se gli è successa una cosa simile, innamorarsi di un ragazzo nonostante sia etero, allora la stessa cosa potrebbe accadere anche ad altri? Forse il problema non è lui ma Kaede? Quel suo fascino così magnetico, quella sua bellezza a metà tra il rude e il delicato in un eterno contrasto così dannatamente seducente: bianco e nero, gentilezza e insolenza, altruismo e disinteresse, forza e fragilità … tutte insieme, mescolate in un unico essere.

Rovescia la testa all’indietro fissando i grattacieli sopra di loro. Una passione simile può dunque nascere in chiunque abbia la fortuna di potersi avvicinare a lui? Quel dubbio l’ha eroso per un mese intero e continua a tormentarlo, nonostante la volpe gli abbia provato con il corpo e le parole l’infondatezza dei suoi timori.


“Ah! No! Il verde …”


Alle parole allarmate di Haruko torna a guardare la strada di fronte a sé. Il semaforo passa rapidamente dal verde al rosso e i loro amici li guardano divertiti dal lato opposto della via.


“Ma che combinate voi due?! Perché ve ne siete rimasti impalati, eh?!”


Matsui li richiama sovrastando il motore delle macchine, fermandosi solo alla pacca gentile di Mito sulla spalla sinistra: “Lasciamoli stare, forse volevano restare un po’ soli, mh?”, l’occhiolino che le rivolge il ragazzo ha il potere di farle nascere un sorrisetto complice e divertito.

“Ehi! Noi intanto andiamo avanti! Ci vediamo al Karaoke box di Takamiya e Okusu!!!!!” Yohei saluta l’amico con una mano cominciando a incamminarsi seguito da Noma, dalla risatina divertita di Matsui, dalle domande di Fuji e dagli insulti lontani di Hanamichi.


Sorride.



“Metticela tutta Hana!”








Haruko rimane in silenziosa osservazione degli amici scomparire oltre la scalinata della piazza, imbronciandosi offesa: “Non posso credere che ci hanno lasciato indietro! Antipatici!”. Stringe la stoffa della giacca di Sakuragi senza staccarsene, le regala una sorta di pace e tranquillità.

Il numero nove dello Shohoku ha da sempre quell’effetto su di lei: il dono di tranquillizzarla.

E’ felice di quel pomeriggio passato insieme; da ottobre o, forse, da prima ancora, si erano un po’ allontanati.


“Tranquilla, Haruko, conosco la strada. Li raggiungiamo in un attimo.”

Sorride mentre si porta una ciocca dietro l’orecchio: “Perché Takamiya e Okusu hanno deciso di cercare un lavoro part-time?”.

“Ah … quei due idioti hanno rotto il motorino … eh! Eh! Eh!”

“Perché ridi?”

“Eh! Eh! Ah! Ah! Scu-scusa! Ah! Ah! Dovevi vederli! Quei cretini si sono messi a fare le impennate! Ah! Ah! Ah! Con Takamiya dietro!!!!!!! Ti lascio immaginare la scena!!!!!! Ah! Ah! Ah! Ah!”

Haruko trattiene a stento una lacrima mentre si scioglie in una fresca risata: “Dai!!!! Cattivoooo! Ih! Ih! Ih!”.

“Alla fine Taka è finito sedere a terra e Yuji è partito a razzo contro un palo della luce e il cancello dei suoi vicini! Che idiota! Ah! Ah! Ah! Motorino scassato e cancello da ripagareeeee-eh! Eh! Ah! Ah! Ah!”

“Nooooo! Ih! Ih! Ih!”

“Ah! Il verde, vieni!”

Sakuragi si lancia in avanti e Haruko deve rafforzare la stretta sulla sua giacca per non essere lasciata indietro. Ci mette tutta se stessa.

Mentre attraversano la carreggiata rimane in contemplazione dell’ampia schiena dell’amico con il viso arrossato, forse per le risate o per il freddo o, ancora, per quel sentimento che le sta crescendo giorno dopo giorno riempiendole il petto e occupando ogni anfratto della mente.
Haruko lascia scivolare la stoffa fino al confine ultimo della manica, agguantando timida quella mano grande e calda.
Sakuragi non la respinge ma non risponde alla sua stretta e, quando raggiungono il marciapiede opposto, la ragazza deve aumentare la presa per evitare che il palmo dell’altro le sfugga via.


“Il karaoke è di là.”

“Mh!”


Riprendono a camminare senza parlare o guardarsi; Haruko saldamente aggrappata alle dita di Hanamichi ...






“Ce ne avete messo di tempo!”

Matsui agita le braccia sorridendo maliziosa, mentre Fuji corre loro incontro.

“Insomma, ragazzi! Siete stati scoretti!!!” Haruko si stacca dalle dita di Sakuragi, offesa solo in parte, raggiungendo l’amica dai capelli corti.

S-Scusaci tanto Haruko-chan … sai com’è fatta Matsui …”

“Ma sì … ma sì … scherzavo, tranquilla … ah! Così è questo il Karaoke Box di Takamiya e Okusu!” solleva i grandi occhi sull’insegna luminosa, sorridendo incantata.


Quell’uscita ha assunto i contorni di un sogno.


Poco più indietro, Hanamichi rallenta fino a fermarsi silenzioso.
Risponde al saluto ammiccante di Yo e Noma con la mano fino a quel momento prigioniera di Haruko, sfregandola subito dopo contro i pantaloni dell’uniforme. Come a voler cancellare la sensazione delle dita di lei … s’imbroncia lievemente, triste e turbato, rimanendo fisso sul migliore amico. Realizza solo in quell’istante ciò che gli era sfuggito per tutto il giorno e che l’aveva tanto preoccupato sin dal primo momento in cui era venuto a conoscenza che ci sarebbero state anche le ragazze.


Quella non è un’uscita fra amici: sono in sei, tre ragazze e tre ragazzi.


E Yohei ha organizzato tutto ...


Sposta lo sguardo sull’amica con i codini vedendola rispondere a un’occhiata di Mito con una altrettanto complice.


Socchiude gli occhi, stringendo le labbra.


Probabilmente anche lei è d’accordo con lui e l’ha aiutato.

Mentre Noma e Fuji … cerca l’amico vedendolo avvicinarsi alle due ragazze ancora intente a chiacchierare. No, loro neanche lo immaginano; Chuichiro è sinceramente attratto dall’amica di Haruko e deve aver accolto quell’uscita con un entusiasmo sincero.

Ingoia saliva. Quel pomeriggio si sta rivelando un incubo.



“Kitsune …”






“UAH! AH!AH! AH! SIETE BELLISSIMIIIIIIIII!!!!!!”


“AH! AH! AH! AH! TAKAMIIIIIIIYAAAAAA! SEI UN FIGURINOOOOOO!”


Yohei si piega in avanti cercando di sorreggersi alle spalle di Noma, mentre la visione dei due amici tutti agghindati a festa nell’uniforme del locale ha il potere di sollevare il velo di apatia di cui Hanamichi pareva essersi ammantato. Pare che non abbiano trovato una taglia adeguata per il povero Taka …



“BASTARDI, COSA SIETE VENUTI A FARE QUI! FUORI DAI COGLIONI!!!!”



Takamiya sbatte il vassoio contro il bancone principale indicando con un dito la porta di uscita, in un chiaro e inequivocabile invito.


“Ciao ragazzi! Siamo venuti a trovarvi!”


Haruko spunta da dietro la schiena di Sakuragi salutando fresca e gioviale, avanzando con le amiche.

“Oh, Haruko! Ma allora ci sei anche tu! Anche Matsui e Fuji … benvenute ragazze! Prego da questa parte, c’è una saletta libera …” Okusu si fa avanti indicando il corridoio alla sua sinistra, invitando le ragazze a seguirlo; Hanamichi pensa che la professionalità che mostra loro ha un che d’inquietante … come se questo non bastasse Takamiya si placa immediatamente, indietreggiando di un passo e poggiando il vassoio sull’enorme pancione. Permette agli amici di passare ma, mentre lo superano, Hana ha appena il tempo di sentirlo sibilare un: “E così siete usciti con le ragazze, ma che bravi … e adesso vi aspettate che vi offriamo pure da bere immagino … bastardi che non siete altro … sputerò nei vostri bicchieri!”, alla risata divertita di Yo e al suo “Dopo ti spiego”, Hanamichi non può trattenersi dal stringere il cellulare con foga.



“Che aspetti a chiamarmi?!!!!!! A che ti serve essere una kitsune se neanche ti accorgi quando ho bisogno di te! Stupida! Stupidissima volpe!!!!!”







L’ora e mezzo che segue passa allegra e tranquilla, allietata dalla bella voce di Fuji, da quella acuta di Matsui, da quelle stonate di Yo e Noma e dalle canzoni anacronistiche di Haruko. Inutilmente la ragazza cerca di coinvolgere Sakuragi in un duetto, vedendosi respinta con un impacciato: “Scusami oggi preferisco ascoltarti cantare, Haruko-chan, facciamo la prossima volta?”.

Hanamichi sprofonda nel divanetto, sbocconcellando un paio di patatine senza prestarvi particolare attenzione. Resta in ascolto dei discorsi altrui, incurante delle briciole che gli inzaccherano la divisa scolastica.

Solleva lo sguardo su Fuji che riprende in mano il microfono sportole dalla piccola Akagi, invitando Noma a cantare con lei la sigla di un vecchio cartone animato che hanno appena scoperto aver adorato entrambi da bambini. Haruko batte le mani a tempo, canticchiando assieme a loro e sorridendo felice.
Yo, seduto accanto a lui, parla con Matsui dell’ultimo test di giapponese moderno, confrontandosi sulla risposta data alla domanda numero sette.

Senza farsi vedere Hana sbircia il cellulare.


Nessuna chiamata.



“Merda!”




“E’ tutto di vostro gradimento?”

Okusu si teletrasporta in mezzo a loro con un sorriso che di gioviale ne ha solo l’apparenza. E’ più incazzato di Takamiya …

“Ah! Grazie Yuji, tutto ottimo!” Yo si solleva permettendo all’altro di raccogliere i piatti e i bicchieri vuoti. Continua a sorridere anche quando il biondo fissa con disappunto i bicchieri dei tre ragazzi ancora pieni.

“Per caso le bibite offerte dalla casa non sono di gradimento ai signori?”

“Figurati! Lasciale pure, le berremo più tardi.” Mito allarga il sorriso nascondendo con la sua solita faccia brava il vero motivo per cui non hanno ancora toccato un solo sorso di cola: quell’idiota di Takamiya è davvero capace di averci sputato dentro, se non addirittura di avervi nascosto una caccola … ingoia a vuoto avvicinandosi all’orecchio dell’amico per sussurrandogli gentile: “Dopo vi spiegherò tutto, promesso”.

Okusu si risolleva affatto convinto dalle parole dell’amico, allontanandosi per raccogliere gli altri piatti vuoti sul basso tavolino.


“A quanto pare oggi devi spiegazioni un po’ a tutti.”


Hana fissa il viso di Yohei mutare da divertito a inquieto sotto quella sua frecciata sibilata a denti stretti. Si allunga a prendere una patatina senza proseguire quel loro confronto, lasciando volutamente il discorso in sospeso.


“Cielo ma sono quasi le sette!!!!” Haruko fissa l’orologio da polso sollevando la manica della divisa, “Non ci posso credere! E’ tardissimo!!!!”.

All’unisono tutti cercano l’ora per conferma.


“Eh, già … è proprio tardi, dovremmo andare …”

Haruko si rattrista all’idea che quella piacevole uscita con gli amici si sia già conclusa. Stringe i piccoli pugni osservando Okusu terminare di ritirare gli ultimi piatti vuoti.

“Okusu-kun, tu e Takamiya-kun quando staccate?”

“Eh? Ah … grazie per averlo chiesto Haruko, terminiamo alle sette.”

“Ma allora è perfetto! Vi aspettiamo e andiamo a cenare tutti insieme!”

“Che?!”

“A-aspetta Haruko …” Mito si sporge con un’espressione sincera e contrita, “… noi … abbiamo esaurito i soldi … mi dispiace ma ci bastano appena per il ritorno …”.

“Ma sì, tranquilli, ceniamo a casa mia! Prepareremo noi qualcosa da mangiare, giusto? Fuji? Matsui?”

“Ah … per me va bene … aspetta che avverto casa …”

“Sì … ma possiamo Haruko-chan? I tuoi genitori? Non disturbiamo?”

Haruko scuote la testa convinta, nuovamente piena di frizzante energia: “Nessun problema! Papà mangerà fuori con i colleghi d’ufficio e mamma è uscita con delle amiche, mentre Takenori non rientra mai prima delle dieci!”.

“Così tardi?!”

“Già!”

“Ci dà dentro con lo studio …”

“Sì.”

“Beh …”

“Dai! Mi sentirò sola a cenare senza compagnia …”

Yohei frena la propria risposta, voltandosi a osservare Hanamichi. Il rosso rimane immobile, quasi fosse una statua di sale, gli occhi fissi sullo schermo spento del cellulare come ad aspettare una chiamata che non arriva e il viso fisso in un’espressione cupa e tirata. Yohei non parla, consapevole dell’ennesimo errore commesso. Abbassa gli occhi, in ascolto dell’entusiasmo degli altri. Anche se né lui né Hanamichi hanno proferito parola, il gruppo ha già deciso.

“Allora …” Okusu raggiunge la porta, reggendo con maestria il portavivande carico di piatti e bicchieri, “… aspettateci all’entrata, ci vediamo per le sette e un quarto. E … signori? Bevete le vostre bibite. Ricordate che sono offerte dalla casa e sarebbe maleducazione lasciare i bicchieri pieni …”.

Noma si avvicina a Mito osservando il biondo sparire oltre il pannello di legno: “Scherza vero? Lo sa benissimo che quel cretino di Nozomi ci ha scaccolato dentro!”.

“Eh! Eh! Eh! Capatina in bagno?”

“Meglio …”

“Inizio io.” Yohei si alza prendendo il suo bicchiere e avvicinando la mano a quello di Hanamichi, “Hana? Ci penso io al tuo?”. Al silenzioso assenso del rosso, Mito prende anche il suo calice facendo bene attenzione a non versarne una goccia. Senza guardarlo in faccia. “Torno subito, voi intanto preparatevi”. Poi, l’entusiasmo ormai perso, esce da una saletta divenuta improvvisamente troppo stretta e priva di ossigeno.







Haruko accende la luce di casa entrando fresca e felice: “Prego, accomodatevi!”.

Casa Akagi è ampia e ordinata, profuma di fresco nonostante sia ormai sera e, a causa delle giornate sempre più fredde, non sia più possibile tenere le finestre aperte tutto il giorno.
Haruko si sfila i mocassini prendendo le proprie pantofole, prima di raggiungere l’armadio delle ciabatte e arraffarne più di quanto le sue braccia riescano contenerne. E’ euforica.

“Ecco qua! Provate a vedere se vi vanno! Matsui, Fuji, queste sono le vostre!”

“Ah! Grazie, Haruko-chan.”

Sorride lasciando spazio agli amici mano a mano che liberano l’entrata: “Per di qua, venite, andiamo in salotto”.

“Cara Haruko non vedo l’ora di assaggiare i vostri manicaretti … sono affamato …”

“Anch’io … a differenza di questi fannulloni, noi due abbiamo lavorato sodo per tutto il pomeriggio!”

La risata gioviale della ragazza e le frecciatine di Matsui a proposito di motorini e cancelli rotti riempiono immediatamente il silenzio della villa.

Hanamichi frena Yohei afferrandolo per un braccio e tirando lievemente. Attende che tutti siano scomparsi oltre la porta del soggiorno prima di parlare: “Yo, aspetta”.

Mito si volta sorpreso, per un attimo si era quasi dimenticato di Sakuragi.

Il rosso ha questa sua capacità così particolare: sa essere chiassoso ed accentratore tanto quanto invisibile, se lo desidera. Sa come mascherare la propria presenza e, nonostante la stazza non lo consenta con tanta facilità, lui ci riesce sempre.

Segue l’amico nell’entrata, osservandolo sedersi sugli ultimi gradini delle scale che portano al piano superiore. Rimangono in ascolto delle voci nella stanza adiacente farsi sempre più alte e allegre sino all’aggiungersi di quella della televisione.

Hanamichi rimane fisso a soppesare il cellulare, rigirandolo un paio di volte fra le mani prima di sollevare gli occhi stanchi in quelli dell’amico: “Tu e Matsui state cercando di farci mettere insieme?”.

Yohei zittisce chiudendosi nelle spalle: “Pensavamo di farvi un piacere. Siete così timidi che non vi date una mossa …”, abbassa le palpebre distogliendo lo sguardo, “… insomma abbiamo solo cercato di crearvi l’occasione …”.

“E dopo cena avete intenzione di lasciarci soli, vero? Direte che devo tenerle compagnia fino all’arrivo del gorilla o dei suoi genitori.”


Sospira.


Hanamichi ha già capito tutto. Ma quello che non gli è chiaro è per quale dannato motivo non gli vada bene.


“Hana …”

“Cazzo, Yo!”

Hanamichi abbassa la nuca, fissando il display scuro del telefonino.



Di chi starà aspettando la chiamata?



“Potevi almeno chiedere …”

“Chiedere cosa? Haruko ti piace, no?”

“…”

“…”

“…”

“Sei preoccupato per Rukawa?”

A quel nome, il rosso solleva il volto con un’espressione sconvolta. Yohei sorride comprensivo, avvicinandosi all’amico e piegandosi sulle ginocchia per osservare meglio il panico nei suoi occhi.



“Ah! Ecco il problema … Rukawa, eh?”




Inclina la nuca di lato: “Non ne hai motivo. Matsui dice che, anche se la cotta per Rukawa non le è ancora passata del tutto, ormai Haruko si è messa il cuore in pace con lui. Mentre … sta iniziando a interessarsi a te, le serve solo una piccola spinta. Vedrai che andrà tutto bene. E poi …” abbassa la voce in cerca della complicità perduta, “… Rukawa è lontano, no? Non tornerà prima di uno o due mesi, hai tutto il tempo per conquistarla. Vedrai che per quando ritornerà, non sarà che un ricordo per le …”.

Soffoca l’ultima vocale lasciandola morire tra le labbra dischiuse per la sorpresa.

Adesso le iridi di Hanamichi sono umide e lo guardano con rimprovero, a un passo dal scagliarsi contro di lui: “Rukawa non è né un ricordo, né tantomeno una voce distante. E’ un essere umano che sta soffrendo”.

“Ma … ma sì, certo … non volevo … senti … intendevo dire che a lui di Haruko non importa, per cui che male c’è se ti fai avanti tu? Mica gli fai un torto.”

Sakuragi abbassa la nuca, stringendo le labbra con forza. Porta una mano innanzi alla bocca, prendendo a tormentarla con le dita.

“Insomma, cosa c’è?”

Ferma il suo martoriare, prendendosi la testa rossa con entrambe le mani, piegandosi su se stesso e facendosi piccolo: “Non mi piace più”.

“Chi?”

Haruko.

Yohei cade all’indietro come spinto dalla forza invisibile di quella rivelazione: “Come sarebbe a dire, scusa? E me lo dici così? Ma … da quando?”.

Hana torna ad abbandonare le braccia sul grembo osservandole, vuoto: “Non c’è una data precisa. Non è che mi sono svegliato un giorno è ho detto Haruko non mi piace più e me lo sono segnato sul calendario”.

“…”

“…”

“… ma …”

“… più o meno da due, tre, mesi.”

Yo aggrotta la fronte: “Vale a dire da quando hai cominciato a essere intrattabile”.

A quella constatazione così amara Hanamichi incassa colpevole: “Ho avuto i miei problemi”.

“E perché non mi hai detto niente?”

Sakuragi soppesa una volta ancora il cellulare: “Non … non è una cosa facile da dire …”.

“Ma …”

Hana torna a piegarsi e la sua voce si spezza riducendosi a un sospiro appena udibile: “Non voglio restare solo con lei …”.

Mito non capisce, o forse sì, ma fatica ad accettare.

Osserva il telefono stretto in una morsa tale che potrebbe incrinarsi.
Inghiotte a vuoto un paio di volte prima di alzarsi silenzioso: “Va bene. Vado subito a parlare con Matsui per rimediare in qualche modo. Mi dispiace, non volevo metterti in questa situazione. Dopo cena ce ne andremo via tutti insieme. Tranquillo, ok?”, si avvia verso il corridoio fermandosi un attimo ancora, “Resta qua un minuto, non farti vedere in quelle condizioni o gli altri mangeranno la foglia”.

Ma Hanamichi non mostra la minima intenzione di seguirlo, permane fisso sul telefonino, silenzioso e tremante.




°°°°°°°°°°°°°°°°°°




Kaede esce dal bagno, stringendosi nell’accappatoio umido e rabbrividendo al contatto con l’aria più fresca della stanza. Tampona i capelli con l’asciugamano fissando il proprio riflesso sul vetro della finestra. Fuori, la luce del pomeriggio si è rapidamente spenta cedendo il posto alle ombre della notte.

Abbassa le tapparelle restando in ascolto del vento.

Porta gli occhi su Nao placidamente addormentato sul suo letto, gli sorride distogliendo lo sguardo dall’immagine di Kenji che gli rimanda il cristallo lucido. Non è un’allucinazione, no, è solamente il suo riflesso. Senza rendersene conto ha lasciato crescere i capelli come il fratello, con il risultato che adesso sembra il suo gemello rinato.


Chissà se la mamma e il papà l’hanno notato? E Hanamichi?


Nessuno gli ha detto niente.

Con una mano si sfiora il collo, carezzandolo debolmente, passando le dita fra le ciocche lunghe e umide.

Un giorno appena ed è già in piena astinenza da scimmia … si volta frustrato, fissando imbronciato la telecamera ancora in funzione.


Il secondo livello non basta.



“’fanculo! Un altro mese così non lo passo!”




Torna sul basso comodino, inclinando la nuca incuriosito dal suono del cellulare.

Si avvicina, lo prende fra le mani e sorride impercettibilmente. Non se ne accorge ma gli occhi gli si illuminano, diventando liquidi.


“Do’aho”




Si siede sopra il letto, senza rispondere subito. Carezza lieve il pelo morbido del gatto mentre pensa che quello scemo adesso vorrà anche il buon appetito

Quando ritiene di averlo fatto aspettare a sufficienza, sfiora il tasto di risposta: “Ehi.”


“… Kaede …”


Interrompe le carezze guardando innanzi a sé con occhi di vetro, la bocca dischiusa solo in parte e il respiro che gli si è fermato con dolore nel petto. Quella voce … Hanamichi non l’aveva più dal mattino della sua partenza per il Momiji, in ottobre. E aveva giurato che mai – Mai! – gli avrebbe permesso di riaverla …


“Ma cosa …”



“Cos’è successo?”

“… torna a casa … ti aiuterò io ma torna adesso …”

Ingoia a vuoto, si volta verso la finestra osservando se stesso. Questa volta se ne accorge. Vede la luce spegnersi dai suoi occhi rendendoli scuri come voragini nel volto pallido.

Abbassa le palpebre per negarsi la vista del suo viso triste e deluso: “Non posso, lo sai. Io de …”.

“Lo so, scusami, non dovevo … te l’avevo promesso … ma quando ci sei tu è tutto più facile …”


Anche se non è lì con lui, può vederlo mentre si accartoccia facendosi piccolo. La sua voce è come soffocata, appena si comprende cosa stia dicendo. Trema e s’indebolisce.


Kaede chiude gli occhi, stringe la stoffa morbida dell’accappatoio all’altezza del petto, ignorando la stretta conosciuta alla gola che gli blocca il respiro: “Dove sei?”.

“… da Akagi …”

“E’ successo qualcosa alla squadra?! Perché sei dal capitano?”

“… no … non dal gorilla. Da Haruko …”


Deglutisce con fatica, piegandosi inconsapevolmente in avanti: una morsa mai provata prima gli ha azzannato senza preavviso lo stomaco.


E’ dunque quella la gelosia? Non l’ha mai provata prima.


Neppure innanzi all’immenso talento di Sendoh o di Sawakita. Posto davanti ai propri limiti e al loro valore, ha sempre cercato di superarli con fatica e dedizione.

Non ha mai nutrito invidia in vita sua o, più semplicemente, brama di possesso. Mai fino a quel momento.


E ci sono mille kilometri a separarlo da Hanamichi …


Comincia a comprendere i sentimenti che si sono agitati nel do’aho in quell’ultimo mese, quando lui gli raccontava senza troppi pensieri di Sendoh che era risalito al Momiji per passare una giornata con lui o di Rei, un amico per il quale provava un’empatia profonda.
Gliene aveva parlato senza curarsi del fatto che la distanza aveva la capacità di mutare il peso delle parole e del loro significato. Di quanto fosse frustrante rimanere semplicemente in ascolto, senza poter fare altro.

Adesso, sente di poter essere più indulgente nei confronti del comportamento di Hanamichi negli ultimi giorni.


Gioca con una ciocca umida, rigirandola fra le dita. Sa perfettamente cosa fare e cosa evitare.


In fondo non è forse il migliore a imparare dagli errori?


“Adesso calmati e spiegami.”

“…”

“Siete soli?”

“No! Ci sono anche Yo e gli altri. E le sue amiche!”

Torna a respirare, rassicurato: “Ok …”.

“…”

“…”

“…”

“Qual è il problema?”

Resta in ascolto del respiro veloce di Hanamichi placarsi, per infine farsi profondo. Rimane in silenzio mentre gli racconta tutto dall’inizio: della sua infatuazione passata per la sorella di Akagi, della sua iniziale gelosia nei suoi confronti perché la ragazza aveva una cotta per lui, dei suoi tentativi per conquistarla … tutte cose di cui era già a conoscenza.
Poteva essere un orso scorbutico, perennemente addormentato, ma sapeva ancora accorgersi quando una compagna di scuola provava attrazione nei suoi confronti e quando un ragazzo pensava che bastasse prenderlo a testate per farla innamorare di sé. Ne aveva affrontate di situazioni analoghe, sin dalle medie, per non sapere cosa stava accadendo anche allo Shohoku.

Ingoia a vuoto, imbarazzato dalla propria ingenuità. Non aveva minimamente tenuto conto del fatto che, in passato, Hanamichi fosse stato innamorato di una ragazza.


“Ma allora io …”



Raddrizza la schiena, fissando senza vedere la porta del bagno.


Trema ma non per il freddo che sente addosso.


E’ panico. Con una punta di terrore.


“Ma ti giuro che lei non mi piace più! Kaede … te lo giuro …”

“Va bene, ti credo”, vaga con le iridi tutto intorno alla stanza. Non sa cos’altro fare.

“Ma Yo non lo sa, non gli ho detto niente di noi e ha organizzato quest’uscita per farci mettere assieme …”

“… hn …”

“Però gliel’ho detto che non voglio! Non succederà niente, non pensare male!”

“… Hanamichi, perché mi hai telefonato?”, resta in ascolto del suo singulto spezzato, dispiaciuto per non aver mascherato a sufficienza la propria stanchezza.

“Come faccio a rifiutarla senza ferirla? Tu come fai?”

Si morde un labbro, chiudendosi nelle spalle. Solleva un ginocchio nudo fino a poggiarci la fronte contro: “Di solito non lo faccio. Non le lascio avvicinare tanto, e alle lettere non rispondo mai. Capiscono da sole che non c’è storia”.

“Ah! Ma …”

Abbraccia la gamba col braccio libero afferrando l’ampia manica dell’accappatoio e stringendola con forza: “Immagino che per te sia diverso visto che siete amici, ma se hai parlato con Mito, non dovrebbero esserci problemi. Perché non lasci che la situazione si risolva da sé?”.

“E’ che non voglio farle del male ma non posso certo dirle di stare assieme al ragazzo di cui è ancora innamorata …”

“… hn … ma scusa, di tutti e due?”

“A quanto pare …”

“Quella ragazza ha un pessimo fiuto per i ragazzi.”

“Mpfffff …”

Sentire la risata sincera di Hanamichi è un balsamo per le sue paure. Di colpo si sente confortato, rendendosi conto che la scimmia l’ha cercato per chiedere aiuto e che tutte le parole dette non sono altro che un’accorata dichiarazione.

Si lascia contagiare da suo riso, tornando a rilassarsi.

Rovescia la testa all’indietro mentre finge di non capire. Ma la sua voce è tornata serena e gentile: “Cosa c’è da ridere?”.

“Niente, niente … mi manchi.”

“Sì, anche tu, do’aho.”

Hanamichi tace perdendo il ritmo del respiro. Per un attimo Kaede pensa che gli sia sfuggito il cellulare di mano.


“… stupida volpe … non dirlo così all’improvviso.”


Il monito che Rei gli ha rivolto quel pomeriggio gli balena all’improvviso nella mente, facendolo trasalire impreparato: “Piuttosto … per i tuoi amici …”.

“Mh? Sì, risolverò l’equivoco, te lo prometto.”

“Quanto ti fidi di loro?”

“Sono come fratelli.”

“Vuoi dirgli di noi?”

“Penso che dovrei. Più aspetto, più sarà difficile.”

Torna a torturare il labbro inferiore indeciso. Hanamichi è sincero, si fida ciecamente del suo gruppo, eppure anche Rei … e guarda com’è andata a finire.

“Però, forse, sarebbe meglio se aspettassi il mio ritorno. Non affrontare tutto da solo.”

“Kitsune … sono miei migliori amici. Tranquillo, capiranno.”

“E allora perché non gliel’hai detto subito?”

“…”

“…”

“…”

“Scusa. Capisco non sia facile.”

“… sì …”

“Ma se la situazione dovesse precipitare, ricordati che non sei solo. Ok?”

“Tranquillo.”

“Non tagliarmi fuori.”

“Non lo farò … ah! Devo andare, mi stanno chiamando … la cena è pronta.”

In lontananza sente la voce allegra di una ragazza, probabilmente Akagi. Ingoia gelosia mentre pronuncia un flebile: “Sì, vado a mangiare anch’io”.

“Buon appetito, kitsune.”

“Buon appetito, do’aho.”

Interrompe la chiamata, posando lentamente il telefono sul letto. Rimane a fissare i piedi scalzi senza muoversi. E’ come se tutto il freddo della stanza fosse calato su di lui all’improvviso, rubandogli calore. Forse dovrebbe rituffarsi sotto la doccia.

Si alza senza fretta.

Lascia scivolare in terra l’asciugamano mentre fissa se stesso sul vetro della finestra. Il vento aumenta d’intensità, sferzando con forza le tapparelle abbassate. Morde la terra, rendendola secca e dura.

Si slaccia l’accappatoio, gettandolo accanto all’asciugamano. Rimane per un minuto intero a contemplare il proprio corpo nudo, incurante dello sguardo curioso di Nao, dei fremiti di freddo o della telecamera che lo riprende.

Il suo, è il corpo di un ragazzo e di femmineo non ha nulla. Come ha iniziato a dedicarsi completamente al basket, aumentando il ritmo degli allenamenti, i muscoli si sono induriti scolpendosi quasi in autonomia.

Porta una mano sulla gola, tastando senza forza il pomo d’Adamo. Da quando ha raggiunto la pubertà, la sua voce ha iniziato a mutare, diventando più profonda.

Abbassa lo sguardo sul petto largo, portandolo sul ventre piatto, scorrendo poi in mezzo alle gambe.


Presto raggiungerà le fattezze di un uomo maturo.


Dovrebbe esserne orgoglioso, eppure … se a Hanamichi piacciono le ragazze, allora perché lui?

Abbassa la nuca confuso, piegato e insicuro. Sakuragi è l’unico a farlo sentire così, a piegarlo portandolo sull’orlo di una rottura.

Lento, volta la nuca in cerca del cellulare abbandonato sulle coperte.

Per la prima volta avverte la bruciante necessità di chiedere aiuto e consiglio a qualcuno che non sia se stesso. Qualcuno con più esperienza e che sappia placare il suo animo inquieto. Con cui confidarsi.


Un amico.




°°°°°°°°°°°°°°°°°°

Hanamichi siede con gli altri sul divano, sprofondando nei cuscini larghi e morbidi. Cerca di mimetizzarsi scomparendo.

Né lui né Yohei hanno parlato molto durante la cena e Matsui ha perso parte della sua sfrontatezza. Hana fissa il parquet chiaro, in colpa per aver troncato a quel modo l’entusiasmo dei suoi due amici.

Se Haruko se n’è accorta, non l’ha dato a vedere.

Per tutta la serata si è mostrata allegra e frizzante, senza manifestare segni di disagio o tristezza, tamponando con il suo buon umore l’incrinatura creata da quello più spento di loro tre.


Fissa l’orologio appeso alla parete. E’ quasi ora di andare.


Sospira rincuorato.


“Sakuragi, verresti con me un attimo?”

La voce sussurrata di Haruko gli arriva alle spalle, cogliendolo di sorpresa. Non l’ha sentita avvicinarsi.

Troppo tardi si accorge della piccola mano posata delicatamente sulla sua spalla destra, le dita curate che gli premono appena la clavicola, e i capelli lisci che gli sfiorano l’orecchio. Si volta verso di lei il tempo per vederla scivolare via, i polpastrelli che scorrono sulla stoffa della divisa carezzandolo con leggiadria da una spalla all’altra.

Ingoia a vuoto, sgranando gli occhi colto da una paura improvvisa.

Unici testimoni del suo sgomento: Yohei e Matsui. Seduti poco più in là, entrambi su una bassa poltroncina, non l’hanno mai perso di vista.

E ora, la ragazza dai codini abbassa triste lo sguardo mordendosi indecisa un labbro, mentre l’amico raddrizza la schiena, risoluto, fissando il suo vecchio orologio da polso: “Cavoli se si è fatto tardi! Haruko, mi dispiace molto ma dovremmo andare …”.

Haruko si ferma sulla soglia del soggiorno sorridendo tranquilla: “Va bene, facciamo in fretta. Nel frattempo preparatevi. Ci vorranno pochi minuti, promesso! Sakuragi …”.

Hanamichi si alza senza dire nulla, avanza nel salotto facendosi strada nell’intrico di gambe, cercando di non travolgere per l’agitazione il basso tavolino in vetro. Cammina sotto lo sguardo divertito degli amici, di quello triste di Matsui e di quello impotente di Yohei.

“Va bene, allora noi riordiniamo, ok? Pochi minuti e poi andiamo …” la voce di Yo si spegne dietro al pannello di legno chiuso senza fretta dalla padrona di casa.

Haruko si stacca dal pomello sorridendogli quieta: “Vieni”, e silenziosa lo guida sulle scale, verso il piano di sopra.

Hanamichi le conosce, le ha già scalate in estate durante la sessione di studio con tutta la squadra. All’epoca Kaede era lì con loro, e lui bruciava il poco tempo concesso fra spacconate e stupidi proclami … che povero idiota! Ma non poteva davvero immaginare come le loro vite sarebbero state travolte da lì a pochi mesi …

Stringe i denti.

Kaede stava così bene, aveva un obiettivo preciso, dei progetti, tanti sogni ed era felice. Non aveva tormenti. Mentre ora …


Supera la stanza del gorilla, seguendo la ragazza nella sua camera.


Entra guardandosi attorno: è molto simile a quella dell’ex capitano, quasi speculare, ma più femminile e ricolma di peluche e poster di cantanti a lui sconosciuti.

Haruko si avvicina alla sua scrivania aprendo un cassetto, mentre Hanamichi indietreggia poggiandosi alla porta chiusa. Perché non l’ha lasciata aperta?

La vede prendere qualcosa.

Chiude gli occhi, pensando a un modo gentile per rifiutare una possibile lettera d’amore. Quanto l’aveva aspettata? E adesso non la vuole più.



Sorride.


La volpe non è certo tipo da quel genere di lettere, per cui, quella, sarà forse l’unica che riceverà in vita sua. Da ora in avanti farà più attenzione a non creare altre situazioni ambigue.


“Tieni.”


Guarda innanzi a sé sorpreso di vedere un piccolo quadernetto rosso sporto verso di lui: “Cos’è?”.


“Il suo diario segreto? Funziona così adesso?”



Haruko gli sorride timida mentre Sakuragi accoglie il blocchetto degli appunti: “Ho ricopiato tutti i consigli di Rukawa, e poi ci ho aggiunto delle note mie. Ho anche chiesto aiuto anche a Take-chan e ai senpai Mitsui e Miyagi … ti aiuteranno a migliorare ancora”. Inclina la nuca incrociando le braccia dietro la schiena. Indietreggia fino al letto, sedendoci sopra e invitando il ragazzo a fare altrettanto.

Ma il rosso non si muove, apre il quaderno sfogliando silente le pagine fitte di appunti, schemi e disegni. Pare perso nella lettura.

Hanamichi sfiora gli ideogrammi scritti da Haruko, notando quanto siano differenti da quelli di Kaede. Più tondeggianti e meno squadrati. Le pagine poi sono bianche e non sgualcite: deve aver comprato un quaderno nuovo apposta per l’occasione. Gli appunti sono pieni di pupazzetti ben disegnati, faccine simpatiche e buffe, così in contrasto dagli omini stilizzati della volpe. E’ brava a disegnare.


Le sorride intenerito.


Il blocchetto profuma, probabilmente ha spruzzato una qualche fragranza sulle pagine.
Tutto in lei trasuda femminilità. Tanto Haruko è fresca e dolce, quanto Kaede seducente e rude. Più lei è delicata e ingenua, più lui è forte e indomabile. Così come lei è femmina, lui è maschio.

Si avvicina alla ragazza, sedendosi sulla sedia della scrivania. Mantiene una certa distanza soppesando il libricino.


Non ha più dubbi.


La guarda con occhi fraterni, sorridendole grato: “Grazie”.

La vede chiudersi nelle spalle, indecisa, mentre con le mani risistema le pieghe della gonna e torna a stringere le coperte sotto di sé.
I capezzoli turgidi s’intravedono nonostante lo spessore dei vestiti e il fiocco rosso della divisa scolastica le ricada morbidamente sui seni, le labbra sono più rosse e gonfie mentre le gote si sono colorate di un rosa acceso. Non se n’è accorta, ma ha lievemente divaricato le gambe in un invito impacciato.

Hanamichi porta lo sguardo sul parquet, continuando a sorridere impietosito, rasserenato nell’aver finalmente posto un argine ai propri turbamenti, mettendo ordine nei propri sentimenti. Vuole bene a Haruko e gli piace stare con lei, ma ama Kaede. Vuole lui e nessun altro.

Il sesso con Haruko non sarebbe facile. Sarebbe impossibile.


Chiude gli occhi.


Lo sarebbe con chiunque che non sia la kitsune, e del perché non gli importa più nulla.


“Haruko devo dirti una cosa …”


La porta si spalanca di colpo, offrendo all’imponente figura di Takenori l’intera visuale della stanza. Respira con affanno e indossa ancora la giacca, il viso è umido di sudore e gli occhi fuori dalle orbite. Più indietro, le sagome intimidite di Yo e degli altri cercano inutilmente di trattenerlo.

Hanamichi si raddrizza d’impulso sulla sedia, chiudendo di scatto il quadernetto mentre Haruko balza sul letto risistemando la gonna e serrando istintivamente le gambe.

“Take …”



“FUORI DA QUESTA STANZA, ANIMALE!!!!!!”



“Gori … c’è … c’è un equivoco … non stavamo facendo niente … posso … posso spiegare! Ah! NON PRENDERE IL COMODINO!!!!! MA SEI MATTO?!!!!!

“Take-chan calmati!”



“FUORIIIIIIII!!!!!”



“Sì, ok … me ne vado … me ne vado … MA TU METTI GIU’ QUELLA SEDIA, PAZZO!!!!! Che vuoi fare?!!! Così mi rovini!!!!!”


Hanamichi si scapicolla gettandosi sulle scale, seguito da tutta la truppa. S’infilano i mocassini alla belle meglio arraffando giacche e cappotti per poi tuffarsi nel vialetto di casa Akagi senza quasi fermarsi; con Fuji che continua a scusarsi trascinata da Matsui, i ragazzi che non fanno che ridere come deficienti, i vicini che accendono le luci allarmati e il gorilla che urla loro parole incomprensibili dalla finestra della sorella …

Hana pensa a quanto assurda sia l’intera situazione, e si unirebbe alla sghignazzata di Okusu, Takamiya e Noma se non fosse per l’enorme sollievo che gli scioglie il petto.

Rallenta la corsa sino a ridurla a un passo sciancato, risistemandosi con calma la scarpa malmessa: “Ehi, di chi è questa giacca? Chi ha la mia?”.

Noma spegne la risata isterica riducendola a un roco gorgoglio prima di avvicinarsi tranquillo: “E’ mia … ma questa mi sa che non è tua … eh! Eh! Eh! Eh! Speriamo di non aver dimenticato nulla!”.

In silenzio si mettono in cerchio scambiandosi le giacche vicendevolmente, sogghignando divertiti.

“Domani il gorilla ti spaccherà il culo, sicuro!”.

“Non stavamo facendo niente di male! Mi ha solo dato questo quaderno! Accidenti a lui! Ma non doveva rientrare tardi? Sono appena le nove e mezzo!”

Okusu si chiude nella sua giacca riprendendo a ridere rumorosamente: “Ah! Ah! Ah! E’ arrivato già incazzato nero! Quando ha visto che Haruko non era con noi … ah! Ah! Ah! Non ci credo! Ah! Ah! Ah!”, con le mani in tasca si piega in avanti senza fermarsi. Sembra essere sul punto di cadere faccia a terra.

“Ho avuto paura … era talmente arrabbiato da non essersi accorto che c’eravamo anche noi ragazze!” Fuji si avvicina all’amica aggrappandosi al suo braccio.

“Mah, torniamo a casa?”

“Direi di sì, vi accompagniamo. Da che parte abitate?”

“Per di qua, non siamo lontane.”

All’unisono riprendono a camminare fino a quando Hanamichi non afferra Yohei per un braccio, frenando una volta ancora il passo: “Yo devo parlarti”.

“Ah! Ma adesso?”

Il rosso fissa l’entrata di un parco giochi, infilando entrambe le mani nelle tasche della giacca: “Cose come quella di oggi potrebbero accadere di nuovo in futuro, quindi è meglio se adesso ti dico tutto”.

Mito rimane in silenzio a fissare il profilo dell’amico già proteso verso il parco. Abbassa gli occhi, seguendolo obbediente.


“Ehi, voi due! Ma dove andate?!”


Si volta in direzione della voce di Noma alzando un braccio in segno di scusa: “Noi tagliamo per di qua, abbiamo ancora una commissione da fare! Ci vediamo domani alla solita ora!”.

“Allora accompagniamo noi le ragazze?! ‘Notte!”

“’Notte!” Abbassa il braccio, salutando con la mano Matsui e sorridendole più per tranquillizzarla che per una serenità che non prova.

Poi, lento, si avvia sulla scia di Hanamichi, raggiungendolo nella zona delle altalene dove si è seduto in sua attesa.







Yohei si accomoda sulla giostra libera, dondolando lievemente in paziente attesa.
Non sa bene cosa dire, ha sbagliato talmente tante volte in quegli ultimi mesi, che non ha più idea di cosa sia meglio fare.

Ma il silenzio è pesante e non fa per loro. Così, dopo un breve sospiro, si piega su se stesso prendendo la parola per primo: “Ti chiedo scusa”.


Sente addosso lo sguardo di Hanamichi.


E’ pesante e ricolmo di un carico a lui sconosciuto. Quando lo scorge abbassare la nuca, pensa che il fardello che si porta nell'animo lo stia schiacciando, spezzandolo. Intimamente se ne rattrista, non è stato in grado di aiutarlo. Eppure sono come fratelli

“Non c’è bisogno che ti scusi, Yo. E’ stato un bel pomeriggio e ti ringrazio per tutto quello che hai fatto …” le parole gli muoiono fra le labbra, mentre il collo sostiene con gravità la nuca ciondolante. “… ma che sto facendo … ci sto girando di nuovo attorno …”, Hana solleva la testa di scatto, richiamando con gli occhi il suo sguardo. Aspetta che sia pronto a sostenerlo prima di riprendere a parlare.



“Rukawa ed io stiamo insieme.”



Yohei ingoia senza replicare, prima di tornare a concentrarsi sulla punta delle sue scarpe distogliendo le iridi per primo.



Ha smesso di dondolare.



“E l’avevi già capito da un pezzo. Non negarlo.” Quelle parole, Hanamichi le pronuncia con voce incrinata, a un passo dall’essere amara.

Yo abbassa la nuca, asserendo in silenzio.

“Non so spiegarlo neanche io … è iniziato tutto il giorno che sono andato a casa sua per le condoglianze, o forse no … forse molto prima … non saprei … è stato così lento che neanche me ne sono accorto … e poi d’un tratto la situazione ha cominciato a precipitare e mi sono trovato come in un ciclone … ma gli altri ragazzi non mi piacciono, solo lui, è talmente strano … ma le cose stanno così, e non ho intenzione di tornare indietro.”

“…”

“Ti disgusto?”

“No, sono solo sorpreso … tutto qui …”

“Bugiardo.”

“Hana …”

“Ma ti capisco, per cui è ok.”



Silenzio.



Pesante. Greve.



“Mi dispiace di essere stato intrattabile in questi mesi. Avevo molti pensieri.”

“Lo immagino ...”

“…”

“… e penso non sia facile da confidare … non sono offeso, davvero. Sono cose tue e capisco la difficoltà. Solo …”

“Solo?”

“Sei sicuro che non sia semplice ammirazione?”

“Sicuro. Se fosse solo ammirazione, non riuscirei a fare le cose che faccio con lui, ti pare?”


Yohei riprende a dondolare con l’altalena senza staccare i piedi da terra o aggiungere parole e domante. Hanamichi pare aver appena compiuto un lungo percorso interiore, raggiungendo una serenità e una consapevolezza che a lui ancora mancano. Può dunque affidarsi al suo giudizio e null’altro.


“… ci ho pensato tanto … non c’entra neanche la morte del fratello … quello, più che altro mi ha permesso di avvicinarmi a lui con maggior facilità ma, anche se non fosse successo, le cose non sarebbero cambiate. L’ho capito questa sera.”

“… ma … fino a che punto siete arrivati?”

“Vuoi davvero saperlo?”

“Senza entrare nei dettagli … non voglio certo un posto in prima fila … voglio dire … sono etero e a certi argomenti sono sensibile. Scusa, ma non posso farci niente … però sei il mio migliore amico e sei sempre tu … tutto questo non cambia niente fra noi …”

Hana sorride mentre rovescia la testa fissando il cielo sopra di loro. Con l’altalena si porta all’indietro dando la carica al moto a pendolo. Pianta i piedi sulla pavimentazione antiurto, allarga le gambe mantenendosi in tensione: “Non siamo arrivati fino in fondo ma ci stiamo avvicinando … è che tra maschi le cose non sono scontate come con le femmine …”.

“Ok … stop. Capito, mi basta questo …”

Mpfff …” si lascia andare cominciando a oscillare sempre più veloce. Avanti e indietro. Come un bambino.

“Posso dirlo agli altri?”

“Sì, te ne sarei grato se potessi farlo tu.”


Il silenzio che segue è interrotto dal cigolare della giostra. In effetti non è tarata per sostenere il peso di un adulto …


“Ha cercato di uccidersi.”

Yohei si volta sgomento, osservando Hanamichi ondeggiare tranquillo, incurante della gravità delle parole appena pronunciate. E’ come se si fosse abituato a sopportare il peso di tutta quell’angoscia.

“O meglio … aveva le allucinazioni. Ha seguito il fratello morto in mare e per poco non è annegato … per questo l’hanno ricoverato al Momiji.”

“Non lo sapevo.”

“Se devo trovare un giorno, direi che ci siamo messi insieme la notte del nove ottobre, poco prima della sua partenza per Chitose. In realtà da allora ci siamo visti solamente una volta: ieri.”

“L’hai ignorato per noi?!”

“No … quello è stato perché sono un coglione.” Hanamichi sorride mentre frena il dondolio con le suole delle scarpe, “Adesso è tutto a posto. Può non sembrare, se non lo conosci, ma Kaede è molto paziente e comprensivo. Un altro al suo posto mi avrebbe già mandato affanculo”.

Yohei non risponde subito, fissa le mani dell’amico osservando meditabondo le nocche sbucciate: “Ha a che fare con il pestaggio di Sendoh?”.

Hana si ferma di colpo, guardandolo colpevole.

“So riconoscere i lividi che lasci quando li vedo e poi …” indica con lo sguardo i pugni feriti, stretti alle catene in metallo, “… due più due fa sempre quattro”.

Il rosso abbassa la testa in un moto di vergogna: “Non l’ho fatto per vincere la partita. Te l’ho detto, sono stato un coglione ma Kaede mi ha già strigliato a sufficienza, credimi. Sono a posto così”.


Gli sorride comprensivo, per infine alzarsi incamminandosi verso l’uscita: “Ci vediamo domani alla solita ora. Non preoccuparti per Haruko, con il tempo si risolverà tutto, ti daremo una mano noi …”.

Si ferma, voltandosi appena osservando l’amico ancora seduto.


Pare non essere intenzionato a seguirlo.


Si morde un labbro, tentato un modo per sciogliere quell’atmosfera così pregna di segreti da poco confessati. Tutta quella serietà non fa per loro.

Sorride malizioso mentre solleva la giacca protendendo il didietro in un gesto sciocco ed eloquente: “Allora? Solo lui? Io non ti piaccio neanche un po’?”.

Hanamichi solleva un sopracciglio prima di corrugare tutta la fronte, disegnando una serie di solchi simili a un campo arato e liberarsi in un’espressione disgustata e scandalizzata al contempo: “Ma quanto sei coglione …”.


“Eh! Eh! Eh! Ah! Ah! Ah!”

La risata di Yohei si libera nell’aria fredda rimbalzando fra gli alberi e le giostre deserte. Sincera e cristallina.


Limpida.




°°°°°°°°°°°°°°°°°°




Hanamichi rimane in muta osservazione dell’amico mentre scompare oltre l’uscita del parco giochi. Nonostante il freddo gli aggredisca la pelle sudata del viso, non accenna a muoversi dalla sua posizione.

Sfila il cellulare dalla tasca della giacca, richiamando il numero di Kaede. E’ tardi ed è ora della buonanotte.


Resta in attesa della voce della volpe, quasi senza respirare.


Lo stomaco gli si annoda quando la chiamata s’interrompe bruscamente. Non gli ha risposto. Fissa il display rattristandosi: le dieci meno dieci e l’ora della medicina è ormai passata da quasi mezz’ora.



“Si sarà già addormentato … merda!”




Abbassa la testa rassegnato. E’ la seconda volta in poco tempo che saltano quel loro rituale e sempre per colpa sua …

Si raddrizza come folgorato all’illuminarsi dello schermo e al vibrare del telefono. Il nodo si scioglie quando vede la scritta kitsune comparire all’improvviso: “Ehilà!”, risponde felice, quasi euforico, senza dare il tempo alla suoneria di iniziare a strimpellare.


“… hn … do’ahosei ancora vivo?


La sua voce è strascicata, appena comprensibile e Hana gli sorride intenerito. Stava dormendo.


“Scusami, ci ho messo più del previsto.”

Mmmmh …”

“Ma volevo dirti che è andato tutto bene. Ho sistemato ogni cosa.”

“…”

“Ho appena parlato con Yo e gli ho detto di noi. Spiegherà tutto anche agli altri e mi daranno una mano con Haruko. Ti giuro che da oggi in poi non ci saranno più situazioni ambigue.”

“… sei sicuro?”

“Certo!”

“…”

“Kaede?”

Forse è solo una sua impressione, ma gli pare che la voce di Rukawa s’incrini mentre chiede: “Lo vuoi davvero? Rinunciare all’Akagi?”.


Inspira a fondo.


La testa è piena. Tante cose sono successe in una sola giornata, ma nell’istante esatto in cui Haruko gli ha consegnato quel quaderno rosso tutti i pensieri che si affollavano, spezzati, nella sua mente hanno improvvisamente trovato un posto, collocandosi in ordine per priorità.

E’ sereno ora, sicuro e, nonostante il peso che avverte alla base del collo, si sente leggero. Potrebbe librarsi in volo in quello stesso momento.


Chiude gli occhi. Sorride.


Vuole rinunciare a Haruko? A tutte le ragazze? Per sempre?



“Sì, voglio solo te.”

“…”

“Kaede, scusami per averti fatto preoccupare. Non dovevo chiamarti a quel modo, ma sentirti mi ha dato la carica. E’ sempre così! Sopportami per un altro po’! Eh! Eh! Eh!”

“… idiota …”

“E poi … la prossima volta che torni, voglio passare un’intera giornata con te. Un vero appuntamento, capisci? Ti verrò a prendere a casa o ci incontreremo in stazione, come preferisci. Andremo al MM e passeggeremo sul lungomare, voglio salire sul Cosmo Clock 21 e … ah! Poi vorrei andare in un albergo e, beh, fare cose con te senza preoccuparci dell’arrivo dei nostri genitori …”

“… fare … cose?”

“Sì, quello che ci andrà di fare … e poi ceneremo al ristorante e ti riaccompagnerò a casa. Ci baceremo di nascosto, al buio …”

“… hn … sei indecente …”

“Facciamo cose indecenti. E … ah! Voglio che quel giorno indossi uno dei tuoi maglioni con lo scollo a V ma senza camicia sotto. Adoro la fossetta che hai sotto il collo. Sai, quella in mezzo alle clavicole … e mi piacce da impazzire il tuo pomo d’Adamo.”

“…”

“E la prossima volta che andiamo in ritiro o al Campionato voglio vederti in yukata! La scorsa estate non ti ho visto nemmeno una volta e dimmi se non è una tragedia questa …”

“… do’aho … mi stai ubriacando di parole … non riesco a seguirtisonno …”

“Eh! Eh! Eh! Scusa! Allora … ti dirò solo più una cosa. Avrei voluto dirtela da molto tempo ma aspettavo l’occasione giusta. Questa sera ho capito che devo farlo e basta. Tranquillo, te lo ripeterò in continuazione, sempre.”


Hanamichi porta lo sguardo in alto.


Con la mente si libra in volo, oltre la luce dei lampioni, sempre più su sino a raggiungere le stelle. Segue la scia di luce indicata dagli astri, lasciandosi guidare dalle correnti.
Supera le montagne e quei vasti campi di cui Kaede gli ha tanto parlato, raggiunge il Momiji cominciando a scendere lentamente. Entra nel dormitorio, raggiunge la camera della volpe e, con delicatezza, si stende nel letto accanto a lui. Lo abbraccia da dietro intrecciando le mani sul suo stomaco, poggia le labbra sull’orecchio e respira il suo odore per infine sussurrargli il più dolce dei “Ti amo” ...


Silenzio.


“Dimmi che non ti sei addormentato …”

“… sono sveglio …”

La voce di Kaede è più forte adesso, e Hana lo immagina seduto sul letto, i capelli scarmigliati e Nao che lo fissa preoccupato per il diffuso rossore che gli imporpora le gote pallide. Gli occhi sono sicuramente spalancati e così neri da sembrare finti.

Hanamichi sogghigna divertito: “Mi dovresti rispondere con un: anch’io,” ma non gli da il tempo per farlo, “… in realtà l’hai già fatto. Il giorno della tua partenza, ricordi? Mi hai detto di chiamarti tutti i giorni e di parlare di tutto con te. Me l’hai detto allora, ho indovinato? Lo capisco solo adesso … e ieri … con il tuo corpo … non hai fatto che ripetermelo in continuazione”.

“… Hanamichi …”

“… sono io quello che non te l’ha mai detto e ti ha fatto stare male. Ti chiedo scusa, Kaede.”

“…”

Chiude gli occhi: “Metticela tutta. Guarisci bene e torna da me. Ti aspetterò, non ho più paura. Mi fido di te”, avverte la gola contrarsi con dolore, non si odia più per questo, al contrario ha imparato ad accettare le proprie debolezze, “Voglio stare con te, ma dovrai essere completamente ristabilito così potremo concentrarci solo su di noi e ricominciare tutto da capo …”.

Resta in ascolto del suo respiro, lento e regolare, prima che soffi un “Sì” pregno di gratitudine.

E Hanamichi lo vede, adesso, mentre vola al suo fianco. Finalmente alla medesima altezza.


L’ha raggiunto.



Respira serenità. E’ giunto il tempo per un ulteriore passo in avanti.



Altro battito d’ali. Altra planata.



“Ho bisogno di un favore”.

“Dimmi.”

“Puoi passarmi il numero di Sendoh?” Kaede tentenna, forse non è sicuro di aver sentito bene, forse il sonno è troppo pesante e gli ovatta la mente confondendo le parole. “Gli devo delle scuse da venerdì.”

“Ti invio il numero.”

“Grazie.”

Altra pausa, altra esitazione: “Lui sa di noi”.

“Gliel’hai detto?”

Non è un’accusa, anche se suona come tale, Hanamichi non è riuscito a mascherare la sorpresa. Deve ancora abituarsi all’idea che Kaede possa avere dei legami all’infuori di lui.
Ingoia pentito restando in paziente attesa. Se la volpe ha tante premure nel parlargli di Sendoh, la colpa è solamente sua e della folle gelosia che gli ha mostrato.

“L’ha capito.”

“Ah … beh … meglio così … l’ha presa bene, no?”

“… hn …”

Addolcisce la voce, tentando di dargli un’intonazione il più matura e sicura possibile: “Buonanotte Kaede”.

Non gli risponde.

Dal suo respiro lievemente accelerato Hanamichi capisce che non vuole ancora interrompere la telefonata. E’ in cerca di un argomento.


“… Akagi era molto arrabbiato?”

“Ah? Eh! Eh! Eh! Era un toro incazzato! Avessi vist- … aspetta! Frena!!! Ferma tutto!!!!”
Raddrizza la schiena nell’istante esatto in cui un terribile dubbio gli sfiora la mente, pungendogli la base del collo: “Come fai a saperlo?!!!”.

“Hn …”, nonostante Kaede parli con voce calma pare essere sul punto di sciogliersi in una sonora risata impertinente. Non sa perché ma crede sia così: “… potrei aver accidentalmente mandato un messaggio al senpai dicendogli che una certa scimmia in calore era a casa sua per cenare con la sorella … e forse, dico forse … sai, le medicine … potrei aver omesso che c’erano anche i vostri amici a tenervi compagnia …”.

Mentre quello stupido volpino spelacchiato gli snocciola senza pentimento alcuno la sua terrificante malefatta, al rosso compaiono nella mente gli occhi stravolti del gorilla mentre lo fissano dalla soglia della stanza di Haruko: “Tu sei … sei … MA TI RENDI CONTO CHE STAVA PER LANCIARMI UN COMODINO IN TESTA?!”.

“Davvero? Un comodino?”

“Sì! E anche una sedia!!!!! UNA SEDIA!!! SULLA SCHIENA!!!! A ME!!!!!”

Addirittura?

E più urla, attirando l’attenzione di qualche passante tardivo, più quel deficiente che si ritrova per ragazzo abbassa la voce, rendendola un sussurro appena udibile.

Chiude gli occhi, accorgendosi di quanto quel suo sbraitare diverta anziché spaventare Rukawa.

Respira a fondo, placando mefistofelico la voce: “Lo sai, vero, che domani mi farà il culo a capanna?”.

Una vera sciagura …”

“Di’, ti stai addormentando per caso? Stupida volpe che non sei altro …”

“Sì … ti mando il messaggio col numero, allora …”

“Non cambiare discorso! Me la sono vista brutta, piccola kitsune infida e manipolatrice …”

“… buonanotte Hanamichi e …” Kaede inspira prima sospirare profondamente un: “… anch’io” ancora più delicato di quello pronunciato dalla scimmia solo pochi minuti prima.

Poi, come sempre, interrompe la chiamata lasciandolo lì come il più grande degli idioti, con le chiappe gelate al contatto freddo con l’altalena e un’espressione ebete sul viso arrossato.

Rovescia la testa all’indietro, rivolto al telefono ormai spento: “E piantala di dirmi sempre certe cose così all’improvviso, vuoi farmi morire? Stupida volpe …”.

Sorride, cominciando a dondolarsi prendendo rapidamente velocità. Il gelo della notte lo schiaffeggia ma è un contrasto piacevole col fuoco che avverte crescere dentro.

E’ felice. Come non lo è mai stato in vita sua.

Rallenta quando avverte il vibrare del cellulare. Lo sfila dalla tasca dando una scorsa ai due messaggi di Kaede. Nel primo c’è un numero di cellulare, e Hanamichi lo copia salvandolo meccanicamente nella rubrica.


“Porcospino”




Dopodiché passa a leggere il secondo, e il sorriso muta in un’espressione di gioia pura mentre gli occhi scorrono sulle righe scritte.


“Se ti accontenti del kimono da cerimonia, a Capodanno lo indosso sempre. Vieni a Sapporo con i miei, ci sarà anche Macchan. Lo festeggeremo da zia Shizu. Potrei fare un’eccezione e indossare il kimono anche in casa. Ti aspetto.”




Poggia il telefono contro la fronte, tremando lievemente.


“Devo proprio trovarmi un lavoro part-time, cazzo!”




°°°°°°°°°°°°°°°°°°




Akira interrompe la lettura degli appunti di Hikoichi, voltandosi incuriosito verso il basso tavolino in centro alla stanza. Osserva il cellulare mentre, con il suo vibrare, spezza il silenzio di cui era imbottita la camera.

Inclina la testa preoccupato nel momento in cui scruta l’ora sulla pila di libri ammonticchiati accanto al letto.



“Sarà di nuovo lui? Accidenti a quell’idiota di Sakuragi … che altro avrà combinato?”




Si solleva stancamente scivolando sulla moquette facendo attenzione a non produrre rumore, il corpo indolenzito gli ricorda il pestaggio di pochi giorni prima. Soppesa il telefonino, scrutando il numero sconosciuto, indeciso se rifiutare la chiamata. Non è Rukawa.


Eppure qualcosa gli suggerisce che dovrebbe rispondere.


Senza pensarci sfiora il tasto virtuale di accettazione: “Sì?”.

“Non posso credere che l’ultima persona con cui parlerò questa sera sia proprio tu!”

Allontana il ricevitore guardando una volta ancora il numero impresso sullo schermo lucido: “Ma chi? …”, alza gli occhi al soffitto richiamando alla mente quella voce roca velata di ostentata boria così simile a quella di Fukuda.

Sospira paziente, risedendosi svogliatamente sul letto sfatto: “Sakuragi?”.

“E chi altri?”

Rinuncia a spiegargli che non si è minimamente presentato e le dieci e un quarto di sera non è esattamente l’ora giusta per disturbare la gente con stupidi proclami.


“Dopo quello che ha combinato a Rukawa oggi, se riattacca con la storia che devo lasciarlo in pace è la volta che lo mando a cagare …”



Non è così gentile da soprassedere bonariamente sui calci e i pugni che ha dovuto subire per un motivo per altro inesistente; mentre quel pazzo ipocrita, neanche tre giorni dopo, si è messo a fare l’idiota con una ragazza.
La voce incrinata dall’incertezza di Rukawa è ancora prigioniera delle sue orecchie, così come la mezz’ora passata a parlargli nel tentativo di calmarlo.
Mai avrebbe pensato di diventare, per quel ragazzo tanto indipendente e orgoglioso, la spalla su cui appoggiarsi. Prova rabbia nei confronti del numero nove e, più di ogni altra cosa, non sopporta di vedere l’otto piegato a quel modo, a un passo dall’essere spezzato.

Non gli nega la propria disapprovazione, mostrandosi insolitamente insofferente: “Che cosa vuoi?”.

“Chiederti scusa.”

“Allora hai sbagliato persona. E’ un altro che dovresti chiamare”, poggia i gomiti sulle ginocchia, abbassando la nuca mentre fissa i piedi nudi sulla moquette grigia. I capelli gli ricadono morbidamente sulla fronte. Si passa una mano frizionandoli con forza, poi rimane in ascolto del respiro ferito di Sakuragi.

“Rukawa ti ha chiamato?”

“Prima di cena. Era … non so trovare la parola giusta, ma andare a dire al tuo ragazzo che ti piacciono ancora le femmine, non è la cosa più intelligente da fare. Lo capisci da te, no? E … sì, so di voi.”

“Non ho mai detto una cosa simile.”

La voce del rosso è sincera e Akira tentenna nel proseguire, ma non demorde: “A no? Questa sera non eri dalla sorella di Akagi per cena?”.

“C’erano anche i nostri amici! Non eravamo soli! E poi è già tutto sistemato, sia con Haruko sia con Kaede, quindi piantala di fare lo stronzo e accetta le mie scuse!”

“Frena … mica penserai di cavartela così facilmente …”

“Che altro dovrei fare? Ti ho chiesto scusa e ti ringrazio per non avermi denunciato alla Commissione Sportiva. Mi dispiace di averti colpito a quel modo, ma ci tengo a precisare che non l’ho fatto per vincere la partita.”

Sorride divertito: “Tranquillo, per quello mi prenderò come indennizzo la Nostra vittoria sullo Shohoku”.

“Bastardo! Di un punto! E l’ultimo canestro avrebbe ribaltato il risultato, questo lo sai benissimo!”


Lo sa.

Se Sakuragi avesse lanciato piuttosto che tentare il salto, forse avrebbero perso. Se ci fosse stato Rukawa in campo, il risultato sarebbe certamente stato a favore della squadra di Anzai; ma la storia è andata diversamente e ciò che conta è l’esito al momento del fischio finale.

Affonda, senza preoccuparsi di fare male: “Però al Campionato ci saremmo andati comunque Noi”.

“Tzè! E con questo chiudo. Buona serata.”

Akira allarga il sorriso.



“Colpito e affondato. Troppo facile …”




Ma ancora non gli basta: “Io non ho ancora finito con te. E’ ora che noi due facciamo un discorso serio”.

“…”

La semioscurità della stanza gli impedisce di vedere il proprio riflesso sullo schermo della piccola televisione. Se potesse farlo, si accorgerebbe di come i suoi occhi si siano socchiusi mutando il suo viso da divertito a ostile, freddo e deciso: “Stai giocando con lui?”.

“Che?”

“Le ragazze ti sono venute a noia e hai deciso di provare a spassartela con un tuo compagno per vedere com’è?”

“No!”

“Allora sei bisessuale e vuoi stare per un po’ con un maschio?”

“C-certo che no! Dici cose oscene e non ne voglio parlare con te! Piantala immediatamente di riferirti a lui in quel modo!”

“Ma Rukawa è sicuramente gay al 100% e certe cose non le capisce. Gli dici di volere lui poi, nello stesso discorso, gli ricordi che pochi mesi fa eri innamorato di una ragazza che, guarda caso, è anche la manager della vostra squadra nonché tua amica. E glielo dici mentre sei a casa sua …”

“Con i nostri amici! I nostri amici!”

“Che vorrebbero farvi mettere insieme e tu non sai come respingerla. Bella mossa genio, davvero.”

“…”

Akira sospira pesantemente.

Rukawa ha ragione, a volte il rosso sa essere una stupida scimmia ottusa: “Siete a mille kilometri di distanza, le parole hanno un peso diverso, ne devi tenere conto specie se è tutto nuovo per voi”.

“E credi che non sia stato lo stesso per me nell’ultimo mese?”

“…”

“Sentirlo parlare di te come niente fosse, sapere che eri andato a trovarlo DUE VOLTE mentre io ero bloccato prima a letto e poi ad allenarmi, come credi che mi abbia fatto sentire, eh? E’ il mio ragazzo, non il tuo!”

Alza un sopraciglio a disagio. Sapeva che alla fine quello scemo gliel’avrebbe rinfacciato, ciononostante non si aspettava che lo facesse con tanta prontezza: “Ma questo è assurdo … non è la stessa cosa”.

“Ah, no?”

“Certo che no! Sono etero! Tra noi non potrà mai esserci altro che amicizia!”

“Allora ne riparleremo quando ritornerà e passerai un po’ più di tempo con lui.”

A questo, Akira non controbatte subito.
Resta chiuso in se stesso per diversi secondi, limitandosi a fissare le dita dei piedi mentre carezzano distrattamente la moquette sottostante: “Il fatto è che non importa chi si innamori di lui o chi si prenda anche solo una sbandata, per Rukawa esisti solo tu. Sei l’unico a renderlo così … patetico”.

“Patetico?!”

“Parole sue.” Sorride, il numero otto riesce a essere caustico perfino con se stesso. E’ il lato di lui che più l’ha incuriosito e solleticato fin dall’inizio, quel suo modo di fare ostile e generoso al contempo. In quella parola tanto offensiva c’è tutto il sentimento che nutre per Sakuragi: “Tu hai il potere di distruggerlo, capisci? Quello che la morte del fratello non ha spazzato, lo puoi fare tu con una semplice telefonata. Di questo devi rendertene conto e agire con maggior consapevolezza. Scommetto che sei stato tu a fare il primo passo. Prenditi le tue responsabilità”.

“…”

“Ti terrò d’occhio.”

“…”

Il silenzio prolungato del pivot avversario gli fa comprendere di aver raggiunto lo scopo che si era prefissato: fargli comprendere i sentimenti di Rukawa affinché la smetta di comportarsi da perfetto cretino. Anche se, forse, questa consapevolezza l’ha già raggiunta da sé e il suo non è stato altro che un rimarcare un qualcosa che aveva già afferrato.

“Chissà, magari sei davvero bisex mentre lui è gay e vi siete semplicemente innamorati di un ragazzo per la prima volta, incontrandovi a metà strada.”

“Chi se ne frega.” Sakuragi pare riprendersi all’improvviso, ritrovando la sua innata sicurezza: “Non ho intenzione di scoprirlo e, francamente, neanche m’importa più. Non voglio stare con nessun altro che non sia Kaede”.

Akira sorride divertito dall’innocenza di quelle parole.



“Questo ragazzo è ancora più ingenuo di Rukawa! Troppo divertente! Allora … lo stuzzicherò un altro po’! Eh! Eh! Eh!”




“Se le cose stanno così, non ho altro da aggiungere sull’argomento. Solo un’ultima cosa …”

“Ma se hai appena detto che non hai altro da aggiungere! Senti sono quasi arrivato a casa, taglia che fa freddo e devo entrare!”

“Sarò breve. Ti parlerò di Aiko.”

“Aiko?”

“Un’universitaria che ho frequentato un annetto fa.”

“Senti, fa freddo e voglio andare a dormire!” Sakuragi sbotta con stanchezza, come se non fosse stato lui a telefonare alle dieci passate di notte … “Non me ne frega di parlare di ragazze con te. Ti ho appena detto che non m’interessano più.”

“Sì, però lei aveva un vizietto che potrebbe tornarvi utile …”

“…”

Akira sogghigna divertito mentre parla con tutta la naturalezza che riesce a simulare: “… adorava il sesso anale. Non ho più trovato ragazze che volessero farlo a quel modo! Peccato, perché è davvero incredibile!”.

E la risata si muta rapidamente in un ghigno sadico mentre resta in ascolto del singulto scandalizzato dell’altro e il silenzio che ne consegue. Lo immagina stampato contro un palo della luce … il deficiente!



“Che sarà mai … è solo sesso! Scommetto che non ha mai preso in considerazione l’idea che si possa fare così anche con le donne …”




“Allora … se dovessero servirvi delle dritte su come praticarlo, non fatevi problemi e chiedetemi tutto quello che volete. Qualsiasi dubbio …” prosegue con il suo soliloquio, sempre più allietato dall’imbarazzo che suscitano i suoi discorsi. Gli piace spiazzare i suoi interlocutori, specie se sono scimmie urlanti da educare, “… è il mio dovere di senpai, ma posso subito dirti che ci sono due principi base da seguire: preservativo, sempre e comunque, e lubrificante come se non ci fosse un domani …”.

“Ma … discorsi simili li fai anche con la volpe?!”

Akira rovescia la testa ridendo sguaiatamente, incurante del bussare insistente di là del muro sottile. Non importa, l’indomani si scuserà col compagno che ha disturbato, ma quella chiacchierata con Sakuragi è stata troppo divertente!

“Non ancora, ma pensavo di parlare di Aiko anche con lui, perché?”

“Non ci provare! Sei … sei … ah … un porcospino in calore! Adesso chiudo! Maledetto te, avrò gli incubi stanotte!” E, senza dargli tempo per aggiungere altro, interrompe la chiamata lasciandolo solo con le proprie risate.

Akira sospira divertito mentre si accorge della piccola icona che segnala un messaggio da leggere. Lo apre incuriosito.



RUKAWA KAEDE

“Sakuragi sta per telefonarti e scusarsi per quello che è successo venerdì scorso. Vacci piano con lui, abbiamo già chiarito. Tutto a posto.”


lun, 22.11





Picchietta lo schermo lucido, scrivendo brevemente la sua risposta. La invia prima di lasciare scivolare il cellulare sui volumi che fungono da comodino, e sdraiarsi sotto le coperte calde.

Spegne la piccola lampada attaccata alla testiera del letto, sbadigliando stanco. Poi, lentamente, si addormenta.



SENDOH AKIRA

“Letto il messaggio troppo tardi ^_^ Tranquillo, non l’ho strapazzato più del dovuto! :P P.S. La prossima volta che ci sentiamo ricordami di parlarti di Aiko! :D gVFr2ZG "


lun, 23.03






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Lunedì 20 novembre.


Giornata pregna di confidenze.



E’ iniziato il cambiamento.



Con un pizzico di coraggio ...
 
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2 replies since 8/9/2016, 08:31   187 views
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